04 febbraio 2019

APOLLINAIRE E L'INVENZIONE SURREALISTA


Alla GAM di Torino "Apollinaire e l’invenzione 'surréaliste'. Il poeta e i suoi amici nella Parigi delle avanguardie", a cura di Maria Teresa Roberto. 24 giugno 1917: Guillaume Apollinaire mette in scena a Parigi il dramma «surrealista» "Les Mamelles de Tirésias". Nuovo Aristofane, il poeta si avvale di presenze scelte dell’avanguardia. La mostra dà un certo spazio alla coppia di pittori, di origine russa, Serge Férat (che firmò le scenografie) e Hèlène d’Œttingen.

Fabio Cafagna

Apollinaire, le mammelle, i sodali


Nella chiassosa isola di Zanzibar una donna abbandona il prepotente marito e assume un’identità maschile. Si chiama Thérèse, ma decide di mutare il nome in Tiresia e, dopo qualche proclama femminista avanti lettera, fa volare via le proprie mammelle come fossero palloncini rigonfi d’elio. Thérèse si rifiuta di dare alla luce figli: così il marito, costretto a sua volta a un cambio di genere, dà libero sfogo alla propria controparte materna, scoprendosi talmente fecondo da mettere al mondo 49.051 bambini in un solo giorno. Nell’assolato fragore del mercato di Zanzibar le leggi della biologia paiono sovvertirsi. In nome di Tiresia, il cieco indovino della mitologia greca che visse i godimenti di ambo i sessi, il femminile fluisce nel maschile e viceversa e Parigi si risveglia ai suoi antipodi, nelle strade brulicanti di un’isola dell’Oceano Indiano.

Il copione delle soirées dadaiste

Era il 24 giugno 1917 quando al conservatorio Renée Maubel di Parigi venne messa in scena la prima di Les Mamelles de Tirésias, dramma «surrealista» in due atti e un prologo di Guillaume Apollinaire, per la regia di Pierre Albert-Birot, con scenografie di Serge Férat e costumi di Irène Lagut. La serata fu quello che si definisce un fiasco. Il budget contenuto per i razionamenti di guerra costrinse a lavorare di fortuna: l’orchestra ridotta all’osso, la scenografia di cartone, gli effetti scenici limitatissimi. Dulcis in fundo, secondo il copione delle soirées dadaiste, palcoscenico e platea divennero ambienti intercambiabili: mentre i giornalisti gridavano allo scandalo, la disapprovazione di una parte del pubblico montava in vera e propria protesta. La leggenda vuole che l’indignato Jacques Vaché, accompagnato dal fedele Théodore Fraenkel, estraesse la rivoltella seminando il panico in sala.

Apollinaire, preoccupato per il calo demografico che interessava la Francia, scriveva un dramma burlesco per il suo popolo, con lo stesso spirito con cui Aristofane aveva composto commedie per gli ateniesi. Nella prefazione, proponendo il radicale superamento stilistico di ogni naturalismo, tornava a utilizzare l’aggettivo surréaliste, da lui coniato poche settimane prima per la presentazione del balletto Parade. È proprio alla nascita di questo fecondissimo neologismo e alla complessa trama di relazioni da cui vide la luce e grazie alla quale prosperò che la GAM di Torino ha voluto rendere omaggio con la mostra Apollinaire e l’invenzione “surréaliste”. Il poeta e i suoi amici nella Parigi delle avanguardie, aperta fino al 24 febbraio.

L’occasione è fornita dal centenario della morte di Apollinaire ed è rafforzata dalla parallela esposizione Dal nulla al sogno. Dada e Surrealismo dalla Collezione del Museo Boijmans Van Beuningen organizzata dalla Fondazione Ferrero di Alba. A cento anni da quel 9 novembre 1918, quando la febbre spagnola mise fine alla travagliata esistenza del poeta, la mostra torinese, curata da Maria Teresa Roberto con Virginia Bertone, Franca Bruera e Marilena Pronesti, raccoglie disegni, lettere e documenti che rievocano la fitta rete di rapporti che univa scrittori e pittori vicini ad Apollinaire.

