Norberto Bobbio, Cosa vuol dire essere laico
Cesare Pianciola, La persona laica. Norberto Bobbio nel Novecento filosofico, Biblion edizioni, Milano 2022
Le mie impressioni di lettura. Credo di avere una certa familiarità con gli scritti di Bobbio sul tema della laicità, forse proprio per questo ho provato un enorme piacere nel leggere il tuo libro. Impostazione diacronica giusta. Tutto è ripreso dall'inizio. Non ci sono due o tre Bobbio in successione ma è bello vedere come nulla vada perduto. Quello che in un primo tempo stava al centro diventa poi "falda sotterranea" di un pensiero che non cessa di evolversi e maturare. Non ci sono veri passi indietro, ma ricalibrature, sulla guerra per esempio. Con l'età il filosofo sembra accettare meglio le ragioni del mondo. Come se la vecchiaia fosse fatta per smentire gli eccessi narcisistici dell'adolescenza. Anche il rapporto con la politica si allenta. Sta qui la chiave di un'attualità che permane. Bobbio è un moderno minimalista che è in grado di reggere di fronte alle obiezioni della postmodernità. In fondo non propone nessuna narrazione grande o piccola che sia. Solo una riflessione all'altezza dei tempi sullo sfondo del disincanto. Nessuna narrazione, nessuna verità assoluta. Si poteva richiamare per questo il sociologo Boudon, tenace sostenitore dell'individualismo metodologico.
Alla fine viene fuori un Bobbio par lui-même che pecca per eccesso di modestia. Prendiamo i riferimenti ad altri autori. Ci sono solo quelli consacrati. E invece, oltre a Boudon, molti altri nomi avrebbero potuto trovare posto nel discorso. Hannah Arendt parla di male radicale e di male assoluto. Bobbio in proposito è più cauto o reticente. Forse in questo caso è lui a non vedere abbastanza lontano. Si sarebbero potuti suggerire dei riferimenti lusinghieri: Dahrendorf per il pluralismo conflittuale, Norbert Elias per l'uomo come essere sociale. Manca Voltaire nella lista degli autori prediletti. Poi però ricompare nel discorso accanto a Locke o anche da solo. Il filosofo dei lumi può essere un eccellente termine di paragone. Lukàcs usò l'espressione Grand Hôtel dell'abisso per designare la scuola di Francoforte. A Bobbio si addice invece l'immagine del giardino che compare alla fine del Candide: anche lui ha coltivato il suo giardino. Socrate è un altro nome che si poteva spendere, ci ha pensato Nadia Urbinati (p.117, n.). Un filosofo che si ferma sulla soglia.
Altra cosa il rapporto con i contemporanei. Bobbio non è distruttivo, certo. Però non credo che mettesse davvero Solari e Pastore sullo stesso piano. Il rapporto con Abbagnano non è paritario come quello con Calogero, credo. I valori e le buone ragioni delle scelte etiche. Qui Bobbio riserva un ruolo alle emozioni. Pecora pensa che si tratti di una scelta duratura. In fondo la tolleranza si basa anche su questo dato che contraddistingue l'individuo.
Ci sono delle scoperte gustose. Il rapporto con Sartre. "L'essere e il nulla" macchinoso, travolgente e repellente. I personaggi dell'opera teatrale. la difesa giudiziaria. L'indulgenza finale. il rapporto con Preve, marxista creativo. La posizione sull'aborto. La religiosità consistente nel prendere sul serio gli interrogativi ultimi e nel riconoscere gli stretti limiti della ragione. O più semplicemente religiosità come senso del mistero. Il senso ultimo da dare alla storia non c'è. Il rifiuto dell'ateismo. L'idea di un Dio ineffabile. Abbagnano fascista che ambisce a prendere il posto di Gentile. L'attenzione per Popper. Alla fine quale immagine resta di Bobbio? Quella di un grande saggio. Qualcosa di più e qualcosa di meno rispetto a un grande filosofo. Penso in particolare al testo di Piaget, Saggezza e illusioni della filosofia (1992).
G. CARPINELLI in http://machiave.blogspot.com/2023/05/norberto-bobbio-cosa-vuol-dire-essere.html
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