Più poveri e più discriminati
AsgiIl Governo ha varato il DL 48/2023 contenente l’abrogazione del reddito di cittadinanza. Le nuove norme, oltre a ridurre drasticamente gli interventi di contrasto alla povertà, confermano e allargano le discriminazioni dei cittadini extra UE e le violazioni del diritto dell’Unione
LDL 48/2023 sostituisce al Reddito di cittadinanza due prestazioni tra loro molto diverse: l’Assegno di inclusione (ADI) e il Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL).
La prima non è molto dissimile dal precedente RDC (rilevante, in particolare, la riduzione della durata che passa da 18 mesi più proroghe di analoga durata a 18 mesi più proroghe di 12 mesi) ma è riservata solo ai nuclei familiari dove sono presenti minori, disabili o over 60, restando quindi automaticamente esclusi tutti i nuclei senza figli minorenni composti da nuclei di età 18 – 59 anni: molti di questi nuclei, spesso monoparentali, sono composti da stranieri (l’età media degli stranieri residenti è 35 anni).
La seconda è un mero sussidio per la partecipazione a corsi di formazione professionale dell’importo di 350 euro mensili, per la sola durata del corso e per la durata massima di 12 mesi. Dunque il migrante (o l’italiano) 40enne in condizioni di povertà assoluta non riceverà più nulla, se non per i pochi mesi di partecipazione al corso di formazione e semprechè tale opportunità gli venga offerta.
Per entrambe le prestazioni è mantenuto un requisito di residenza pregressa, che viene abbassato da 10 a 5 anni, di cui gli ultimi due continuativi: la riduzione non risolve il problema di condizionare l’intervento contro la povertà a una lunga presenza antecedente che è del tutto priva di significato rispetto alla entità del bisogno. Il requisito è poi ancora più irrazionale per il il SFL, non essendoci davvero nessun motivo per cui una persona che decida di avviare un percorso di inserimento lavorativo partecipando a un corso di formazione, debba percepire un modesto sussidio di partecipazione solo se residente da 5 anni.
Per di più non è prevista nessuna norma transitoria volta a sanare la posizione di quanti (come noto, un numero abbastanza elevato) in precedenza avevano ottenuto il RDC pur non avendo il requisito decennale, ma avendo comunque il requisito quinquennale che oggi viene riconosciuto legittimo: sicchè, anche per questi casi, il contenzioso dovrà necessariamente proseguire.
E ancora, per entrambe le prestazioni è previsto il requisito del permesso di lungo periodo (vengono comunque inseriti espressamente i titolari di protezione internazionale, sanando il vuoto previsto dal precedente DL 4/19) confermando quindi l‘esclusione dei titolari di permesso unico lavoro: tale esclusione (ritenuta legittima rispetto al RDC dalla Corte Costituzionale con sentenza 19/2022) è invece sicuramente illegittima rispetto al nuovo SFL: ai titolari di permesso unico lavoro deve infatti essere garantito – per effetto dell’art. 12, par. 1, lettera c) – la parità di trattamento “per quanto concerne l’istruzione e al formazione professionale”; e pare piuttosto evidente che se un italiano, a parità di altre condizioni partecipa al corso fruendo di un contributo di 350 euro e un titolare di permesso unico lavoro non ne fruisce, tale parità è violata.
ASGI invita le forze politiche a considerare questi rilievi in sede di conversione in legge e in particolare a garantire ai cittadini stranieri (che più di altri patiscono una condizione di povertà) quella parità di trattamento che viene loro riconosciuto dalle norme dell’Unione, evitando il riaprirsi di un contenzioso come quello che ha riguardato le prestazioni familiari.
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