Dieci anni
fa, in questi giorni, moriva Luigi
Pintor, grande giornalista e scrittore, fondatore e direttore del manifesto
per molti anni. Della sua eredità si è discusso il 15 maggio scorso in una
giornata a Cagliari, sua città natale, e molte testimonianze e riflessioni si
possono leggere sul sito del circolo sardo del manifesto (www.manifestosardo.org).
Qui ripubblichiamo l’ultimo editoriale di Pintor, pubblicato il 24 aprile del
2003, poche settimane prima della sua morte. Raccomandiamo in particolare di
leggere, o rileggere, le ultime righe.
Ecco
l’editoriale, intitolato “Senza
confini”:
La sinistra italiana che conosciamo è morta. Non lo
ammettiamo perché si apre un vuoto che la vita politica quotidiana non ammette.
Possiamo sempre consolarci con elezioni parziali o con una manifestazione
rumorosa. Ma la sinistra rappresentativa, quercia rotta e margherita secca e
ulivo senza tronco, è fuori scena. Non sono una opposizione e una alternativa e
neppure una alternanza, per usare questo gergo. Hanno raggiunto un grado di
subalternità e soggezione non solo alle politiche della destra ma al suo punto
di vista e alla sua mentalità nel quadro internazionale e interno.
Non credo che lo facciano per opportunismo e che sia
imputabile a singoli dirigenti. Dall’89 hanno perso la loro collocazione
storica e i loro riferimenti e sono passati dall’altra parte. Con qualche
sfumatura. Vogliono tornare al governo senza alcuna probabilità e pensano che
questo dipenda dalle relazioni con i gruppi dominanti e con l’opinione
maggioritaria moderata e di destra. Considerano il loro terzo di elettorato un
intralcio più che l’unica risorsa disponibile.
Si sono gettati alle spalle la guerra con un voto
parlamentare consensuale. Non la guerra irachena ma la guerra americana
preventiva e permanente. Si fanno dell’Onu un riparo formale e non vedono lo
scenario che si è aperto.
Ciò vale anche per lo scenario italiano, dove il
confronto è solo propagandistico. Non sono mille voci e una sola anima come
dice un manifesto, l’anima non c’è da tempo e ora non c’è la faccia e una
fisionomia politica credibile. E’ una constatazione non una polemica.
Noi facciamo molto affidamento sui movimenti dove una
presenza e uno spirito della sinistra si manifestano. Ma non sono anche su
scala internazionale una potenza adeguata. Le nostre idee, i nostri
comportamenti, le nostre parole, sono retrodatate rispetto alla dinamica delle
cose, rispetto all’attualità e alle prospettive.
Non ci vuole una svolta ma un rivolgimento. Molto
profondo. C’è un’umanità divisa in due, al di sopra o al di sotto delle
istituzioni, divisa in due parti inconciliabili nel modo di sentire e di essere
ma non ancora di agire.
Niente di manicheo ma bisogna segnare un altro confine
e stabilire una estraneità riguardo all’altra parte. Destra e sinistra sono
formule superficiali e svanite che non segnano questo confine.
Anche la pace e la convivenza civile, nostre bandiere,
non possono essere un’opzione tra le altre, ma un principio assoluto che
implica una concezione del mondo e dell’esistenza quotidiana. Non una bandiera
e un’idealità ma una pratica di vita.
Se la parte di umanità oggi dominante tornasse allo
stato di natura con tutte le sue protesi moderne farebbe dell’uccisione e della
soggezione di sé e dell’altro la regola e la leva della storia. Noi dobbiamo
abolire ogni contiguità con questo versante inconciliabile. Una internazionale,
un’altra parola antica che andrebbe anch’essa abolita ma a cui siamo
affezionati. Non un’organizzazione formale ma una miriade di donne e uomini di
cui non ha importanza la nazionalità, la razza, la fede, la formazione
politica, religiosa. Individui ma non atomi, che si incontrano e riconoscono
quasi d’istinto ed entrano in consonanza con naturalezza.
Nel nostro microcosmo ci chiamavamo compagni con
questa spontaneità ma in un giro circoscritto e geloso. Ora è un’area senza
confini. Non deve vincere domani ma operare ogni giorno e invadere il campo. Il
suo scopo è reinventare la vita in un’era che ce ne sta privando in forme mai
viste.
Luigi Pintor
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