(ANSA) - PALERMO, 13 FEB - Per Cicerone i
siciliani erano (e sono) "gente acuta e sospettosa, nata per le
controversie". E quindi è congenita la loro propensione a inseguire le
polemiche e a rivolgersi agli avvocati. Ma "l'uomo che ricorre alla
legge sa, invece, di cacciarsi in una trappola", avverte Luigi
Pirandello che verso gli avvocati, come nei confronti del sistema della
giustizia, nutriva una radicata diffidenza. E' un tema che ricorre in
varie opere e novelle del drammaturgo agrigentino raccolte ora da
Salvatore Ferlita nel volume "Contro gli avvocati" (137 pagine,
21editore, 15 euro). Da Luigi Capuana a Leonardo Sciascia fino a
Gesualdo Bufalino la letteratura ha dedicato tante pagine
all'inclinazione causidica dei siciliani, al dominio del formalismo e al
"congegno indiavolato" della giustizia. Pirandello ne fa un gioco
sottile e malizioso di bilanciamenti e contrappesi che raggiunge il
culmine nel racconto "La giara". Il protagonista, don Lollò Zirafa,
ricorre così spesso al suo legale che si ritrova in regalo un codice
perché cerchi da sé il "fondamento giuridico alle liti che voleva
intentare".
Pochi avvocati si sottraggono al giudizio spietato di Pirandello per il quale si muovono, scrive Ferlita nell'introduzione, "per piegare il diritto alle esigenze più disparate". Ma anche per "far spesso un torto alla vittima, nella ferma convinzione che a prevalere in un processo non può che essere l'iniquità". Attorno a questo fermo convincimento Luigi Pirandello tratta la giustizia come un ingranaggio disumano che alimenta non solo apprensione ma soprattutto sfiducia. E lo fa inseguendo una sorta di utopia con la quale immagina che, almeno in Sicilia, possa esistere un luogo in cui le persone, a prescindere dalla posizione nella scala sociale, possano trattare tra loro senza bisogno di ricorrere alla legge. E neppure agli avvocati, naturalmente, quasi tutti allievi dell'Azzeccagarbugli manzoniano e "buoni solo - conclude Ferlita - ad adoperarsi affinché la giustizia sia ingiusta e la legge si faccia iniqua".
(ANSA).
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA
Pochi avvocati si sottraggono al giudizio spietato di Pirandello per il quale si muovono, scrive Ferlita nell'introduzione, "per piegare il diritto alle esigenze più disparate". Ma anche per "far spesso un torto alla vittima, nella ferma convinzione che a prevalere in un processo non può che essere l'iniquità". Attorno a questo fermo convincimento Luigi Pirandello tratta la giustizia come un ingranaggio disumano che alimenta non solo apprensione ma soprattutto sfiducia. E lo fa inseguendo una sorta di utopia con la quale immagina che, almeno in Sicilia, possa esistere un luogo in cui le persone, a prescindere dalla posizione nella scala sociale, possano trattare tra loro senza bisogno di ricorrere alla legge. E neppure agli avvocati, naturalmente, quasi tutti allievi dell'Azzeccagarbugli manzoniano e "buoni solo - conclude Ferlita - ad adoperarsi affinché la giustizia sia ingiusta e la legge si faccia iniqua".
(ANSA).
Nessun commento:
Posta un commento