L’artista
cinese Ai Wei Wei
Da LA STAMPA prendo questo bel pezzo:
Gianni
Riotta – Contro il libretto di Mao
Del Libretto
Rosso con le citazioni del presidente Mao sono state stampate 1.055.498.000
copie secondo le stime ufficiali del governo cinese, e in certi anni ha
superato in diffusione il best seller di sempre, la Bibbia. Quante copie
circoleranno di Weiweismi, raccolta di aforismi dell’artista, architetto e
dissidente cinese Ai WeiWei, collazionata dall’Università di Princeton e
tradotta da Einaudi. Mao - mentre le sue politiche massacravano con la carestia
e la repressione milioni di cinesi - diffondeva col Libretto un’immagine da
saggio cinese arguto e profondo, un Confucio capace di commuovere con la favola
di Yu Kung, i suoi figlioli e gli Angeli che smuovono le montagne.
Ai Wei Wei
propone un’immagine diversa del saggio cinese, pur incarnandola fisicamente,
stazza corpulenta e barbetta da antica immagine di Lao Tzu. Artista di successo
con le sue installazioni, noto nel mondo per il magnifico Stadio Olimpico di
Pechino detto «Nido d’Uccello», Ai Wei Wei dissente dal centralismo del suo
governo, capace di arricchire la Cina facendone la seconda economia mondiale,
ma non di concedere ai cittadini voce nella vita del Partito comunista, critica
alla corruzione dilagante, dibattito sulle scelte future dell’antica civiltà
cinese.
Ai Wei Wei
non impreca con risentimento e rancore, richiama con soavità da Tao Te Ching la
coscienza dei connazionali alla responsabilità morale. Il suo blog online è
chiuso dalla polizia nel 2009, nel 2011 l’artista è arrestato per - pensate un
po’- «evasione fiscale», dopo tre mesi in carcere rilasciato, ma costretto per
un anno alla libertà vigilata. Perfino l’arresto Ai Wei Wei trasforma in
performance d’arte, con una fotina ripresa al cellulare, l’artista barbuto,
impotente, dignitoso, gli agenti stretti nelle divise di un potere centrale, il
flash che diventa fiammella di resistenza, speranza, bellezza.
Seguite le
«Citazioni dal Libretto di Ai Wei Wei» come un breviario di tolleranza e
saggezza, «la Via» che anima la cultura orientale: «La Cina e il mondo
torneranno a incontrarsi. La gente capirà che adesso il pianeta è più piccolo
che in qualunque altro periodo storico, che l’umanità dovrebbe dire addio
all’arroganza e all’indifferenza, all’ignoranza e alle discriminazioni, e
comprendere che abitiamo lo stesso pezzetto di terra. Verrà un giorno in cui ci
riscopriremo a vicenda, in cui condivideremo ciò che di buono ha l’esistenza,
in cui ci guarderemo negli occhi e saremo tutti uniti, come le dita in un
pugno». Non più il pugno chiuso della militanza che segregava tanti e
emancipava pochi, il pugno solidale di una «bontà morale» che è manifesto
politico del XXI secolo dopo l’odio del XX. Nelle citazioni di Ai Wei Wei che
trovate in questa pagina «bontà morale» è consapevolezza che nessuno, né
«Stato» né «Cittadino», detiene il monopolio della Virtù, dell’Etica, della
Forza. Perché «Se c’è una sola persona non libera, non sono libero neanch’io.
Se c’è una sola persona che soffre, soffro anch’io».
Se la Cina,
potenza del boom mondiale e che vara la sua flotta d’alto mare e va a
incrociare le rotte strategiche degli Oceani Indiano e Pacifico, spaventa i
propri vicini, dal Vietnam all’Australia rimandandoli a chiedere protezione
all’America, è solo per la paura denunciata da Ai Wei Wei: «Possono entrarti in
camera a mezzanotte e prelevarti. Possono infilarti un cappuccio nero, portarti
in una località segreta e interrogarti, possono cercare di non farti fare quel
che stai facendo. Minacciano gli altri, la tua famiglia, dicendo: “I tuoi figli
non troveranno lavoro”».
La «bontà
morale» elevata a codice politico da Ai Wei Wei è, come sempre nei valori dei
dissidenti ostaggio di Stati potenti, Pellico allo Spielberg, Sharansky in
Urss, Mandela a Robben Island, messaggio universale. Quando - come sempre più
spesso ormai mi capita - le misere vicende del dibattito italiano mi faranno
disperare del futuro nel nostro Paese, reciterò a voce alta l’insegnamento di
Ai Wei Wei: «La stupidità può vincere una battaglia, non la guerra: la natura
umana è ricerca della libertà. Chi governa può ritardare la libertà, ma non
fermarla».
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