Da https://rebstein.wordpress.com/2024/01/04/limpossibile/ riprendo il seguente articolo di
Giuseppe Zuccarino
Essere Dianus, essere Oreste
1. Non di rado i libri di Georges Bataille presentano un carattere composito, mescolando vari stili e generi di scrittura, ma ciò accade in maniera particolarmente accentuata in un volume apparso nel 1962, L’impossible1. Esso infatti comprende parti narrative, poetiche e riflessive. Non si tratta di un’opera nuova, dato che la sua prima edizione era apparsa nel 1947, col titolo La haine de la poésie2. Allora, però, la disposizione dei testi era diversa da quella definitiva, in quanto la sezione L’Orestie precedeva Histoire de rats e Dianus, mentre nell’edizione del 1962 viene posta al termine. Può essere interessante ricordare che nel 1947 Bataille attribuiva a se stesso soltanto L’Orestie, mentre fingeva di essere l’editore e non l’autore delle altre due parti. Scriveva infatti nell’avvertenza iniziale: «Sulla pubblicazione, in uno stesso libro, di poesie e di una contestazione della poesia, del diario di un morto e degli appunti di un mio amico prelato, avrei difficoltà a fornire spiegazioni. Questo genere di capricci non è tuttavia senza esempio, e vorrei dire qui che, se devo giudicare in base alla mia esperienza, essi possono anche esprimere l’inevitabile»3.
Nella breve prefazione del 1962, Bataille rinuncia a tale finzione, ma nel contempo dichiara che, in quelle che sono ora le prime due parti del libro, si rifiuterà di adottare un modo di narrazione realistico: «Il realismo mi dà l’impressione di un errore. Solo la violenza sfugge alla sensazione di povertà di simili esperienze realiste. Solo la morte e il desiderio hanno la forza che opprime, che toglie il respiro. Solo l’oltranza del desiderio e della morte consente di raggiungere la verità»4. Per Bataille si tratta dunque di puntare su una scrittura più pungente, che si dimostri capace di destabilizzare il lettore, ponendolo di fronte all’impossibile. Con quest’ultimo termine, scelto come nuovo titolo del libro, egli intende contrapporre al «mondo reale dell’utilità» una diversa maniera di considerare l’esistenza, che tenga conto «del piacere violento, dell’orrore e della morte»5. Considerato in questa accezione, l’impossibile svolge un ruolo essenziale per l’autore. Michel Surya ha giustamente notato che «se, per assurdo, l’opera e il pensiero di Georges Bataille potessero essere ridotti a tre o quattro parole, l’impossibile, senza alcun dubbio, sarebbe una di queste»6. Il vocabolo intende riferirsi a una serie di esperienze a cui lo scrittore attribuisce la massima importanza: infatti, non soltanto l’erotismo e la morte, ma anche «l’estasi, il sacrificio, la tragedia, la poesia, il riso sono forme in cui la vita si pone all’altezza dell’impossibile»7.
Le sezioni narrative del libro appaiono collegate fra loro già dai titoli: infatti l’Histoire de rats viene presentata come Journal de Dianus, mentre la seconda parte, pur essendo attribuita a un diverso personaggio, reca Dianus come titolo. Bataille ha già utilizzato questo nome per firmare un proprio articolo apparso in rivista nel 1940, poi ripreso con modifiche nella seconda edizione di Le coupable8. Qui egli spiega appunto: «Dianus è lo pseudonimo – desunto dalla mitologia romana – di cui mi sono servito quando ho pubblicato per la prima volta le pagine iniziali del Coupable, nell’aprile 1940, nel numero di “Mesures” che usciva a quella data»9. Un altro testo aggiunto al volume è L’Alleluiah, che reca il sottotitolo Catéchisme de Dianus10. Tale insistenza sul nome non ha nulla di casuale: «Se ho voluto ripubblicare L’Alleluiah nella nuova edizione di Le coupable, è in parte per aver prestato entrambi i testi a un personaggio della mitologia antica»11.
Ma chi era, per i romani, questo misterioso Dianus? Per capirlo occorre far riferimento a una celebre opera di antropologia, Il ramo d’oro di Frazer. Leggendola, Bataille è rimasto colpito dai riferimenti alla tradizione che stabiliva la regola di successione al rango di sacerdote di Nemi, presso Roma, luogo in cui si trovava un santuario dedicato alla dea Diana. La carica era prestigiosa, dato che ad essa era connesso il titolo di re, ma si poteva assumerla solo tramite un atto crudele, ossia uccidendo il proprio predecessore. Ne conseguiva il fatto che il nuovo re-sacerdote, non appena divenuto tale, doveva essere subito pronto a difendersi con le armi, sapendo comunque in anticipo che, quand’anche lo avesse fatto valorosamente per molti anni, prima o poi avrebbe dovuto soccombere a un pretendente più forte di lui. Una posizione, dunque, doppiamente tragica, perché chi accedeva a essa lo faceva tramite un omicidio ed era ben consapevole del fatto che il suo destino sarebbe stato quello di finire a sua volta vittima di morte violenta. Frazer descrive così il contegno, comprensibilmente inquieto, del re-sacerdote: «In questo bosco sacro cresceva un albero intorno a cui, in ogni momento del giorno, e probabilmente anche a notte inoltrata, si poteva vedere aggirarsi una truce figura. Nella destra teneva una spada sguainata e si guardava continuamente d’attorno come se temesse a ogni istante di essere assalito da qualche nemico»12.
