Sabato prossimo a Bolognetta si presenta il libro di Ciccinu Salernu.
Di seguito una nota di SANTO LOMBINO sul poeta popolare:
Francesco “Ciccinu” Salerno, nato a Bolognetta (Palermo) nel 1922, scomparso nel 2011. Suo padre era Giusto Salerno, emigrato negli Stati Uniti, dove ha imparato l’arte dei cuntisti e dei pupari, tornato in occasione della prima guerra mondiale.
Francesco ha frequentato alcuni anni di scuola elementare ed ha lavorato tutta la vita come contadino-mezzadro e bracciante agricolo. Sposatosi con Giuseppina Benanti, ha avuto da lei tre figli, due femmine ed un maschio. Fornito di modi modesti e semplici e di spirito vivace e arguto, è diventato un poeta spontaneo e popolare, pronto a prendere la parola nelle ricorrenze più importanti della comunità. In seguito ad un ictus cerebrale, è stato colpito progressivamente da paralisi ed ha vissuto nove anni a letto, amorevolmente assistito dai familiari.
Già nei cortei itineranti di Carnevale degli anni ‘40, ma anche dei decenni successivi, e poi nelle feste di piazza, nelle feste matrimoniali di parenti, amici, semplici conoscenti, la sua voce ha descritto, con un forte uso della recitazione a memoria, realtà e punti di vista, esperienze di vita e modi di pensare del mondo contadino. Un mondo che ha dovuto affrontare la grande mutazione antropologica seguita alla seconda guerra mondiale, mutazione che, come cantava Luigi Tenco, ha fatto “saltare cent’anni/in un giorno solo/ dai carri dei campi/agli aerei del cielo”. Mentre per il periodo precedente rimane solo traccia di qualche componimento poetico, negli anni ’90 del XX secolo Francesco Salerno ha trascritto di proprio pugno, con grafia personalissima, un gruppo di poesie nel siciliano in uso nell’entroterra palermitano, in cui affronta la situazione sociale e politica del tempo, i mutamenti rapidi e frastornanti dei costumi e delle condizioni di vita negli anni Sessanta, l’eterno contrasto tra i generi, le stesse vicende familiari e personali dell’autore. Vengono raccontate infatti con grande ironia e sarcasmo gli acciacchi dell’autore ormai avanti nell’età, costretto a passare da una visita medica all’altra, poi sottoposto ad intervento chirurgico. L’opera viene trascritta dallo stesso Salerno su altri tre quaderni di scuola, con una precisa numerazione dei componimenti stessi, a volte aperti da un preambolo-regesto per contestualizzarne e spiegarne sinteticamente l’intenzione autoriale ed il contenuto.
Le testimonianze, in qualunque forma si presentino, di chi, come il nostro poeta è nato nella prima parte del Novecento e ha vissuto le profonde trasformazioni della società durante i “trenta gloriosi” (1940-1970), sono utili a costruire legami tra la comunità e chi è nato nella seconda metà del XX secolo o in questa prima parte del XXI. Nelle società umane noi siamo insieme agli altri, e costruire la memoria vuol dire stabilire la connessione tra l’esistenza del singolo e il tessuto collettivo e connettivo dei processi storici. La memoria quindi è intreccio di esperienza e narrazione e viene a costituire la mappa per orientarsi non solo nel passato, ma anche nel mondo contemporaneo, per collocarsi all’interno della vita sociale in modo utile a sé stessi e alla comunità. (Santo Lombino)
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