22 maggio 2023

INTORNO AL ROBERTO ROVERSI DI GIUSEPPE MURACA



Giuseppe Muraca, Lottare per le idee. Roberto Roversi, poeta e protagonista della cultura italiana contemporanea, Bologna, Pendragon, 2023.


Il profilo critico che Giuseppe Muraca dedica all’attività letteraria, organizzativa ed editoriale di Roberto Roversi – ed è bene fin da subito sottolineare nella sua esperienza intellettuale la compenetrazione costante di questi piani – appare per le edizioni Pendragon a cento anni esatti dalla nascita del poeta bolognese. A differenza di quanto spesso accade in occasione di tali ricorrenze, con la proliferazione di articoli, monografie e atti di convegno (si pensi, per prossimità non solo geografica, alle recenti celebrazioni pasoliniane), il centenario roversiano non sembra aver prodotto per il momento quel rilancio dell’interesse per la sua figura che pure sarebbe stato, più che per altri autori saldamente canonizzati, utile oltre che auspicabile. In questo senso il libro di Muraca ha innanzitutto il merito di aver riproposto, a vent’anni dal primo fondamentale studio d’insieme di Fabio Moliterni (1), una ricognizione complessiva sull’opera di Roversi, dettagliata e di facile accessibilità, che evita lo specialismo senza sacrificare rigore e approfondimento. Il volume si propone dunque come una introduzione generale alla conoscenza di quello che, nelle parole dell’autore, è «senza alcun dubbio uno dei più importanti letterati, intellettuali, organizzatori culturali ed editori della sinistra critica ed eterodossa italiana» (p. 7). Nella chiosa finale, che definisce l’esatto posizionamento di Roversi all’interno della storia degli intellettuali del secondo Novecento, si manifesta anche la peculiare angolatura adottata dal critico nel corso del lavoro (e peraltro ribadita fin dal titolo “militante”: Lottare per le idee). Il Roversi di Muraca è presentato come uno scrittore politico a trecentosessanta gradi e precisamente «uno degli scrittori politici più rappresentativi, anticonformisti e originali dell’Italia repubblicana» (p. 9), il quale ha tentato di coordinare a «un radicale ripensamento e a un profondo rinnovamento delle forme letterarie e culturali tradizionali una riflessione e una verifica altrettanto radicali del pensiero marxista e della condizione e del ruolo dell’intellettuale nella società di massa, della comunicazione e della trasmissione sociale del sapere» (p. 11). La definizione non sarebbe stata stretta a Roversi, che in più occasioni ha rivendicato la propria funzione (verrebbe da dire la propria “natura”) di poeta civile. A tal proposito si potrebbe citare, tra i molti esempi possibili, la bella «conversazione critica» intrattenuta nel ’68 con Ferdinando Camon, dove tra le altre cose si legge: «So bene che il “lavoro” letterario non serve, ovviamente, a fare la rivoluzione o a produrre il dissenso politico, ma so altrettanto bene, intanto, che posso e devo scrivere per questa rivoluzione e per questo dissenso – se non ho altro strumento per le mani e non sono altrettanto bravo artificiere per le bombe o tattico per le battaglie. […] Così l’atto dello scrivere resta, sia pure rognoso, un atto politico».(2)

Il saggio di Muraca si svolge in quattro sezioni che corrispondono a una sintetica periodizzazione dell’attività culturale di Roversi: nella prima (pp. 13-80) vengono considerati unitamente gli anni Quaranta e Cinquanta, con l’esordio letterario e l’esperienza cruciale di «Officina»; la seconda (pp. 81-140) si concentra sugli anni Sessanta, che sono i più importanti sul fronte della discussione ideologica (è del 1961 il primo numero di «Rendiconti», rivista fondata e diretta da Roversi che occuperà un posto affatto particolare all’interno del panorama intellettuale della “nuova sinistra”) ma che vedono contemporaneamente l’affermazione poetica dell’autore; nella terza (pp. 141-196) si ripercorrono gli anni Settanta e Ottanta, il sodalizio con Lucio Dalla, le scritture teatrali e l’esperimento narrativo dei Diecimila cavalli; la quarta (pp. 197-226) è dedicata all’estrema produzione in versi, dal ciclo poematico dell’Italia sotto la neve fino alle ultime plaquettes degli anni Duemila. Chiude il volume un capitolo intitolato «Il tempo delle amicizie fantastiche» (pp. 227-234), dove Muraca tratteggia brevemente la storia dell’incontro tra Roversi e alcuni compagni di strada: Pasolini, Fortini, Sciascia e Sereni.

Una delle caratteristiche della monografia è quella di puntellare la ricostruzione del percorso creativo dello scrittore con piccoli affreschi storico-politici che aiutano a situare l’esperienza di Roversi all’interno del contesto contemporaneo (significativi mi paiono soprattutto i paragrafi su Roversi e il Sessantotto, pp. 125-140, e Roversi dal movimento del Settantasette alla strage di Bologna, pp. 160-180, due periodi sui quali d’altronde Muraca si è già soffermato in precedenti lavori). Se tale operazione sembra offrire in prima istanza un supporto informativo al lettore, essa è nondimeno necessaria al critico per illuminare dal di dentro i testi roversiani, i quali, a partire almeno dagli anni ’60, vengono progressivamente assumendo il carattere di veri e propri reagenti poetici della realtà circostante (basti evocare in tal senso due titoli programmatici: Descrizioni in atto e Registrazione di eventi). La poesia tende qui ad assimilare gli elementi contradditori di una società neocapitalistica in rapido mutamento e a risputarli fuori tramite orchestrazioni di frammenti cronachistici disarticolati e residui alienati di liricità. È da questa immersione del linguaggio nel caotico e violento sdipanarsi della storia nella sua concretezza (Raboni parlerà di un «Roversi dentro la materia») che lo scrittore bolognese deriva, come ci ricorda Muraca, l’«espressionismo al quadrato» (p. 121) dei propri moduli stilistici, che è in questa fase uno degli aspetti più appariscenti della sua identità formale.

