29 agosto 2017

FRANCO LO PIPARO RICORDA NATALE TEDESCO


Franco Lo Piparo, Natale Tedesco e Nino Buttitta


PER RICORDARE LA RECENTE SCOMPARSA DEL PROF. NATALE TEDESCO
RIPRODUCO IL TESTO DI FRANCO LO PIPARO  LETTO ALLA FONDAZIONE PICCOLO IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO "UN'OFFERTA AL PASSANTE"

 (Capo d'Orlando, 25 agosto 2017).

Natale Tedesco, che di libri si intendeva, aveva una grande sensibilità per i titoli dei libri. Il titolo è la prima cosa che si legge di un libro, ha la capacità di orientare il lettore durante la lettura e, a lettura ultimata, diventa una specie di bussola di quello che si è letto. Alcuni libri addirittura cambierebbero senso con un titolo diverso. Faccio l’esempio più noto a noi italiani. Pensate al potere evocativo di un titolo come "I promessi sposi" e confrontatelo con l’iniziale "Fermo e Lucia". "I promessi sposi" raccontano in tre parole una storia. Non altrettanto si può dire di "Fermo e Lucia". Ma pensate alla densità di contenuti psicologici e filosofici di un titolo come "Alla ricerca del tempo perduto". A volte sospetto che molti discutono del capolavoro di Proust non perché l’abbiano letto (pochi in verità l’hanno letto) ma sulla base del titolo. Tanto che l’espressione "Alla ricerca del tempo perduto" è diventata in tutte le lingue anche uno schema di pensiero di senso comune.
Andiamo a Natale Tedesco e prendiamo il titolo della raccolta di poesie, quasi tutte postume, pubblicate dall’editore Pungitopo (2017): "Un’offerta al passante". Non so se il titolo è di Natale o di Mimì e comunque è un’immagine che non si dimentica facilmente e che funziona da bussola per orientarci nel mondo di Natale.
Il titolo è tratto dall’ultimo verso della poesia che apre la raccolta. Vorrei ricordare Natale commentando questa poesia.
La poesia è composta da tre brevi versi. Leggiamola:

Il rampicante i suoi fiori
lascia cadere
un’offerta al passante

In questi brevi versi io penso che Natale abbia schizzato l’autoritratto del proprio modo di stare nel mondo come uomo e come intellettuale. Vediamo.
Comincio con la prima parola-immagine: Il rampicante. Il rampicnte non è una pianta qualsiasi. È una pianta che per vivere e crescere ha bisogno di appoggiarsi su qualcosa d’altro (un muro, un albero, una qualsiasi altra pianta). È una pianta che cerca l’altro da sé per sopravvivere. Volendolo dire in stile filosofico e psicoanalitico, è una pianta che si alimenta di alterità. In parole meno dotte, è una pianta non solitaria, una pianta sociale. Mi fa venire in mente lo zoon politikón di cui parla Aristotele nella "Politica": un essere vivente (zoon) che può vivere solo in una società di soggetti con ruoli differenti (polis).
Il rampicante è Natale Tedesco. Chi lo ha frequentato anche per poco sa quanto per lui fosse necessario e vitale rapportarsi agli altri. Aveva un bisogno irresistibile di rispecchiarsi e appoggiarsi sugli altri. Natale si arrampicava sugli altri raccontandosi, raccontando la propria vita, la propria giovinezza napoletana, le sue amicizie politiche e culturali, i suoi viaggi, le sue avventure esistenziali, anche le sue avventure erotiche agli amici più intimi. A uno sguardo superficiale ciò poteva sembrare narcisismo e vanità. Ma il rampicante non è una pianta narcisa e nemmeno vanitosa. Più semplicemente vive cercando l’altro.
Il primo verso: "Il rampicante i suoi fiori".
Il rampicante è così poco narciso che produce fiori. I fiori del rampicante Natale sono i racconti che Natale faceva della propria vita, vita che fu affettivamente e culturalmente molto intensa.
Il rampicante i suoi fiori / lascia cadere
"lascia cadere". Qui c’è il tratto contemporaneamente aristocratico e popolare di Natale. I suoi fiori-racconti li lascia cadere. E Natale li lasciava cadere con molta signoritità. I numerosi aneddoti che raccontava non li imponeva, li lasciava cadere.
Il lasciar cadere è una immagine e un passaggio straordinari. I fiori-racconti di Natale non erano solo a beneficio dell’altro a cui li stava raccontando ma erano rivolti a un pubblico molto più vasto delle persone a cui occasionalmente li raccontava. Per il rampicante Natale la persona su cui si appoggiava eleggendola come immediato destinatario era solo un pretesto. Quei fiori-racconti li lasciava cadere – e Natale li lasciava cadere con molta aristocratica signoritità – offrendoli in questo modo ai numerosi e ignoti viandanti: un’offerta al passante.
Non so se questa mia lettura vi ha convinto. Alla luce di questa analisi vi invito a rileggere tutta la poesia:
Il rampicante i suoi fiori
lascia cadere
un’offerta al passante
Ho detto che in questi tre brevissimi versi Natale Tedesco schizza in maniera superba il ritratto di se stesso. Ma si potrebbe andare oltre. È un autoritratto che non è solo un autoritratto. Quei tre versi dipingono l’intellettuale di sinistra della generazione di Natale. Natale nasce nel 1931. Gli intellettuali-rampicanti di quella generazione furono intellettuali che hanno fatto della socialità la loro ragion d’essere. Intellettuali popolari ma anche aristocratici, intellettuali che i loro fiori li lasciavano cadere pensando ottimisticamente che i viandanti-lettori li recepissero come un’offerta.
Ritorno al titolo: "Un’offerta al passante". Non era possibile trovare un titolo migliore alla raccolta delle poesie scritte da Natale prima di lasciarci.

Franco Lo Piparo

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