Questo re aveva un nome, Dianus, che si tramandava assieme alla carica. Frazer ipotizza un collegamento col dio Giano, a sua volta associabile a Giove. Ne consegue che «la stessa antica coppia di divinità era conosciuta, tra i Greci e i popoli italici, come Zeus e Dione, Giove e Giunone, Giano (Diano) e Giana (Diana)»13. Bataille si rifà a questa tesi quando scrive: «Il nome scelto come pseudonimo era quello di un grande dio latino, Giano o Dianus, che rispondeva allora all’atmosfera religiosa ma paradossale in cui vivevo»14. Tuttavia aggiunge che, se ha ripreso il nome Dianus, «è soprattutto per aver voluto sottolineare il carattere empio dell’intenzione che, sotto il nome di castità, pone la vita religiosa in un vicolo cieco. Esiste una maledizione nell’erotismo, ma se è vero che, a quanto sembra, la religione sta morendo, è nella misura in cui essa respinge ciò che l’ha creata, nella misura in cui, in maniera malsana, rigetta la maledizione»15. Questa sottolineatura dell’erotismo induce a pensare che sia nel giusto Surya quando suggerisce che probabilmente il nome Dianus si lega anche, per Bataille, all’associazione d’idee fra il più alto (Dieu) e il più basso (l’anus)16. Del resto il congiungersi di allusioni religiose e torbide trova conferma in un’annotazione batailliana: «Mi è parso che lo pseudonimo Dianus riunisse in sé il sapore di una donna barbuta e di un dio che muore, col sangue che gli sgorga dalla gola»17. (…)
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Note
1 G. Bataille, L’impossible, Paris, Éditions de Minuit, 1962, ora in Romans et récits, Paris, Gallimard, 2004, pp. 489-563 (tr. it. L’impossibile, Milano, ES, 1999). La complessa genesi del libro viene ricostruita nella Notice di Gilles Ernst, ivi, pp. 1211-1232.
2 G. Bataille, La haine de la poésie, Paris, Éditions de Minuit, 1947.
3 L’avvertenza è riportata in Romans et récits, cit., p. 1234.
4 Préface de la deuxième édition, in L’impossible, cit., p. 491 (tr. it. Prefazione alla seconda edizione, in L’impossibile, cit., p. 13; si avverte che i passi delle traduzioni italiane cui si rimanda vengono spesso citati con modifiche).
5 Cfr. ivi, p. 492 (tr. it. p. 218).
6 M. Surya, Georges Bataille, la mort à l’œuvre, Paris, Gallimard, 1992, p. 33.
7 G. Bataille, Le rire de Nietzsche (1942), in Œuvres complètes, Paris, Gallimard, 1970-1988 (d’ora in poi abbreviato in Œ. C.), vol. VI, p. 310 (tr. it. Il riso di Nietzsche, in L’amicizia, Milano, SE, 1999, p. 51).
8 L’amitié, in Œ. C., vol. VI, pp. 292-306 (tr. it. L’amicizia, nel volume dallo stesso titolo, cit., pp. 9-42). La successiva stesura, sempre intitolata L’amitié, si legge in Le coupable (1944; nuova edizione ampliata 1961), in Œ. C., vol. V, pp. 243-286 (tr. it. L’amicizia, in Il colpevole / L’Alleluia, Bari, Dedalo, 1989, pp. 19-67).
9 Introduction, in Le coupable, cit., p. 239 (tr. it. Introduzione, in Il colpevole / L’Alleluia, cit., p. 227).
10 Cfr. L’Alleluiah, in Le coupable, cit., pp. 393-417 (tr. it. L’Alleluia, cit., pp. 195-225).
11 Plans pour «La Somme athéologique», in Œ. C., vol. VI, p. 374.
12 James George Frazer, Il ramo d’oro. Studio sulla magia e la religione (1890; edizione ridotta dall’autore 1922), tr. it. Torino, Bollati Boringhieri, 2012, p. 9.
13 Ivi, p. 203.
14 Plans pour «La Somme athéologique», cit., p. 369. Il riferimento è alle attività della società segreta «Acéphale», da lui creata negli anni Trenta. Cfr. in proposito G. Bataille, L’apprenti sorcier. Textes, lettres et documents (1932-1939), Paris, Éditions de la Différence, 1999 (tr. it. parziale La congiura sacra, Torino, Bollati Boringhieri, 1997) e M. Surya, op. cit., pp. 286-308.
15 Plans pour «La Somme athéologique», cit., p. 374.
16 Cfr. M. Surya, op. cit., p. 373.
17 Frase riportata nelle note a L’expérience intérieure (1943; nuova edizione ampliata 1954), in Œ. C., vol. V, p. 437.
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Il saggio di Giuseppe Zuccarino,
Essere Dianus, essere Oreste,
sarà pubblicato in “Quaderni delle Officine”,
CXXXII, gennaio 2024.
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