Ho scoperto cosa fossero i Bestiari seguendo
il lavoro appassionato di mia figlia Irene
alle prese con un manoscritto medievale in occasione della preparazione della
sua tesi di laurea.
Per gli
uomini del medioevo gli animali erano una presenza familiare, rassicurante e minacciosa insieme. Ma, parlando degli
animali, gli uomini di quel tempo, in realtà, parlavano di se stessi e della loro società. Vizi, virtù,
sogni e paure rappresentate nelle coloratissime raffigurazioni di animali
reali e fantastici.
Ripropongo
di seguito la recensione di Marco Belpoliti di uno studio recente sui Bestiari
medievali.
Marco Belpoliti - Tra leone e orso sfida per
il trono
Se fosse
per la cultura medievale né Peppa Pig, il personaggio televisivo oggi più amato
dai bambini, né Shaun the Sheep, la pecora astuta dei film per ragazzi,
potrebbero esistere. Il maiale era per l’Occidente cristiano una bestia
immonda, impuro, dedito al cannibalismo, legato al diavolo, per quanto il mondo
greco-romano, al contrario, lo valorizzasse sacrificandolo agli dei e
apprezzandolo a tavola. La pecora, per i chierici medievali, era paurosa e
ottusa, per quanto ritenuta dolcissima, simbolo di purezza e innocenza.
Nell’età di
mezzo gli animali erano pensati simbolicamente, ci ricorda Michel Pastoureau,
storico francese, in Bestiari medievali, il che significa che ogni essere
vivente, reale o fantastico, veniva incluso nella storia culturale e non in
quella naturale. Nel Medioevo l’immaginario è una realtà: esiste. In questo
libro Pastoureau prende in esame l’universo animale utilizzando le descrizioni
visive e scritte fornite nel corso di vari secoli dai libri miniati, in
particolare dai bestiari, veri e propri cataloghi del mondo animale.
Già in un
precedente volume, Animali celebri (Giunti), composto di brevi storie di
animali, dal mondo classico ai giorni nostri, lo studioso di araldica, aveva
raccontato le vicende del bue, dell’asino, del cavallo, delle scrofe e dei
cani, sino ad arrivare a Topolino e Paperino, a Milù, il compagno di Tintin, e
ai cinghiali di Obelix. Ora in Bestiari, libro magnificamente illustrato, crea
una vera e propria catalogazione degli animali nel Medioevo. Nella zoologia di
quei secoli ci sono cinque grandi famiglie: quadrupedi, uccelli, pesci,
serpenti e vermi. I primi si dividono, poi, in selvatici e domestici. La coppia
fondamentale dei quadrupedi selvatici è leone/orso, che si sono contesi il
titolo di re degli animali, fino a che il leone ha prevalso, come ci ricorda
anche la saga di Re Leone. L’orso, adorato sin dal paleolitico, vero re della
foresta, è stato contrastato dalla Chiesa che l’ha detronizzato dal XII secolo.
I quadrupedi domestici sono invece tutti quelli che vivono dentro e intorno
alla casa: cane, gatto, le bestie della fattoria, ma anche ratto, topo, merlo,
gazza, corvo e perfino la volpe, incubo dei pollai. Il cavallo è con il leone e
il drago il più rappresentato nei bestiari; strumento fondamentale per il
trasporto, ma anche per la guerra, in quei secoli non si mangiava.
Una delle
cose che più colpisce nei capitoli del libro di Pastoureau è l’estrema
ambivalenza che promana da tutti gli animali. Gran parte è reputata lussuriosa
e i loro costumi sessuali – spesso fantasiosi – sono oggetto di accurate
indagini e classificazioni.
L’animale
che attira la maggior attenzione è tuttavia il drago, la creatura più instabile
della zoologia dei bestiari: a due piedi, a quattro, senza piedi, insieme
animale terrestre, celeste e acquatico. Nessun drago è positivo nel Medioevo e
molti autori sostengono che non muoiono mai. Polivalente e polimorfo, discende
da almeno quattro tradizioni che alimentano i bestiari: Bibbia, Oriente, mondo
greco-romano e mondo germanico. Il mondo marino, con le sue incredibili
creature, terrorizza uomini e donne di quell’età, tanto che ai marinai si
attribuisce un patto col diavolo. Chi abita sott’acqua è misterioso; più
piacevole sono gli uccelli, meglio conosciuti e prediletti. Ma è l’ultima
categoria, quella dei vermi, a stupire con le sue tassonomie. Sono vermi tutte
le larve e gli insetti, ma anche i piccoli topi e la lince, poi la talpa, i
gasteropodi, i molluschi e i crostacei, oltre al grillo e alla pulce.
Formiche e
api, cui è dedicata molta attenzione – sono puliti, e il Medioevo rifugge gli
odori –, appartengono alla medesima famiglia dei vermi. Del resto, anche per
noi sono animali particolari, per via della loro attività sociale, oltre che,
nel caso delle api, per la loro produzione. A loro sono dedicate le ultime
pagine del volume e, stante la nostra recente filmografia, dall’Ape Maia a Z la
formica, abitano ancora il nostro immaginario in modo complesso. I nostri
bestiari sono oggi più naturalistici di quelli medievali, ma pur sempre ad alto
contenuto simbolico: più che l’ossessione dell’impurità, è l’organizzazione
sociale ad attrarci, il rapporto tra individuo e collettività.
(Da: La
Stampa-Tuttolibri del 1 dicembre 2012)
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