I comunisti di ieri serviranno domani
Angelo D’Orsi
«La lunga notte della sinistra sta volgendo al termine»: così esordisce il volume collettaneo nato da un seminario internazionale svolto a Londra nel marzo 2009, che incontrò un inatteso successo di partecipazione. Era un segnale che i tempi stavano cambiando, e le magnifiche sorti e progressive enunciate con eccesso di entusiasmo nel novembre di vent'anni prima, con il crollo del Muro, si erano ormai rivelate un drammatico bluff, in un mondo in cui il capitalismo liberista vincitore della sfida con il socialismo, aveva mostrato il suo volto più predatorio e violento, tanto da far coniare termini come «supercapitalismo» o «turbocapitalismo», portatore di nuove ingiustizie e di guerre definite impudicamente quali «operazioni di polizia» o addirittura «interventi umanitari». Un approccio multidisciplinare all’Idea del comunismo (a cura di Costas Douzinas e Slavoj Zizek, Derive/Approdi,2011) come recita il titolo del libro, la sola idea, scrive Alain Badiou, «che da Platone in poi» sia «degna di un filosofo».
Maledetta, dopo «il
crollo», o semplicemente considerata rétro, la parola trova oggi
una sua rinnovata forza nella aritmetica realizzazione delle
previsioni di Marx, davanti alle quali, nondimeno, la sinistra
internazionale, invece di cavalcare un momento oggettivamente
favorevole, si è ritratta, o, peggio, ha ritrattato, arrivando fino
ad autonegarsi, come quel segretario del Pds, già Pci, che ebbe a
dichiarare di non esser stato mai comunista...
Nel libro non circola
alcun rimpianto per il «socialismo reale», e il taglio è
prevalentemente di carattere filosofico, con contributi tra gli altri
di Terry Eagleton Michael Hardt, Jean-Luc Nancy, Toni Negri, Jacques
Rancière, Gianni Vattimo, Slavoj Zizek: una sventagliata di
pensatori che viaggiano ad alto livello, tra genesi filosofica
hegeliana e sviluppi pratici della storia. Il fine è una rimessa in
circolazione del lemma e dell’idea.
Eric Hobsbawm |
Oggi Marx è, come scrive
Hobsbawm, «un pensatore per il XXI secolo», e un sondaggio della
BBC lo ha decretato il massimo pensatore di tutti i tempi, e se si
clicca il suo nome sui principali motori di ricerca in rete, risulta
al terzo posto dopo Darwin ed Einstein, quale membro della più forte
triade intellettuale della storia. Marx come Gramsci, in realtà,
lungi dall’essere finiti fra i detriti inutilizzabili di un passato
che non ritorna, proprio dopo il 1989 sono emersi come figure chiave,
capaci di proporci l'uno una lettura nella giooaiizzazione e dei suoi
processi perversi, per difendersene, l’altro, un comunismo critico
che, sconfitto allora, può ben riemergere oggi, come un’alternativa
possibile sia allo stalinismo, sia al pallido ed esangue riformismo
moderato, sia, infine, ovviamente, al liberismo.
Del comunismo critico
abbiamo ora un’ampia, meritoria rassegna diretta da Pier Paolo
Poggio, L'altronovecento giunta al II volume (del I ho parlato
già su queste pagine): allora avevo rimproverato al curatore
l’assenza proprio di Gramsci, che ora, per ragioni cronologiche (il
volume copre la storia europea del Secondo dopoguerra, fino al 1989),
rimane ancora fuori, anche se in realtà avrebbe meritato comunque
attenzione, in quanto l’operazione che in suo nome condusse
Togliatti a partire dal 1947 (prima edizione delle Lettere dal
carcere che vinsero, inopinatamente, il Premio Viareggio,
suscitando gran scalpore), valse a costruire tutt’altro che
«un’egemonia culturale di corto respiro» come scrive il curatore.
In ogni caso in un’opera così ampia se ne doveva parlare, ritengo.
Ma ribadisco i meriti di
questo lavoro collettivo, che affronta una enorme massa critica di
temi: figure e movimenti disparati, che si affiancano e si
susseguono, in una lettura sincronica e diacronica, generando
tuttavia talora un certo disorientamento nel lettore: il «comunismo
eretico» e il «pensiero critico» sono categorie soggettive, e
trovare affiancate le lotte operaie in Polonia e Albert Camus, il
maggio francese e Adorno, l’operaismo italiano (la linea
Panzieri-Tronti-Negri), il situazionismo e Padre Balducci, Ivan
Illich e Hannah Arendt, suscita qualche perplessità. Anche per il
punto di vista di partenza. Ossia che il comunismo «buono» sia
quello sconfitto politicamente, e, in quanto tale, eterodosso, può
esser accomunato in un destino, se non in una vicinanza ideale,
all’ancor più vago «pensiero critico».Nondimeno, questo II
volume della serie è, come il precedente, un utile repertorio al
quale si possono attingere innumerevoli spunti («critici»,
naturalmente) sul pensiero politico e la concreta esperienza storica
del XX secolo. Insomma, per marxianamente interpretare il mondo, e,
magari, chissà, per trasformarlo.
“Tuttolibri – La
Stampa”, 30 luglio 2011
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