Oltre all’approfondimento storico, il volume concede ampio spazio alla trascrizione di testi poetici, narrativi o saggistici di Roversi. Più di un quarto del libro è occupato da versi e brani estratti dalle sue opere a corredo del discorso critico. Muraca ha in tal modo allestito in parallelo una sorta di antologia poetica minima, che considerata la difficile o in certi casi difficilissima reperibilità dei testi roversiani rappresenta un aspetto encomiabile del lavoro. Va ricordata in questo senso la decisione presa da Roversi, a partire dalla serie delle Descrizioni in atto (composte in diversi momenti e raccolte una prima volta nel 1970), di abbandonare i circuiti della grande industria editoriale scegliendo di ciclostilare e distribuire personalmente le proprie opere a chi ne facesse richiesta e, più avanti, di pubblicare esclusivamente con piccole case editrici indipendenti. È stato spesso sottolineato il carattere contestativo di tale operazione, di rifiuto frontale del sistema letterario mainstream, e Muraca non fa eccezione quando a tal proposito afferma che il «totale diniego delle regole e dei valori dell’industria culturale […] carica la sua opera [di Roversi] di una funzione critica, autocritica ed eversiva, ponendo un problema non solo personale, ma di carattere generale che riguardava tutti gli scrittori (gli intellettuali) e le organizzazioni della sinistra» (p. 137). Parole che sono senz’altro da sottoscrivere, anche se andrebbe forse dato maggior peso, diciamo così, alla pars construens, mettendo in evidenza la parallela volontà di Roversi di aderire al movimento di radicale ripensamento delle forme di comunicazione portato avanti in quegli stessi anni dagli studenti e dai gruppi della sinistra extraparlamentare, come bene ha indicato Marco Giovenale.(3)

Sempre nella prospettiva di una ricerca costante di forme di comunicazione alternativa, Roversi negli anni ha contribuito a dare vita ad una costellazione di riviste e fogli periodici, per la più parte ricordati da Muraca che dedica loro dense pagine. Emerge così chiaramente dal suo profilo il fondamentale ruolo di promotore culturale svolto da Roversi, che è l’altra faccia, non meno importante, della sua attività intellettuale, seppure quella finora meno indagata dalla critica. Muraca non manca di segnalare nel corso del lavoro aspetti della produzione roversiana rimasti in ombra che necessiterebbero di uno scavo più approfondito e suggerisce alcune linee di ricerca. Tra queste mi pare siano da evidenziare la questione delle varianti nelle opere di Roversi (esemplari i casi delle due edizioni di Dopo Campoformio e la riscrittura dei racconti di Ai tempi di re Gioacchino che confluiranno nel romanzo Caccia all’uomo; pp. 50 e ss.) e, soprattutto, l’ambito specifico della sua scrittura teatrale e delle relative realizzazioni sceniche, su cui manca ancora uno studio complessivo (pp. 101 e segg.).

Il libro di Muraca assolve pienamente al compito di restituire un’immagine sfaccettata della personalità intellettuale di Roversi e rappresenta una guida affidabile per un primo orientamento all’interno della sua vasta produzione, che continua a offrirsi, secondo l’intento dell’autore, semplicemente a «qualche lettore non frettoloso».(4) “Pazienza” è non a caso una delle parole chiave del lessico etico-politico di Roversi – «Cercavo, per me, di contrapporre alla violenza la pazienza; non per ritardare ma perché questa è, tatticamente applicata, più fruttuosa e in sostanza più rapida nel raggiungimento degli obiettivi»(5), dirà a proposito della sua esperienza durante la contestazione del ’68 – insieme certamente a “rabbia” (come rilevò tra gli altri Fortini), con la quale crea un binomio efficace a descrivere sinteticamente il carattere della sua scrittura: paziente e rabbiosa. Se la radicale coerenza delle sue scelte in ambito artistico e politico ha costretto Roversi in una posizione di marginalità dalla quale stenta oggi a uscire, giusta la diagnosi di Muraca, è lui stesso però ad averci avvertito che «Lontano è il mondo da chi vive nel mondo. / La solitudine è anche battagliera». (6)

ALESSANDRO  VUOZZO  in  L’OSPITE INGRATO (La rivista di Franco Fortini)

                                                      Maggio 2023

Note

1 F. Moliterni, Roberto Roversi. Un’idea di letteratura, Bari, Edizioni dal Sud, 2003.

2 F. Camon, Il mestiere di scrittore. Conversazioni critiche, Milano, Garzanti, 1973, p. 170; il brano è riportato da Muraca a p. 111.

3 Cfr. M. Giovenale, La poesia fa il libro, in R. Roversi, Tre poesie e alcune prose. Testi 1959-2004, a cura di M. Giovenale, con una nota di F. Moliterni, Roma, Sossella, 2008, p. 20.

4 L’indicazione si legge nel risguardo della prima edizione di Dopo Campoformio (Milano, Feltrinelli, 1962).

5 R. Roversi, Conversazione in atto (intervista con Gianni D’Elia), in «Lengua», 10, 1990, pp. 18-52; ora in Id., Tre poesie e alcune prose cit., p. 485.

6 R. Roversi, Quarantesima descrizione in atto, ivi, p. 225.

 


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