31 dicembre 2012

BESTIARI








 Ho scoperto cosa fossero i Bestiari seguendo il lavoro appassionato di mia figlia  Irene alle prese con un manoscritto medievale in occasione della preparazione della sua tesi di laurea.
Per gli uomini del medioevo gli animali erano una presenza familiare, rassicurante e  minacciosa insieme. Ma, parlando degli animali, gli uomini di quel tempo, in realtà, parlavano di se  stessi e della loro società. Vizi, virtù, sogni e paure rappresentate  nelle coloratissime raffigurazioni di animali reali e fantastici.
Ripropongo di seguito la recensione di Marco Belpoliti di uno studio recente sui Bestiari medievali.


Marco Belpoliti - Tra leone e orso sfida per il trono

Se fosse per la cultura medievale né Peppa Pig, il personaggio televisivo oggi più amato dai bambini, né Shaun the Sheep, la pecora astuta dei film per ragazzi, potrebbero esistere. Il maiale era per l’Occidente cristiano una bestia immonda, impuro, dedito al cannibalismo, legato al diavolo, per quanto il mondo greco-romano, al contrario, lo valorizzasse sacrificandolo agli dei e apprezzandolo a tavola. La pecora, per i chierici medievali, era paurosa e ottusa, per quanto ritenuta dolcissima, simbolo di purezza e innocenza.

Nell’età di mezzo gli animali erano pensati simbolicamente, ci ricorda Michel Pastoureau, storico francese, in Bestiari medievali, il che significa che ogni essere vivente, reale o fantastico, veniva incluso nella storia culturale e non in quella naturale. Nel Medioevo l’immaginario è una realtà: esiste. In questo libro Pastoureau prende in esame l’universo animale utilizzando le descrizioni visive e scritte fornite nel corso di vari secoli dai libri miniati, in particolare dai bestiari, veri e propri cataloghi del mondo animale.

Già in un precedente volume, Animali celebri (Giunti), composto di brevi storie di animali, dal mondo classico ai giorni nostri, lo studioso di araldica, aveva raccontato le vicende del bue, dell’asino, del cavallo, delle scrofe e dei cani, sino ad arrivare a Topolino e Paperino, a Milù, il compagno di Tintin, e ai cinghiali di Obelix. Ora in Bestiari, libro magnificamente illustrato, crea una vera e propria catalogazione degli animali nel Medioevo. Nella zoologia di quei secoli ci sono cinque grandi famiglie: quadrupedi, uccelli, pesci, serpenti e vermi. I primi si dividono, poi, in selvatici e domestici. La coppia fondamentale dei quadrupedi selvatici è leone/orso, che si sono contesi il titolo di re degli animali, fino a che il leone ha prevalso, come ci ricorda anche la saga di Re Leone. L’orso, adorato sin dal paleolitico, vero re della foresta, è stato contrastato dalla Chiesa che l’ha detronizzato dal XII secolo. I quadrupedi domestici sono invece tutti quelli che vivono dentro e intorno alla casa: cane, gatto, le bestie della fattoria, ma anche ratto, topo, merlo, gazza, corvo e perfino la volpe, incubo dei pollai. Il cavallo è con il leone e il drago il più rappresentato nei bestiari; strumento fondamentale per il trasporto, ma anche per la guerra, in quei secoli non si mangiava.

Una delle cose che più colpisce nei capitoli del libro di Pastoureau è l’estrema ambivalenza che promana da tutti gli animali. Gran parte è reputata lussuriosa e i loro costumi sessuali – spesso fantasiosi – sono oggetto di accurate indagini e classificazioni.



 
L’animale che attira la maggior attenzione è tuttavia il drago, la creatura più instabile della zoologia dei bestiari: a due piedi, a quattro, senza piedi, insieme animale terrestre, celeste e acquatico. Nessun drago è positivo nel Medioevo e molti autori sostengono che non muoiono mai. Polivalente e polimorfo, discende da almeno quattro tradizioni che alimentano i bestiari: Bibbia, Oriente, mondo greco-romano e mondo germanico. Il mondo marino, con le sue incredibili creature, terrorizza uomini e donne di quell’età, tanto che ai marinai si attribuisce un patto col diavolo. Chi abita sott’acqua è misterioso; più piacevole sono gli uccelli, meglio conosciuti e prediletti. Ma è l’ultima categoria, quella dei vermi, a stupire con le sue tassonomie. Sono vermi tutte le larve e gli insetti, ma anche i piccoli topi e la lince, poi la talpa, i gasteropodi, i molluschi e i crostacei, oltre al grillo e alla pulce.

Formiche e api, cui è dedicata molta attenzione – sono puliti, e il Medioevo rifugge gli odori –, appartengono alla medesima famiglia dei vermi. Del resto, anche per noi sono animali particolari, per via della loro attività sociale, oltre che, nel caso delle api, per la loro produzione. A loro sono dedicate le ultime pagine del volume e, stante la nostra recente filmografia, dall’Ape Maia a Z la formica, abitano ancora il nostro immaginario in modo complesso. I nostri bestiari sono oggi più naturalistici di quelli medievali, ma pur sempre ad alto contenuto simbolico: più che l’ossessione dell’impurità, è l’organizzazione sociale ad attrarci, il rapporto tra individuo e collettività.

(Da: La Stampa-Tuttolibri del 1 dicembre 2012)



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