12 febbraio 2019

LA RIVOLTA DEI PASTORI SARDI





Chi è stato in Sardegna sa che i pastori sono gli ultimi custodi di una cultura antica in una terra ancora bellissima nonostante decenni di speculazione edilizia e di falsa industrializzazione. Sostenere la lotta dei pastori significa sostenere il diritto dei Sardi a continuare a vivere da Sardi sulla loro terra.

Costantino Cossu

Pastori neri come il latte

Sessanta centesimi. A un pastore danno sessanta centesimi per un litro di latte. Gli industriali caseari che lo acquistano, il latte, dicono che è il prezzo di mercato. Ma agli allevatori sardi, se è così, conviene chiudere, non ce la fanno neanche a coprire i costi vivi delle loro aziende. Che in Sardegna sono migliaia, un tessuto produttivo diffuso in tutta la regione, la spina dorsale dell’economia soprattutto nelle zone centrali, lontane dai paradisi turistici: dalla Barbagia al Marghine, dall’Ogliastra al Logudoro. Due giorni fa il tavolo della trattativa, convocato a Cagliari dalla giunta regionale per trovare un accordo tra pastori e industriali, si è concluso con un niente di fatto. E ieri la protesta è dilagata. Senza più mediazioni sindacali, spontanea, clamorosa. Tutte autobotti che trasportavano latte verso i caseifici sono state bloccate sulla statale 131, che collega Cagliari a Sassari, e migliaia di litri di prodotto sono stati versati sulla carreggiata.

Il blocco è stato messo in atto all’altezza di Abbasanta in provincia di Oristano, al km 123, prima in direzione sud e poi ripetuto, dall’altra parte del guardrail centrale, in direzione nord. La 131 è la principale arteria stradale dell’isola e il blocco ha di fatto tagliato in due l’intera regione per almeno un paio d’ore. Fermi il traffico privato e quello commerciale.

Ma la rabbia dei pastori è esplosa anche in altre zone dell’isola. Soprattutto nel Nuorese, dove la concentrazione di aziende agro-pastorali è particolarmente forte. A Orune una quarantina di pastori ha rovesciato il latte all’uscita dal paese, sulla provinciale che porta a Bitti. La tensione era molto alta. Nel mirino degli slogan gridati dagli allevatori gli industriali caseari ma anche la giunta regionale di centrosinistra, accusata di non fare sufficiente pressione per indurre gli imprenditori che acquistano il latte a concordare un prezzo più alto. Proteste anche a Macomer, un altro centro del Nuorese, dove intorno a mezzogiorno diverse decine di allevatori, al grido di «buffoni» e «bastardi» rivolto agli industriali, hanno sversato il latte in Corso Umberto, nel centro del paese.

Il blocco sulla 131 è terminato nella tarda mattinata. Migliaia di litri di latte sono stati rovesciati sulla carreggiata. Il prodotto era all’interno di cisterne dell’azienda Arborea e della Cooperativa allevatori ovini di Oristano. Le autobotti sono state completamente svuotate. Sull’asfalto sono rimasti anche diversi cartoni di latte, schiacciati poi dalle auto non appena è ripresa la normale viabilità. Da Abbasanta, poi, gli allevatori hanno improvvisato un corteo di auto lungo tutta la statale in direzione nord, per arrivare sino a Macomer e unirsi ai pastori di quella zona. E anche il web è stato usato come arma. Su Facebook e su You Tube alcuni video che documentano la protesta sono diventati virali. La sequenza di immagini è sempre la stessa: gli allevatori che aprono i rubinetti delle cisterne e lasciano scorrere a terra il latte, urlando la propria rabbia per la remunerazione del prodotto offerta dagli industriali, troppo esigua per poter rientrare con le spese. E questo nonostante la tenuta, nell’ultimo anno, del prezzo dei formaggi, che regola l’andamento del mercato del latte.

La pastorizia vive in Sardegna un momento particolarmente difficile. Il settore è in contrazione da decenni: dal 1982 al 2010 ben 6.886 aziende pastorali sono sparite, il 35% del totale. Da 19.555 si è passati a 12.669 imprese. L’emorragia si è registrata soprattutto nel ventennio che va 1990 al 2010: sono scomparsi 7.097 pastori, da 19.766 a 12.669 (trentasei per cento). E i dati dal 2010 al 2018 confermano questo trend. Con l’aggravante della crisi economica mondiale, che è arrivata in Sardegna con la tendenziale contrazione dei prezzi dei prodotti derivati dal latte (soprattutto formaggi) conseguenza della generale riduzione dei consumi dentro e fuori i confini nazionali.
I pastori hanno fatto molto per adeguare le loro imprese alle esigenze mutate. La maggior parte hanno investito, spesso indebitandosi pesantemente, in tecnologie, in progetti di razionalizzazione produttiva e in sistemi di controllo e di verifica della qualità.

Ciò che non è cambiato è il nodo del rapporto con gli industriali caseari ai quali viene venduto il latte. Con gli imprenditori il braccio di ferro dura da sempre. Si è provato, nelle scorse settimane, a trattare, ma quando sul tavolo è stato messo quel prezzo, quei sessanta centesimi ritenuti dagli allevatori quasi un insulto, tutto è saltato. E la protesta ora dilaga.

Il manifesto – 9 febbraio 2019

Nessun commento:

Posta un commento