Un amico fraterno mi ha segnalato l’ultimo
articolo del rimpianto Don Gallo, pubblicato da il manifesto, che ripropongo con grande piacere di seguito:
DON GALLO -
CONTRO I BANCHIERI
Ho visto gioiosamente nascere la democrazia
nel 1945, con la mia Brigata Partigiana, comandata da mio fratello, ex tenente
del Genio Pontieri, sopravvissuto alla tragica campagna di Russia, a
diciassette anni di età. Diventato vecchio — 84 anni e mezzo — devo vederla
vergognosamente morire?
Ho riflettuto a lungo sulla crisi economica finanziaria che stiamo attraversando. Non è scandalosa la “teoria” di chi si ostina a vedere nel profitto l'unica molla creativa, innovativa del progresso, quale sia la destinazione degli investimenti?
Ho riflettuto a lungo sulla crisi economica finanziaria che stiamo attraversando. Non è scandalosa la “teoria” di chi si ostina a vedere nel profitto l'unica molla creativa, innovativa del progresso, quale sia la destinazione degli investimenti?
Perché si è permesso la concentrazione del
potere economico nelle mani bramose di pochi grandi colossi mondiali?
Lasciamo le storielle dei complotti. Semplicemente siamo giunti al momento più
vittorioso di un'economia vecchia di ottanta anni. Siamo al passaggio dal
capitalismo di un tipo ad un capitalismo d'altro tipo. Altro che parlare di
crisi! Abbiamo dimenticato nel ‘47 Von
Hayek, Friedman e la Scuola di Chicago? Dopo la Seconda
guerra mondiale si adottò la ricetta keynesiana e il mondo veniva ricostruito.
La crisi attuale è la vittoria degli ultraliberisti con l'assenza di un'alternativa ritenuta valida. La debolezza della politica occidentale e la scomparsa dei valori di civiltà hanno fatto il resto. «I ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri», disse Paolo VI in un mirabile discorso all'Onu.
C'è una evoluzione in atto, non una
generica crisi. Irrompe un cambiamento della stessa portata della nascita delle
banche nel XVII secolo. Gli economisti e gli statisti attuali ne sono imbevuti
e, rivestendo posti di responsabilità, la applicano senza scrupoli. Un mercato,
un potere economico. Lo dice Stiglitz,
Nobel per l'economia, «il mercato e il potere finanziario creano
armi di distruzione di massa». Questa logica liberista è propugnata
dalle banche. Tra le più potenti, la Goldman Sachs americana.
Gli economisti italiani (Draghi, Monti e soci) sono composti chierichetti di questo neoliberalismo, in una blindata cattedrale del Dio Denaro.
Goldman Sachs è una delle più importanti
banche internazionali che agisce sui mercati adottando questa perversa logica
capitalista. Non ha un «volto umano».
Una persona onesta non può più accettare un sistema di apartheid mondiale, dove il 20 per cento della popolazione mondiale consuma l'80 per cento delle risorse; e dove si spendono tre milioni di dollari in armamenti, ma in un minuto muoiono di fame dieci bambini.
Si vuole costruire un'alternativa? Sono sempre più numerosi i giovani europei che hanno perso la fiducia nel futuro. Scoraggiati, inattivi. Sia chiaro: è un processo molto impegnativo, lungo e complesso. La colpa di questa colossale truffa delle banche è stata addossata al debito pubblico per imporre austerità e conseguente perdita del patrimonio pubblico.
Il 2 marzo 2012, 25 dei 27 capi di stato della Ue hanno firmato il fiscal compact. Diventano permanenti i piani di austerità, una serie di tagli a stipendi, pensioni, il diritto e la dignità del lavoro e la privatizzazione dei beni comuni.
Il potere economico ha imposto Draghi, governatore della Bce, già vicepresidente della Goldman Sachs.
E un sorprendente senatore a vita, Monti, capo di un governo “tecnico”.
Il presidente del consiglio, sostenuto da Pdl, Terzo Polo e Pd, è stato
consulente della stessa banca americana e ora consulente anche della Coca Cola
e nei cda delle Generali e della Fiat.
E i ministri dove sono stati precettati?
Passera, Ad di Intesa San Paolo;
Fornero: vicepresidente di Intesa San Paolo;
Gnudi, amministratore di Unicredit Group;
Giarda, vicedirettore della Banca Popolare e amministratore Pirelli.
È forse un governo tecnico per il bene
dell'Italia o una dittature delle banche, salvate da parecchi miliardi in
America e in Europa? In una crisi nata nelle banche e mascherata
dal debito pubblico.
In nome della Costituzione, non possiamo accettare la macchina infernale del patto fiscale, né la ratifica di un parlamento servile, né la modifica costituzionale dell'articolo 81, perché a pagare tutte le spese è chiamato solo il mondo del lavoro e le piccole imprese.
In nome della Costituzione, non possiamo accettare la macchina infernale del patto fiscale, né la ratifica di un parlamento servile, né la modifica costituzionale dell'articolo 81, perché a pagare tutte le spese è chiamato solo il mondo del lavoro e le piccole imprese.
Constato dolorosamente l'appoggio e
l'elogio solenne del Vaticano e della Cei all'Agenda Monti.
E allora dico: alziamo la testa. Abbiamo
di nuovo l'Uomo della Provvidenza?
Il paese a pezzi va alle urne in una confusione generale. L'Agenda Monti è al centro e si è messa al
comando delle operazioni col sostegno della Confindustria e del Vaticano e
delle forti cancellerie occidentali.
Come agiscono le altre forze politiche,
l'Agenda Grillo, Ingroia, Berlusconi e Bersani?
Chi saprà tracciare piste di riflessione e
conseguenti azioni?
Il debito pubblico è un dogma?
I nostri padri costituenti erano stati
capaci di unità delle varie matrici ideali per mettere fine al fascismo ed
edificare una Italia democratica.
A mio avviso oggi nessuno ci riesce. È scomparsa la cultura del bene comune come priorità assoluta.
Il singolo si agita, si organizza, per
diventare “protagonista” e si sforza di condividere un gesto collettivo.
«Osare
la speranza nella democrazia» era il motto della mia Brigata Partigiana.
Non voglio arrendermi. Con la sinistra
sociale politica, i sindacati, la Fiom, sono ancora impegnato per traghettare il popolo italiano dalla
solidarietà assistenziale ad una solidarietà liberatrice, strutturale, nei diritti
di tutti. Continuo a lottare in direzione ostinata e contraria.
Il Pd e Sel, con il grande evento delle primarie, hanno lanciato un segnale positivo: non dettare agende ma dare spazio ai “protagonisti”, partendo dal basso e mettendoci in rete a livello italiano ed europeo, per vedere fiorire il nuovo. È indispensabile rischiare. Il programma sia trasparente, anticipatore, progettuale. Solo così potremo ancora una volta, con tanta sofferenza, con i nostri dubbi, tentare di sradicare nelle nuove e nuovissime generazioni, l'assenza di futuro.
Andrea Gallo
* Questo articolo è stato pubblicato sul manifesto del 2 gennaio 2013
Mi sembra davvero straordinario questo articolo. Impressionante la lucidità dell'analisi, nutrita da una esperienza e memoria storica uniche!
RispondiElimina