“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.” Antonio Gramsci
22 maggio 2013
DON GALLO, UN RAGAZZO TRA I RAGAZZI
Don Andrea Gallo ci mancherà. Stasera ci sentiamo più soli. Ma è bello vedere come tanti giovani e meno giovani lo rimpiangono. E ci piace ricordarlo con le parole di una delle tante ragazze che l’hanno conosciuto ed amato.
ANNA PIZZO – UN RAGAZZO TRA I RAGAZZI
Di lui si è detto: prete di frontiera; prete del dissenso; prete di strada; prete scomodo; prete anomalo. Don Andrea Gallo era tutte queste cose ma tutte assieme, mescolate, intrecciate, inscindibili e salde, come le sue convinzioni. E la sua determinazione.
La prima volta che sono andata a parlargli, nella sua comunità di San Benedetto al Porto, a Genova, mi colpì la estrema sobrietà del posto, per non dire povertà. E, allo stesso tempo, vivacità ovunque, i giovani a fare cose, la porta sempre aperta, una ricchezza di umanità e di voci, di suoni, una serenità quasi inspiegabile. Ci sono stata ben prima del G8 del 2001, ero lì per parlare con lui di cosa si poteva fare per battere il proibizionismo craxiano degli anni ottanta, che stava spingendo migliaia di ragazzi a morire di droga. Il proibizionismo, che lui chiamava “punizionismo”, era l’antitesi di quella porta aperta della Comunità, dove entravano tossicodipendenti ma anche trans, prostitute, immigrati senza documenti. E lui non ha lasciato nessuno fuori fino a che, un paio di anni fa, ha rischiato il vero e proprio fallimento, strangolato dai crediti non pagati dalle Regioni che lo usavano come “discarica sociale” e dalla mancanza di padrini compiacenti.
Questo era don Gallo, eretico, dissidente, senza peli sulla lingua, senza paure, senza remore. “Colpevole” di essere un cattivo maestro, un pessimo prete, un “prete no global”, un esaltato, un rompipalle. Tanto che tre anni fa i poliziotti del Coisp, un sindacato di polizia, scrissero al papa chiedendone la testa per via di quelle “posizioni estremiste e violente più volte esternate da un certo don Andrea Gallo di Genova”. Il suo peccato? Aver difeso la sua città, i suoi cittadini, i giovani arrivati da ogni parte del mondo, le idee, le manifestazioni durante il G8 del 2001. E Carlo. Carlo Giuliani, ragazzo, ucciso in piazza Alimonda il 20 luglio del 2001.
La colpa di non essere mai arretrato nemmeno di una spanna, avere continuato a battere e battere perché giustizia fosse fatta. «Qual era il grido del G8 dopo Porto Alegre? I giovani chiedevano: è possibile costruire un nuovo mondo? Ecco perché resta la ferita. Qui, in questa stanza, è venuto Monicelli, nel luglio del 2001, è venuto Scola, e tutti mi domandavano: riusciremo a togliere la paura del futuro ai nostri ragazzi?». Don Andrea se n’è andato e per i fatti di Genova ha visto solo qualche scampolo di quella giustizia che pretendeva e per la quale ha tanto a lungo e tanto duramente lavorato.
Non si poteva andare a Genova e tornare a Genova e ripensare a Genova senza avere nelle orecchie e nel cuore le sue parole, il suo impegno, la sua travolgente ironia, il suo speciale e dissacrante bisogno di verità.
Ci ha amato, noi che siamo stati a Genova, senza mai chiederci nulla, senza dividerci tra buoni e cattivi, senza rimpianti. Da oggi don Andrea non c’è più, se n’è andato a 84 anni, ragazzo tra i ragazzi di ogni età che tanto ha amato.
Fonte: http://www.democraziakmzero.org/2013/05/22/don-andrea-gallo-ragazzo/
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