14 febbraio 2019

IL 68 VISTO DALLE DONNE





Un percorso di letture sul Sessantotto, attraverso alcuni recenti volumi firmati da donne. Le loro esperienze hanno attraversato, agito e interrogato una grande scommessa di utopia. Corpi, sessualità, diritti civili, il protagonismo femminile per ribaltare la «pubblicistica maschile».

Alessandra Pigliaru

Sovversioni gioiose della politica


Che cosa abbia rappresentato il Sessantotto, per chi lo ha attraversato, agito o anche solo studiato, è depositato nei numerosi contributi presenti in forma di volumi, incontri, seminari e workshop che si sono affastellati lungo il 2018. I primi cinquant’anni della grande deflagrazione sono stati festeggiati e ricordati, criticati e discussi. Il punto non è solo custodire la memoria bensì fare in modo che quella memoria sia e rimanga consapevolezza viva, che sappia offrire grani capaci di interrogare il presente.

È il progetto alla base di alcuni libri pubblicati di recente a firma di attiviste e scrittrici che a vario titolo si sono riunite per esprimere la loro inaggirabile esperienza, nella contezza della propria differenza sessuale. Sono donne che si sono impegnate, e ancora si impegnano, in pratiche politiche che, per molte, sono poi approdate al femminismo. Raccontare oggi quanto accaduto in quegli anni è, in tal senso, testimonianza vivida e anche confronto con il Sessantotto come oggetto culturale storicizzabile (già lo scorso 11 aprile, questo giornale mandava in edicola uno speciale di 43 pagine dal titolo «Il 68 delle donne»).

Il tenore della sovversione si annuncia fin dalle prime pagine di Sessantottine, un lavoro collettivo a cura di Franca Balsamo e Marilena Moretti (Edizioni Seb 27, pp. 218, euro 18) che si misura con una quantità ragguardevole di narrazioni, prevalentemente in prima persona, da parte delle dirette protagoniste di quella stagione. Scienziate, sociologhe, registe, traduttrici e molto altro, le intervenute rispondono a diversi contesti – sia geografici che materiali -, partendo dalla relazione con se stesse, e nei riguardi di una scommessa di utopia, andata a buon fine anzitutto nelle vite di ciascuna non senza la fatica di «essere state le prime».
Rivoltare tutto, pezzo per pezzo, dalla apparente banalità della «reputazione sociale» alla «doppia morale» maschile, passando per la cosiddetta «liberazione sessuale» (un po’ più complessa nella ricaduta ma certo efficace nella sua intenzione detonante) ha corrisposto, nel medio e lungo periodo, a una serie di rivendicazioni, in capo all’aborto, al divorzio, all’accesso ad alcune professioni. «Contro il rischio di un nuovo conformismo – scrive Franca Balsamo nella introduzione al volume – in senso antilibertario, è più che mai il momento di ri-cordare (attraverso il cuore dunque), in primo luogo a noi stesse, quel periodo di intreccio straordinario tra politico, personale, spirito critico, gioco, fantasia al potere»; l’elenco di ciò che è stato quel radicale incrocio, sia teorico che pratico, potrebbe certo continuare, raggiungendo – come ha fatto – fabbriche, manicomi, scuole, università e tante altre realtà che andavano alla svelta aperte, rilette, rovesciate.

A differenza di altri contributi sul 68, questo volume vuole porsi nel solco di un significato esatto che è quello di «vivere con la rivoluzione», mantenendo il desiderio di liberazione – che poi muta e spalanca a quello di libertà femminile conosciuto grazie al femminismo – e di giustizia verso una realtà da cambiare. Perché, sempre nell’intenzione delle curatrici di Sessantottine (che raccoglie le storie di Vicky Franzinetti, Anna Valente, Lidia Ravera, Cristina Tabasso ma anche Laura Cima, Elisabetta Donini, Ferdinanda Vigliani, Margherita Granero e altre) le giovani generazioni non dimentichino chi è venuta prima di loro.

