Liberare i corsi d’acqua
aa.vv.Liberare i corsi d’acqua imprigionati per farli ritornare al loro naturale movimento. Acquistare prodotti a basso consumo di acqua. Adottare sistemi a circuito chiuso che depurino e riusino la stessa acqua. Smantellare i mega allevamenti industriali che sono una delle cause della separazione fra agricoltura e allevamento ed una delle più gravi fonti di inquinamento dell’acqua. Realizzare un catasto e un mappaggio della qualità delle acque. Sospendere ogni opera di cementificazione dei corsi d’acqua. Evitare che le acque piovane confluiscano nella rete fognaria per non dover depurare acque che non ne avrebbero alcun bisogno… Sono alcune proposte frutto di percorso di molte esperienze di molti anni fa… straordinariamente attuali
Dichiarazione delle utopie concrete di Città di Castello sull’acqua
I materiali della esposizione, le proposte, le esperienze presentate nel corso della Fiera delle Utopie Concrete 88 hanno mostrato che le idee, i progetti e le conoscenze necessarie per cambiare ci sono. Da dove cominciare?
L’acqua non è divisibile in segmenti separati, il suo ciclo è complesso e non segue le regole delle nostre divisioni amministrative. Un fiume non è una linea di confine, non divide la terra ma la unisce. L’acqua che scorre è un reticolo che attraversa e collega il territorio. Non tenerne conto porta chi inquina a monte del fiume Bormida a contrapporsi a chi, a valle, subisce l’inquinamento. L’uso dell’acqua va dunque organizzato all’interno dei confini naturali del bacino idrografico, superando le limitazioni poste dai confini politici e amministrativi.
La qualità dell’acqua che utilizziamo e restituiamo al suo ambiente naturale deve essere tale da garantire la qualità e la quantità della flora e della fauna dei corsi d’acqua. Agli attuali sistemi di analisi vanno dunque affiancati quei metodi che si basano sull’esame degli ecosistemi. Altrimenti potrebbe avverarsi il paradosso di acque accettabili secondo i parametri previsti dalla legge, ma nelle quali è stata distrutta ogni forma di vita.
I corsi d’acqua imprigionati devono essere liberati e ritornare al loro naturale movimento, devono essere restituiti per quanto è possibile alle loro funzioni ecologiche, estetiche e sociali mediante la rinaturalizzazione. I corsi d’acqua sono ambienti che vanno rispettati e tutelati, in tutto il loro insieme, rive comprese.
Utilizzare scarichi per gabinetti che riducano l’uso di acqua potabile e che recuperino quella del lavandino o della doccia. Applicare ai rubinetti e alle docce dispositivi che riducano il consumo. Non gettare solventi, oli, acidi negli scarichi. Usare saponi e detergenti di origine naturale, acquistare prodotti a basso consumo di acqua (carta riciclata, coloranti e solventi naturali). Sono esempi di cose già possibili oggi e che ciascuno può fare.
Dividere all’interno di ciascun ciclo produttivo i rifiuti tossico nocivi e trattarli separatamente da altri rifiuti. Applicare tecniche di riciclo e di riuso dei rifiuti. Adottare sistemi a circuito chiuso che depurino e riusino la stessa acqua. Sostituire ovunque possibile gli elementi di sintesi chimica con altri di origine naturale. Ove è necessario prelevare dai corsi d’acqua, farlo solo garantendo che non sia intaccata la portata indispensabile alla loro conservazione. Per attuare questi provvedimenti esistono già le tecnologie, o almeno le conoscenze che consentono di ridurre l’inquinamento industriale. Devono dunque essere applicate.
Ripristinare il rapporto fra agricoltura e allevamento affinché le deiezioni animali non siano più rifiuti dannosi alle acque ma risorse, concimi naturali da usare al posto di quelli chimici. Smantellare i mega allevamenti industriali che sono una delle cause della separazione fra agricoltura e allevamento ed una delle più gravi fonti di inquinamento dell’acqua. Introdurre metodi di lotta biologica ai parassiti delle nostre piante alimentari. Fare tutto questo non peggiorerebbe la nostra situazione alimentare, al contrario.
Realizzare un catasto e un mappaggio della qualità delle acque e renderli pubblici. Sospendere ogni opera di cementificazione dei corsi d’acqua e in generale considerare la costruzione di opere un evento straordinario e non di ordinaria amministrazione. Revisionare le reti di acqua potabile per ridurre le dispersioni e isolarle dalle fognature. Evitare che le acque piovane confluiscano nella rete fognaria per non dover depurare acque che non ne avrebbero alcun bisogno. Utilizzare sistemi di depurazione che adottino tecnologie semplici il più possibile vicine ai meccanismi naturali, non energivore e a basso impatto ambientale. Istituire zone di protezione particolare attorno ai pozzi di acqua potabile per ridurre ogni possibile rischio di inquinamento. Queste sono alcune delle iniziative alla portata dei Comuni, delle Province e delle Regioni. Ci sono molti buoni motivi per metterle in atto, nessuno per non farlo.
Tutte queste non sono utopie, ma utopie concrete: piccoli e grandi cambiamenti necessari e possibili. Essendo realizzabili, con maggiore o minore difficoltà, tolgono ogni legittimità a chi continua a fare meno del minimo indispensabile per ridurre l’inquinamento. Occorre far sentire loro tutto il peso di questa mancanza di legittimazione. Per migliorare la nostra vita oggi. Per dare alle generazioni future degli umani e delle altre specie viventi la possibilità di stare dentro e vicino all’acqua come vorranno. La realizzazione deve cominciare oggi.
Questa “Dichiarazione” è dell’ottobre del 1988: fu elaborata al termine della prima edizione della Fiera delle utopie concrete di Città di Castello. “Purtroppo, per la nostra debolezza e per la pressoché totale sordità del mondo politico, nel nostro paese è rimasta inascoltata per decenni, con le conseguenze che oggi vediamo…”, scrive oggi Franco Lorenzoni, che ringraziamo per la segnalazione.
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