Un giurista di primo piano, il professore Michele Ainis, oggi su Repubblica- ed era ora! - interviene sottolineando come ogni emergenza è buona per ridurre a nulla il ruolo del Parlamento. Non è ammissibile che l'Italia di fatto sia "cobelligerante", uso un termine adoperato dal giurista Ainis, senza che ci sia stato un dibattito in Parlamento ma soltanto a seguito di una serie di decreti interministeriali imposti dall'alto. Si spezza la catena della democrazia nel paese!
Il Professore Ainis tira per le orecchie il Presidente del Consiglio che è andato a riferire a Parlamento Europeo Ma che non ha riferito a Montecitorio sull'evoluzione della guerra, come aveva promesso il 26 marzo. Eppure il Parlamento dovrebbe essere costantemente informato e dovrebbe dibattere al suo interno quali e quante armi inviare in Ucraina. (Bernardo Puleio)
Dal Covid alla guerra, che cosa succede se il Parlamento viene dimenticato
di Michele Ainis
Ogni emergenza genera strane creature normative. Con la pandemia c'erano i Dpcm, con il conflitto tra Russia e Ucraina i decreti interministeriali. È un problema che tocca l'essenza stessa della democrazia
In Italia ogni emergenza genera strane creature normative. Con la pandemia i Dpcm, con la guerra i decreti interministeriali (chiamiamoli Dimn, si fa meno fatica). I primi sono atti individuali del presidente del Consiglio sottratti al controllo delle Camere, della Consulta, del capo dello Stato; eppure decidevano sulle nostre libertà.
I secondi decidono sulle armi da inviare in Ucraina, ma senza farcelo sapere, dato che l'elenco è secretato. Fin qui ne sono stati adottati un paio; adesso ce n'è in vista un terzo, sempre a firma del ministro della Difesa, a mani giunte con il ministro degli Esteri e quello dell'Economia. E trovano la propria scaturigine in una generica autorizzazione di legge (la n. 28 del 5 aprile scorso), come accadeva, peraltro, anche rispetto ai Dpcm.
Ma che cos'è un Dimn? In breve, è un regolamento governativo, dunque una fonte del diritto, però d'infimo grado. Giacché si colloca in una "sottospecie" di regolamenti - diceva Livio Paladin - situata in una "microgerarchia": e infatti i Dimn sono subordinati ai regolamenti deliberati dal Consiglio dei ministri, che a loro volta restano subordinati alle leggi.
Da questo sottoscala del diritto passano missili e cannoni, e passano altresì i distinguo dei partiti. Giusto aiutare l'esercito ucraino soltanto con armamenti difensivi, sostengono ad esempio Forza Italia e i 5 Stelle. Sennonché la distinzione tra armi offensive e difensive è un mistero della fede: una rivoltella puoi puntarla contro l'uomo che intendi rapinare, oppure contro il rapinatore per metterlo in fuga. E il mistero diventa ancor più misterioso se non conosci nemmeno l'arma che stai usando, se quest'ultima è top-secret.
Da qui un problema che tocca l'essenza stessa della democrazia, in pace come in guerra. Perché la democrazia consiste, in ultimo, nel rendiconto quotidiano sull'esercizio del potere. Non nell'anarchia, non nella negazione del rapporto fra governanti e governati, attraverso il miraggio d'una società senza potere. Bensì nella sottoposizione del potere a limiti e controlli. Esige dunque trasparenza, per valutare le decisioni di governo.
Come diceva Bobbio, la democrazia è "il potere del pubblico in pubblico". Sicché il governo risponde al Parlamento, che a sua volta risponde ai cittadini. Una catena di comando, ma il comandante in capo resta pur sempre l'elettore, il popolo votante.
Questa catena, adesso, si è spezzata. Draghi ha messo in calendario un intervento dinanzi al Parlamento europeo, non a quello italiano, dove la sua voce manca dal 23 marzo. Eppure una risoluzione votata il 1º marzo dalle Camere impegnerebbe l'esecutivo a tenerle "costantemente informate" sugli sviluppi della crisi.
Ovvio, dato che il Parlamento - dichiara l'articolo 78 della Costituzione - è l'unico organo che può deliberare sulla guerra. Ovvio due volte, se nel frattempo cambia la natura del conflitto, se dal soccorso alla resistenza ucraina si passa al confronto militare con i russi. Ovvio tre volte, se siamo ormai co-belligeranti a distanza. E infatti l'urgenza d'un dibattito parlamentare viene sollecitata non solo da Conte o da Tajani, ma anche da Del Rio e dalla sinistra del Pd.
C'è del resto un'ultima ragione per sostituire l'autorità del Parlamento alla decisione autoritaria dei decreti interministeriali. Perché il Parlamento, si dice, è lo specchio del Paese. Ma il Paese si rispecchia in questa guerra? È d'accordo sui mezzi con cui la stiamo fronteggiando?
A leggere i sondaggi, non parrebbe. La percentuale di italiani contrari ad armare l'Ucraina viaggia dal 46% stimato da Euromedia Research al 48% secondo Swg e Ipsos, fino al 94% dell'Istituto Piepoli. Idem circa l'aumento delle spese militari, cui s'oppone una larga maggioranza. Magari avranno torto, ma è bene farglielo sapere. Con un dibattito parlamentare, non con un Dimn.
Michele Ainis , LA REPUBBLICA 6 MAGGIO 2022
Ringrazio Franco per avere inserito il mio commento all'articolo del professore Ainis del quale Condivido pienamente lo spirito. Il titolo qui inserito nel blog non ha nulla a che vedere col mio commento. Bernardo Puleio
RispondiElimina