"Se ognuno al mondo sapesse distinguere il trasmettere dal comunicare, il mondo sarebbe diverso […]
Occorre il coraggio, non solo intellettuale,
di chiamare comunicazione soltanto il sistema in cui ogni
partecipante coinforma e corrisponde" (1)
Danilo
Dolci riuscì a costruire una rete di collaboratori che si
interrogarono in profondità sul senso del comunicare e sulle sue
implicazioni sociali, politiche e umane. Nel 1988 lancia
un'iniziativa per la costituzione di un Manifesto sulla
comunicazione. È consapevole dei pericoli connessi alla cosiddetta
"comunicazione di massa", ossia del dilagare della
televisione e degli altri mass-media che non generano più un vero
contesto comunicativo, ma soltanto trasmissivo, unidirezionale.
E'
molto preoccupato dall'unilateralità del nuovo modo di comunicare,
che influenza i destini relazionali, impedendo un rapporto diretto e
immediato; ma più che altro ne faceva una questione di potere: chi
controlla la comunicazione globale acquista un potere enorme, che va
messo in discussione e controllato. Al manifesto sulla comunicazione
prendono parte i suoi amici di tutto il mondo, grandi personaggi
della cultura internazionale tra i quali Galtung, Chomski, Freire,
scienziati come Rubbia, Levi Montalcini, Cavalli Sforza, protagonisti
della cultura della solidarietà come don Ciotti e monsignor Bello in
Italia e Ernesto Cardenal in Sudamerica.
Tra le tante adesioni
al Manifesto riportiamo quella di don Ciotti:
"Siamo
immersi in una finta comunicazione a senso unico, incapace di
suscitare partecipazione creativa o intelligente reazione critica
senza le quali c'è solo un adattamento passivo alle proposte del
sistema, è la predisposizione per l'instaurarsi di altre
dipendenze"2
Dal manifesto emerge quanto
Dolci e i suoi collaboratori intendono per comunicazione: la
possibilità aperta a tutti di parlare, anche a coloro che
solitamente non hanno possibilità di esprimersi, di farsi ascoltare
e di ottenere una risposta. Per Dolci "comunicare non è
soltanto informare, scambio, codificazione e decodificazione, quanto
la condizione della – pur culturale e pur imprevedibile –
fecondità" (Dolci, 1988, p. 206-297). La comunicazione
quindi non come trasmissione, unidirezionale, ma un processo
bi-direzionale, in cui non c'è un emittente attivo e uno passivo, un
alto e un basso.
Nella Bozza del manifesto Dolci
denuncia i danni derivanti in ogni ambito da rapporti unidirezionali,
trasmissivi, violenti, e propone l'alternativa della comunicazione,
della maieutica reciproca, della nonviolenza. Si sottolinea con forza
la distinzione tra dominio e potere, in quanto il dominio genera una
società violenta:
"Come sostantivo, potere indica
potenzialità, forza, virtù, facoltà di operare, attitudine ad
influenzare situazioni, quanto è consentito dalla volontà e dalla
disponibilità del soggetto. Imparare ad esprimere il potere
personale è per ognuno un bisogno, pratico ed intimo, a diversi
livelli, connesso all'esigenza di essere creativo" (Dolci,
1997).
Il potere personale quando pretende di sottomettere
l'altro diviene dominio, è come una "malattia del potere",
che poi si esplicita nella possibilità di trasmettere
unidirezionalmente, non riconoscendo alla maggioranza il diritto di
realizzare il proprio desiderio di comunicare.
Nel campo educativo
questo dominio si manifesta per Dolci, nel trasmettere una verità
già pronta, una verità cui i ragazzi devono adeguarsi e ripetere,
l'apprendimento è trasformato in ripetizione di quanto hanno pensato
altri, non viene promossa un'educazione come sviluppo, come
promozione del potere di pensare.
In La comunicazione di
massa non esiste Dolci afferma che una delle falsità più
diffuse e sconvolgenti nelle più diverse lingue è chiamare
comunicazioni le trasmissioni. Il trasmettere può essere violento o
nonviolento, mentre il comunicare è essenzialmente sincero e
nonviolento, anche quando conflittuale: "Il trasmettere
è uno spedire che sovente ignora chi riceverà. Il comunicare
presuppone partecipazione personalizzata, attiva nell'esprimere e al
contempo nell'ascoltare, nel ricevere" (Dolci, 1987,
pp. 22-23).
Il comunicare per Dolci è connesso alla
creatività e alla crescita della persona, il vero comunicare
potenzia l'intimo segreto di ognuno, si esercita il proprio sano
potere e non dominio, e questo è una necessità per ognuno. Ad una
comunicazione creativa e attenta alla crescita della persona, si
oppone una tendenza insita nel mondo attuale che usa strumenti
unidirezionali (una scuola trasmissiva, la televisione, la
propaganda/pubblicità) in cui pochi guidano le sorti della
maggioranza rendendole passive, succubi.
Ad una cultura del
dominio corrisponde facilmente una visione dei rapporti
unidirezionali. Se non cresce la creatività di ognuno, individuo e
gruppo, tende a imporsi chi ha più potere. Anche una radio può
accontentarsi di rimanere unidirezionale fossile o ricercare di
sperimentare una radio maieutica, fu Dolci ad attivare nel 1970 in
Sicilia Radio Libera Partinico, per denunciare i ritardi dello stato
nel portare soccorso alle popolazioni terremotate del Belice, fu una
delle prime esperienze significative di radio libere in Italia.
Oggi
saper distinguere trasmettere da comunicare è operazione essenziale
alla crescita democratica del mondo, alla creatività di ognuno, che
se valorizzata comunitariamente acquista un enorme potere, ora non
utilizzato. Mentre il trasmettere rende passivi, non autonomi, non fa
crescere le potenzialità e la creatività presente in ogni persona,
la comunicazione autentica lo fa.
Dolci sottolinea nel suo
manifesto come molti strumenti di dominio sfuggano al controllo
democratico, alla coscienza popolare. La maggior parte della
formazione mondiale è concentrata, filtrata da pochi gruppi
dominanti. Solo la comunicazione permette di scoprire come ognuno
possa crescere creatura unica e diversa. Ciò che uccide è la paura
di essere creativi, il non poter comunicare, quindi se la
trasmissione è dominio, la comunicazione è potere. Il non poter
esprimersi, comunicare, il non usare il proprio potere ammala,
uccide. Dolci riporta le parole di un medico:
"in una
popolazione che non decide niente, non abituata a poter scegliere,
abituata a lasciar scegliere dagli altri, muore con la speranza la
salute. Sono senza speranza, disperati, perché non
sono partecipi".
Note
1 Dolci
Danilo, Bozza di manifesto "Dal trasmettere al
comunicare", Sonda, Torino, 1988.
2 Dolci
Danilo (a cura di), Comunicare, legge della vita, La
nuova Italia, Firenze, 1997.
Nessun commento:
Posta un commento