Tra le valli della
catena che tiene insieme Umbria, Marche e Lazio si nasconde una
geografia fantastica dove si mescolano leggende e antichi riti,
ancora vivi nella memoria collettiva, che hanno ispirato la
letteratura. Si parte dai Monti Sibillini per raccontare i luoghi più
misteriosi del nostro Paese dove sopravvive la memoria di leggende e
antichi culti ancestrali.
Marino Niola
Mago Merlino a caccia
di incanti sui Monti Sibillini
La magia ha stregato la
Biennale di Venezia. Quest'anno il Padiglione Italia, curato da
Cecilia Alemani, ha per titolo "Il mondo magico". Ed è
ispirato dall'omonimo libro di Ernesto de Martino, fondatore
dell'antropologia italiana e indagatore acuminato della misteriosa
genealogia di presenze che abita la nostra cultura popolare. Un
pantheon pagano che ha resistito a duemila anni di civilizzazione
cristiana. Rivestendo gli antichi numi dei panni svolazzanti di santi
barocchi. O nascondendoli sotto gli scialli di madonne nere come
Cibele. Potenti e sapienti, miracolose e minacciose. Un governo ombra
dell'immaginario per un Paese che ha l'antico dentro. Pagano a sua
insaputa, come diceva Henry James. E questo fondo politeista affiora,
come un geyser della storia, in quei luoghi dove la natura si
manifesta in forme grandiosamente epifaniche.
Come sui Monti Sibillini,
la catena che tiene insieme, come un gigantesco fermaglio, lembi
dell'Umbria, delle Marche e del Lazio. Oriente e Occidente d'Italia
aggrappati a una terra ballerina. Su questo cuore magico che tocca
luoghi affascinanti e tormentati come Amatrice, Accumoli, Norcia,
Cascia, Visso, la Val Nerina, Preci, Arquata del Tronto, è nata
un'autentica mitologia. Fatta di storie paurose, geografie
fantastiche, nomenclature diaboliche. Pizzo del Diavolo, Monte
Sibilla, Lago di Pilato, Forca Viola, Valle Scura, Passo Cattivo,
Passo delle Streghe, Monte di Morte, Sentiero delle Fate, Gole
dell'Infernaccio.
Questi borghi
appenninici, tante volte distrutti dai terremoti e altrettante volte
ricostruiti, sono diventati nella cultura europea l'emblema di una
forza ctonia tanto potente da apparire soprannaturale. A metà fra il
bello e il terribile. Proprio come l'immagine leopardiana della
natura, nata dalla contemplazione incantata di questi "monti
azzurri" che ispirano pensieri immensi e ricordanze acerbe.
Da sempre queste alture
attraggono spiriti eletti e forestali dell'abisso che obbediscono al
richiamo arcano di una terra spasmodica, nelle cui viscere si
nasconde il segreto di un magnetismo straripante e perturbante. Che
molti hanno attribuito alla presenza sotterranea di numi capricciosi,
fantasmi tenebrosi, demoni tumultuosi, spiriti vorticosi.
E donne fatali, ninfe
letali, streghe ferali, indovine mortali, fate esiziali. Incarnazioni
letterarie e leggendarie dell'imperio distruttivo di una dura madre
mediterranea, fascinosa e rovinosa. Di casa tra folgori e turbini,
venti e tempeste, leggende e tregende. Dalla Circe omerica alla
Sibilla appenninica, mitica consigliera di Numa Pompilio, dalla maga
Alcina dell'Orlando Furioso alla fata Morgana, sorella- amante di Re
Artù. E prima fra tutte, la dea Venere in persona, che ha stabilito
in queste profondità il suo regno, il celebre Venusberg, un
peccaminoso impero dei sensi, custodito da una corte di ninfe, lemuri
e larve. Qui è giunto in pellegrinaggio d'amore anche l'eroe
germanico Tannäuser, reso immortale da Richard Wagner.
