Giuseppe Muraca, Lottare per le idee. Roberto Roversi, poeta e protagonista della cultura italiana contemporanea, Bologna, Pendragon, 2023.
Il profilo critico che Giuseppe Muraca dedica all’attività letteraria,
organizzativa ed editoriale di Roberto Roversi – ed è bene fin da subito
sottolineare nella sua esperienza intellettuale la compenetrazione costante di
questi piani – appare per le edizioni Pendragon a cento anni esatti dalla
nascita del poeta bolognese. A differenza di quanto spesso accade in occasione
di tali ricorrenze, con la proliferazione di articoli, monografie e atti di
convegno (si pensi, per prossimità non solo geografica, alle recenti
celebrazioni pasoliniane), il centenario roversiano non sembra aver prodotto
per il momento quel rilancio dell’interesse per la sua figura che pure sarebbe
stato, più che per altri autori saldamente canonizzati, utile oltre che
auspicabile. In questo senso il libro di Muraca ha innanzitutto il merito di
aver riproposto, a vent’anni dal primo fondamentale studio d’insieme di Fabio
Moliterni (1), una ricognizione complessiva sull’opera di Roversi, dettagliata
e di facile accessibilità, che evita lo specialismo senza sacrificare rigore e
approfondimento. Il volume si propone dunque come una introduzione generale
alla conoscenza di quello che, nelle parole dell’autore, è «senza alcun dubbio
uno dei più importanti letterati, intellettuali, organizzatori culturali ed
editori della sinistra critica ed eterodossa italiana» (p. 7). Nella chiosa
finale, che definisce l’esatto posizionamento di Roversi all’interno della
storia degli intellettuali del secondo Novecento, si manifesta anche la
peculiare angolatura adottata dal critico nel corso del lavoro (e peraltro
ribadita fin dal titolo “militante”: Lottare per le idee). Il Roversi di Muraca
è presentato come uno scrittore politico a trecentosessanta gradi e precisamente
«uno degli scrittori politici più rappresentativi, anticonformisti e originali
dell’Italia repubblicana» (p. 9), il quale ha tentato di coordinare a «un
radicale ripensamento e a un profondo rinnovamento delle forme letterarie e
culturali tradizionali una riflessione e una verifica altrettanto radicali del
pensiero marxista e della condizione e del ruolo dell’intellettuale nella
società di massa, della comunicazione e della trasmissione sociale del sapere»
(p. 11). La definizione non sarebbe stata stretta a Roversi, che in più
occasioni ha rivendicato la propria funzione (verrebbe da dire la propria
“natura”) di poeta civile. A tal proposito si potrebbe citare, tra i molti
esempi possibili, la bella «conversazione critica» intrattenuta nel ’68 con
Ferdinando Camon, dove tra le altre cose si legge: «So bene che il “lavoro”
letterario non serve, ovviamente, a fare la rivoluzione o a produrre il
dissenso politico, ma so altrettanto bene, intanto, che posso e devo scrivere
per questa rivoluzione e per questo dissenso – se non ho altro strumento per le
mani e non sono altrettanto bravo artificiere per le bombe o tattico per le
battaglie. […] Così l’atto dello scrivere resta, sia pure rognoso, un atto
politico».(2)
Il saggio di Muraca si svolge in quattro sezioni che corrispondono a una
sintetica periodizzazione dell’attività culturale di Roversi: nella prima (pp.
13-80) vengono considerati unitamente gli anni Quaranta e Cinquanta, con
l’esordio letterario e l’esperienza cruciale di «Officina»; la seconda (pp.
81-140) si concentra sugli anni Sessanta, che sono i più importanti sul fronte
della discussione ideologica (è del 1961 il primo numero di «Rendiconti»,
rivista fondata e diretta da Roversi che occuperà un posto affatto particolare
all’interno del panorama intellettuale della “nuova sinistra”) ma che vedono
contemporaneamente l’affermazione poetica dell’autore; nella terza (pp.
141-196) si ripercorrono gli anni Settanta e Ottanta, il sodalizio con Lucio
Dalla, le scritture teatrali e l’esperimento narrativo dei Diecimila cavalli;
la quarta (pp. 197-226) è dedicata all’estrema produzione in versi, dal ciclo
poematico dell’Italia sotto la neve fino alle ultime plaquettes degli anni
Duemila. Chiude il volume un capitolo intitolato «Il tempo delle amicizie
fantastiche» (pp. 227-234), dove Muraca tratteggia brevemente la storia
dell’incontro tra Roversi e alcuni compagni di strada: Pasolini, Fortini,
Sciascia e Sereni.
Una delle caratteristiche della monografia è quella di puntellare la
ricostruzione del percorso creativo dello scrittore con piccoli affreschi
storico-politici che aiutano a situare l’esperienza di Roversi all’interno del
contesto contemporaneo (significativi mi paiono soprattutto i paragrafi su
Roversi e il Sessantotto, pp. 125-140, e Roversi dal movimento del
Settantasette alla strage di Bologna, pp. 160-180, due periodi sui quali
d’altronde Muraca si è già soffermato in precedenti lavori). Se tale operazione
sembra offrire in prima istanza un supporto informativo al lettore, essa è
nondimeno necessaria al critico per illuminare dal di dentro i testi
roversiani, i quali, a partire almeno dagli anni ’60, vengono progressivamente
assumendo il carattere di veri e propri reagenti poetici della realtà
circostante (basti evocare in tal senso due titoli programmatici: Descrizioni
in atto e Registrazione di eventi). La poesia tende qui ad assimilare gli
elementi contradditori di una società neocapitalistica in rapido mutamento e a
risputarli fuori tramite orchestrazioni di frammenti cronachistici
disarticolati e residui alienati di liricità. È da questa immersione del
linguaggio nel caotico e violento sdipanarsi della storia nella sua concretezza
(Raboni parlerà di un «Roversi dentro la materia») che lo scrittore bolognese
deriva, come ci ricorda Muraca, l’«espressionismo al quadrato» (p. 121) dei
propri moduli stilistici, che è in questa fase uno degli aspetti più
appariscenti della sua identità formale.
