Il bullismo secondo Draghi
I feroci guerrieri dell’Azov non si arrendono. Mariupol è russa da tempo, il mare d’Azov ormai anche, ma loro non si arrendono. Vogliono diventare eroi? Morire dentro l’acciaieria? Essere uccisi mentre provano una sortita suicida? Credo, invece, che alla fin fine avranno una sorte migliore di molti loro connazionali. Saranno pure neonazisti, ma sono pur sempre soldati, e non dei civili bombardati e disperati.
I bombardamenti a distanza proseguono e continuano le sirene, le distruzioni, le stragi a caso. La resistenza a terra è forte, ma è proprio per questo che si bombardano le città e i villaggi: perché non si avanza velocemente. È la frustrazione dei russi, che nasce da una capacità di difesa ucraina dopata dai nostri armamenti, a generare disastri.
L’esercito ucraino poi entra nelle città, colpisce da lì e immediatamente lascia il terreno. I russi, credendo che i militari vi siano ancora, bombardano le case e i loro abitanti. Tattica che va quindi a discapito ulteriore dei civili stessi, presi in mezzo tra le due forze armate.
La situazione, rispetto alle fandonie anglo-americane dell’inizio, è cambiata: non è più una guerra difensiva. Tutti sembrano d’accordo. Ma quasi tutti sono d’accordo sulla nuova fandonia anglo-americana: Vladimir Putin va reso inoffensivo, sconfitto, esautorato. È una cosa molto diversa, no? Ma il governo insiste: vale il voto di due mesi e mezzo fa, non c’è bisogno di nuovi mandati.
I 5Stelle, sempre più emarginati, chiedono il voto e protestano contro il loro stesso ministro degli Esteri, che li ha mollati da tempo per fare carriera e tace. La Lega sbotta, ma segue il carro dei vincitori, come una mosca cocchiera. Nessuna opposizione, se non nei malumori repressi del paese.
Intanto, il presidente del consiglio va a incontrare degli studenti nel veronese. Racconta loro la storiella del bambino piccolo che incontra un grande bullo, che vorrebbe picchiarlo. Ma il piccolo ha dei buoni amici che lo aiutano e lo difendono, picchiando a loro volta il bullo.
«È come se vedessimo uno grosso-grosso dare schiaffi a uno piccolo-piccolo – ha spiegato Draghi ai ragazzi, prima di fare una foto che sta facendo il giro del web perché lui, a differenza degli alunni, compare senza mascherina – E noi che facciamo, l’istinto qual è? È quello di andare lì, dire di smetterla, aiutare il piccolino. Quello che è successo in Ucraina è che il piccolino è diventato sempre più grande e ora si ripara bene dagli schiaffi… Prima di tutto perché è stato aiutato da tutti gli amici, in tantissimi modi…»
Tutto questo viene fatto passare per un messaggio pedagogico-educativo. Quindi il problema non è la violenza, se sei abbastanza forte per difenderti. Il problema è la debolezza, cioè il non essere abbastanza competitivo e aggressivo (ma, se vuoi, puoi diventarlo e così ce la puoi fare a vincere…). Quindi, meglio girare sempre armati, come si fa negli Usa. E poi ci si stupisce che i piccoli bulli crescano…
Enrico Euli, ricercatore presso l’Università di Cagliari, ha aderito alla campagna “Dieci anni e più”:
“Quante ce ne hanno date… ma quante gliene abbiamo dette!”, diceva il saggio. Auguri, lunga vita e lunga marcia a tutti voi (e noi)!
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