Lago Pilato
Insomma un vero gotha di
belles dames sans merci, erotiche e demoniche, ha traslocato su
queste balze da sparvieri. Trovando un nascondiglio ideale in una
faglia oscura della mente collettiva, fatta di stregoneria,
negromanzia e profezia. Non a caso maghe e fattucchieri salgono da
secoli al Monte della Sibilla per consacrare i loro libri
d'incantesimi nelle notti tempestarie, quando gli elementi entrano in
fibrillazione. E una sorta di delirium tremens scuote la natura che
cerca di non farsi strappare il suo segreto e punisce chi tenta di
farlo. Si dice che in quei momenti le porte di ferro del regno
sotterraneo della Sibilla sbattono e un lungo sussulto agiti la
schiena della terra.
Il grande artista
Benvenuto Cellini assicurava che il luogo ideale per caricare di
strapoteri magici qualunque abecedario di stregoneria si trovasse tra
Norcia, Visso e Cascia. Il massimo risultato si sarebbe ottenuto
bagnando il volume nelle acque del Lago di Pilato. E che lago! Sono
gli occhi del profondo che ci guardano. Due pupille esorbitate di
cristallo azzurro a duemila metri di quota. La credenza vuole che sia
arrivato quassù perfino il Mago Merlino a cercare il Libro del
comando, sogno proibito di ogni professionista dell'occulto. In
realtà il solo a trovarlo davvero sarebbe stato Cecco d'Ascoli,
alchimista e indovino bruciato a Firenze in Santa Croce nel 1327.
Appena il tempo di sfogliare le prime pagine e all'intraprendente
maestro di magia naturale apparvero dei diavoli che si misero ai suoi
ordini.
Rappresentazione medievale dei monti Sibillini
La leggenda di queste
cime tempestose, illuminate a giorno dalle folgori e spazzate dai
venti, ha raggiunto i quattro angoli del mondo. Al punto che principi
e re spedivano i sapienti di corte a indagare sulle pulsazioni
incontenibili del cuore inquieto d'Italia. Per fronteggiare la
negatività di questi demoni pagani, emissari dell'Ade, l'immaginario
cristiano ha creato un polo positivo, rappresentato da figure di
santi che della forza tellurica rappresentano la faccia buona. E che
non sono considerati infallibili, ma capaci di rendere sopportabile
la paura di chi altrimenti non saprebbe a che santo votarsi. Così al
Monte della Sibilla si contrappone lo Scoglio di Santa Rita, la
patrona delle cause impossibili che, dalle alture di Cascia, distende
il suo manto protettivo contro i terremoti.
Ma, sopra tutti, quello
che è diventato nell'immaginario planetario, il più antisismico dei
patroni soprannaturali. Sant'Emidio, che proprio da queste parti si è
guadagnato sul campo la fama di nemico numero uno dei fenomeni
sussultori e ondulatori. Soprattutto dall'epoca dello spaventoso
sisma del 1703, che devastò l'area compresa tra Norcia, Amatrice,
Accumoli e L'Aquila facendo decine di migliaia di vittime. Da allora
la sua reputazione è cresciuta al punto che cinquant'anni dopo, in
occasione delle scosse apocalittiche con conseguente tsunami, che
rasero al suolo Lisbona, Papa Benedetto XIV inviò ai re di Spagna e
Portogallo delle immagini del santo insieme al testo di una preghiera
"para refugio de terremotos".
Da allora Emidio è
venerato in tutti i luoghi dove la terra trema. Da Los Angeles a
Monterey, da Alameda a San Francisco, fino alle Filippine. La
leggenda del signore di tutte le faglie non poteva discendere che da
questo regno di palpitazioni, dove risuona l'eco dell'antica natura
onnipossente. Che con una semplice alzata di spalle ci trafigge. E ci
sconfigge.
La repubblica – 10
agosto 2017
Magico e inquietante
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