Oltre all’approfondimento storico, il volume concede ampio spazio alla
trascrizione di testi poetici, narrativi o saggistici di Roversi. Più di un
quarto del libro è occupato da versi e brani estratti dalle sue opere a corredo
del discorso critico. Muraca ha in tal modo allestito in parallelo una sorta di
antologia poetica minima, che considerata la difficile o in certi casi
difficilissima reperibilità dei testi roversiani rappresenta un aspetto
encomiabile del lavoro. Va ricordata in questo senso la decisione presa da
Roversi, a partire dalla serie delle Descrizioni in atto (composte in diversi
momenti e raccolte una prima volta nel 1970), di abbandonare i circuiti della
grande industria editoriale scegliendo di ciclostilare e distribuire
personalmente le proprie opere a chi ne facesse richiesta e, più avanti, di
pubblicare esclusivamente con piccole case editrici indipendenti. È stato
spesso sottolineato il carattere contestativo di tale operazione, di rifiuto
frontale del sistema letterario mainstream, e Muraca non fa eccezione quando a
tal proposito afferma che il «totale diniego delle regole e dei valori dell’industria
culturale […] carica la sua opera [di Roversi] di una funzione critica,
autocritica ed eversiva, ponendo un problema non solo personale, ma di
carattere generale che riguardava tutti gli scrittori (gli intellettuali) e le
organizzazioni della sinistra» (p. 137). Parole che sono senz’altro da
sottoscrivere, anche se andrebbe forse dato maggior peso, diciamo così, alla
pars construens, mettendo in evidenza la parallela volontà di Roversi di
aderire al movimento di radicale ripensamento delle forme di comunicazione
portato avanti in quegli stessi anni dagli studenti e dai gruppi della sinistra
extraparlamentare, come bene ha indicato Marco Giovenale.(3)
Sempre nella prospettiva di una ricerca costante di forme di comunicazione
alternativa, Roversi negli anni ha contribuito a dare vita ad una costellazione
di riviste e fogli periodici, per la più parte ricordati da Muraca che dedica
loro dense pagine. Emerge così chiaramente dal suo profilo il fondamentale
ruolo di promotore culturale svolto da Roversi, che è l’altra faccia, non meno
importante, della sua attività intellettuale, seppure quella finora meno
indagata dalla critica. Muraca non manca di segnalare nel corso del lavoro
aspetti della produzione roversiana rimasti in ombra che necessiterebbero di
uno scavo più approfondito e suggerisce alcune linee di ricerca. Tra queste mi
pare siano da evidenziare la questione delle varianti nelle opere di Roversi
(esemplari i casi delle due edizioni di Dopo Campoformio e la riscrittura dei
racconti di Ai tempi di re Gioacchino che confluiranno nel romanzo Caccia
all’uomo; pp. 50 e ss.) e, soprattutto, l’ambito specifico della sua scrittura
teatrale e delle relative realizzazioni sceniche, su cui manca ancora uno
studio complessivo (pp. 101 e segg.).
Il libro di Muraca assolve pienamente al compito di restituire un’immagine
sfaccettata della personalità intellettuale di Roversi e rappresenta una guida
affidabile per un primo orientamento all’interno della sua vasta produzione,
che continua a offrirsi, secondo l’intento dell’autore, semplicemente a
«qualche lettore non frettoloso».(4) “Pazienza” è non a caso una delle parole
chiave del lessico etico-politico di Roversi – «Cercavo, per me, di
contrapporre alla violenza la pazienza; non per ritardare ma perché questa è,
tatticamente applicata, più fruttuosa e in sostanza più rapida nel
raggiungimento degli obiettivi»(5), dirà a proposito della sua esperienza
durante la contestazione del ’68 – insieme certamente a “rabbia” (come rilevò
tra gli altri Fortini), con la quale crea un binomio efficace a descrivere
sinteticamente il carattere della sua scrittura: paziente e rabbiosa. Se la
radicale coerenza delle sue scelte in ambito artistico e politico ha costretto
Roversi in una posizione di marginalità dalla quale stenta oggi a uscire,
giusta la diagnosi di Muraca, è lui stesso però ad averci avvertito che
«Lontano è il mondo da chi vive nel mondo. / La solitudine è anche
battagliera». (6)
ALESSANDRO VUOZZO
in L’OSPITE INGRATO (La
rivista di Franco Fortini)
Maggio 2023
Note
1 F.
Moliterni, Roberto Roversi. Un’idea di letteratura, Bari, Edizioni dal
Sud, 2003.
2 F. Camon, Il
mestiere di scrittore. Conversazioni critiche, Milano, Garzanti, 1973, p.
170; il brano è riportato da Muraca a p. 111.
3 Cfr. M.
Giovenale, La poesia fa il libro, in R. Roversi, Tre poesie e alcune prose.
Testi 1959-2004, a cura di M. Giovenale, con una nota di F. Moliterni,
Roma, Sossella, 2008, p. 20.
4
L’indicazione si legge nel risguardo della prima edizione di Dopo
Campoformio (Milano, Feltrinelli, 1962).
5 R. Roversi, Conversazione
in atto (intervista con Gianni D’Elia), in «Lengua», 10, 1990, pp. 18-52;
ora in Id., Tre poesie e alcune prose cit., p. 485.
6 R. Roversi,
Quarantesima descrizione in atto, ivi, p. 225.
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