Se questa spinta all’azzeramento e alla dimenticanza è una delle questioni politicamente più perniciose, non è tuttavia un fatto anagrafico. È piuttosto un incontro di esperienza, lo si fa o non lo si fa, al di là della indispensabile storicizzazione vi è un «di più» dei corpi e dei vissuti, sempre in relazione, che resta irriducibile. Allora, come adesso. La coscienza di ciò non conduce a una incomunicabilità con «chi non c’era», al contrario garantisce lo scambio reciproco nell’affidarsi all’altra. In tal senso, la dimensione temporale diventa una spola, di necessità porosa, così la postura del riferirsi alla propria interlocutrice.
È un «tu» che non può essere mai generico, lo sanno bene le autrici del volume Donne nel Sessantotto (il Mulino, pp. 291, euro 23) che fanno parte del gruppo di giornaliste e scrittrici «Controparola» – nato nel 1992 per iniziativa di Dacia Maraini. A essere narrato è un passaggio d’epoca attraverso sedici storie di altrettante cruciali biografie. Eliana Di Caro scrive a proposito di Rossana Rossanda; Chiara Valentini perlustra invece la parabola di Carla Lonzi, Linda Laura Sabbadini si concentra su Carla Accardi, così la stessa Maraini intorno a Letizia Battaglia. Un volume corposo composto da molte voci che è tessitura politica dio un secolo intero ancora non archiviabile.

È un «noi» che, senza allarme, diventa un «voi» amicale, tra compagne che condividono qualcosa di importante; come capita ad Assunta Sarlo che nell’apertura di Ragazze nel ’68 (a cura della Fondazione Badaracco, edito da enciclopediadelledonne.it, pp. 247, euro 18) ha davanti agli occhi chi ha partecipato al libro; ciascuna storia distinguibile, Sarlo riesce a intercettarne le linee di frattura – inaugurate proprio allora. La prima è in carne viva, attiene ai corpi e alla sessualità. Contraddizioni e sorprendenti scoperte, quella complessità è al fondo di ogni storia raccontata.
Partendo dal quotidiano e per sottolineare come si possa leggere un processo storico congedando la «pubblicistica maschile prevalente», lo sguardo di queste «ragazze» è puntato verso il contesto milanese – sempre e comunque implicato nelle forti tensioni internazionali. Se per decostruire il «destino sociale» imposto alle donne, i saperi critici messi in atto sono stati molteplici (così come gli strumenti, dal marxismo alla psicoanalisi), è vero che le dimensioni affacciatesi all’orlo di quella «soglia mobile», accanto alla sessualità, sono il mondo e il tempo. Sono tre fili rossi capaci di incrinare ancora questioni contemporanee come la relazione con i viventi, la violenza sulle donne, populismi e razzismi, precarietà. Se si taglia uno dei tre fili gli altri due vanno a rotoli. Ne parlano Marina Piazza, Lea Melandri, Franca Fossati, Donatella Borghesi, Barbara Mapelli ma anche Carlotta Cossutta, Sveva Magaraggia e ancora Carmen Leccardi e Franca Pizzini.

Dissonanze, spesso contraddizioni insanabili anche all’interno di pratiche antiautoritarie che tuttavia ignoravano il predominio maschile (punto questo portato in luce dal femminismo), non vi è stata una linearità bensì un crocicchio di esistenze baluginanti gioia e ambivalenza, ecco che La vita trema, come titola il suo «romanzo di lotta» Daniela Piretti (Stampa Alternativa, pp. 244, euro 5) in cui al memoir si affianca lo spaccato di una esperienza femminista, antimiltarista in una Roma ribelle in cui si costruisce «l’archivio dei proletari» e si lavora per Lotta Continua.
Se il clima politico ed emotivo restituito dall’autrice risponde a una esigenza di ricostruzione senza sconti, Lia Migale in Incontri all’angolo di un mattino (La lepre edizioni, pp. 155, euro 16) si concentra sul ruolo dell’amore nel movimento degli anni Settanta: «l’impegno era verso la società non verso l’altro. L’amore senza condizionamenti era stato il primo comma della rivoluzione studentesca».

Ciò che ha preparato il Sessantotto, è un lievito politico che tra le mani di Migale diviene intera luccicanza di futuro fra militanza e amicizie; è lo specchio di una generazione, questo viaggio, sono tutti (e ciascuno a modo proprio) tragitti perpetui di ribaltamento e trasformazione di sé. Una generosità senza limitazioni, anzitutto per se stesse, che oggi sta sulle gambe delle migliaia di donne – ancora e sempre loro, sì, le donne – che si sottraggono alle politiche di morte di questo presente.


Il Manifesto – 12 gennaio 2019

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