Difendere la nostra lingua partendo dall’insegnamento
universitario. Dario Fo lancia l’allarme e sulle pagine di Madrelingua,
supplemento della rassegna trimestrale Pagine della Dante scrive: “l’anglomania
è un suicidio”.
È incredibile – afferma il Premio Nobel – che oggi
si ritenga di poter insegnare, nelle università italiane, in lingua
inglese, persino in ambiti che ci appartengono intimamente, e in cui gli
italiani si sono distinti in tutto il mondo nel corso della loro storia, come
la musica o il teatro. Nell’architettura teatrale, per esempio, la tradizione
italiana è solida e le sue influenze linguistiche, spesso molto dirette,
possono essere rintracciate in tutto il mondo […]. Pensare di dover impartire
in inglese un insieme di conoscenze e di tecnologie […] che l’Italia, in questo
settore, ha diffuso in tutto il mondo è, oltreché assai difficile, buffo e
paradossale. I latini, quando studiarono l’architettura greca, per poterla
riprodurre ricorsero alle traduzioni nella loro lingua effettuate dagli stessi
greci. Questo dovrebbe servirci da insegnamento.
Il nostro problema maggiore – scrive ancora Fo
sulle pagine di Bruno Bottai – non è tanto quel che ci
viene imposto, bensì il diffuso sentimento di piaggeria e deferenza nei
confronti della lingua inglese. Secondo un orrendo assunto
l’arte dominante è quella del popolo dominante, per cui gli
anglofoni, se sono egemoni in campo economico e finanziario, devono
necessariamente esserlo anche nel mondo della conoscenza e della cultura. È
un’idea molto pericolosa, perché così rischiamo di dimenticare il nostro
apporto a quel mondo. Un esempio su tutti è quello di William Shakespeare […]
che senza il contributo italiano, non sarebbe stato Shakespeare.
Basta perciò appecoronarsi di fronte
all’inglese. Dobbiamo avere rispetto per ciò che di bello e unico è
stato prodotto in Italia e in italiano, se non altro perché, disconoscendo le
proprie origini, non si può pensare di creare qualcosa di importante.
Ci siamo già abbassati abbastanza, sottostando alle leggi
del mercato economico. Preserviamo la nostra cultura, ciò che ci ha reso grandi
e orgogliosi di essere italiani. Per lo meno quello.
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