Centrale in questo plesso d’intrecci è André Salmon, intellettuale che praticò la scrittura in ogni sua forma, dalla poesia alla critica, al giornalismo. Testimone diretto della genesi delle Demoiselles d’Avignon di Picasso, fu tra i primi, con Apollinaire, a interrogarsi sul ruolo e sui principi della pittura cubista. Poco nota al pubblico è la sua produzione grafica: a Torino sono esposte tre caricature degli amici Apollinaire, Alfred Jarry e André Derain. Ad accompagnarle, la prima edizione dei Calligrammes di Apollinaire (1918) appartenuta a Salmon. Tra le sue pagine, in un delicato gesto di commiato, quest’ultimo conservò un rametto d’erica, riferimento al testo poetico L’Adieu che Apollinaire aveva pubblicato nella raccolta Alcools del 1913.

I rapporti tra le figure che animarono la scena parigina nei primi decenni del ventesimo secolo crebbero secondo una geometria simile a quella dei frattali. Alla direttrice Apollinaire-Salmon si unirono, poco alla volta, altre connessioni salienti. Nell’esposizione torinese trovano spazio, in particolare, quelle che fanno capo a una coppia di cugini di origine russa, Serge Férat e Hélène d’Œttingen. Pittore lui, pittrice e scrittrice lei, ebbero un ruolo fondamentale nell’ambiente che si era costituito intorno alle riviste d’avanguardia parigine. Finanziando la pubblicazione della seconda serie di «Les Soirées de Paris» (1913-’14), diedero nuova vita a quell’importante rivista, voluta, tra gli altri, da Apollinaire e Salmon, e favorirono così il mantenimento di un sostrato culturale propizio alla crescita delle compagini artistiche d’avanguardia e al loro reciproco confronto.
Ricoverato all’Ospedale italiano

Férat fu amico affezionatissimo di Apollinaire: infermiere volontario, nel 1916 assistette il poeta all’Ospedale italiano di Parigi, dove era stato ricoverato per la ferita al capo che si era procurata in guerra. L’anno seguente collaborò alla realizzazione della scenografia di Les Mamelles: i bozzetti e gli studi a grafite, gouache e tempera sono tra i documenti più preziosi che la mostra regala al pubblico. Ma la rete di relazioni che l’esposizione ha l’ambizione di presentare è ben più ampia e di difficile circoscrizione. Basterà citare tre opere che aprono e chiudono l’arco cronologico preso in esame: il dipinto del ciclo Nord-Sud di Gino Severini (1913), dedicato alla linea del treno sotterraneo Montmartre-Montparnasse e sottile attestato di stima nei confronti di Apollinaire (in uno dei disegni preparatori una viaggiatrice è intenta a leggere la raccolta di versi Alcools); la preziosa edizione Gallimard dei Calligrammes di Apollinaire datata 1930, accompagnata dalle litografie con cui Giorgio de Chirico volle rendere omaggio all’amico degli anni parigini; e infine il piccolo olio intitolato L’isola portatile di Alberto Savinio (1931), il cui carattere immaginifico e metamorfico ci riporta al dramma «surrealista» da cui siamo partiti.

Apollinaire, infatti, quasi a voler rispettare alla lettera l’esortazione al ripopolamento che gli faceva comporre Les Mamelles, fu un intellettuale fecondo e fecondatore; grazie a lui e attraverso di lui si incontrarono, talvolta si guardarono con circospezione, ma più spesso si studiarono attentamente, personalità e movimenti che ancora oggi facciamo fatica a raccogliere in un solo fascio. Senza di lui, gli incroci tra le vie maestre di cubismo, futurismo, dadaismo, orfismo e astrattismo sarebbero stati, senza alcun dubbio, molto meno trafficati.

Il manifesto/Alias – 20 gennaio 2018

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