24 aprile 2024

GUAI AI POVERI

 



Hanno vinto i ricchi

Cristina Formica

24 Aprile 2024


Guai ai vinti: dalla letteratura romana antica in poi, il detto latino Vas Victis spiega che la guerra vince su tutto, causando morte e distruzione tra le popolazioni conquistate. È fondamentalmente questo il terrore che ci muove oggi, periodo nel quale la guerra è rappresentata all’opinione pubblica occidentale come una medicina, la nostra salvezza di popoli civili; sappiamo bene che i conflitti armati creano solo orrori, che arricchiscono la ricchezza di quella parte dell’umanità già molto ricca.

Tra le guerre che tornano ciclicamente possiamo annoverare quella mai sopita contro chi non ha niente: Guai ai poveri. La faccia triste dell’America, prezioso saggio socio-economico scritto dalla giurista Elisabetta Grande, spiega come il capitale fa la guerra tutti i giorni, anche nel seno della cosiddetta grande democrazia statunitense. Il meccanismo che l’autrice descrive e spiega, con grande autorevolezza, racconta come il processo di impoverimento di milioni di statunitensi parta dall’appropriazione legalizzata delle risorse, convogliate attraverso leggi e decisioni giuridiche direttamente nelle casse già strapiene di chi ha tutto. La guerra ai poveri nasce, da sempre, dall’assunto che alla fine ce lo meritiamo di essere nullatenenti: gli editti per cacciare i mendicanti e i vagabondi (coniugati al maschile, ma alle donne non è mai stato accordato un aiuto maggiore, anzi) sono antichissimi, presenti in ogni regno, stato e nazione antica e moderna. Negli Stati Uniti, prima ancora dell’abolizione dello schiavismo, i vari ordinamenti giuridici sancivano norme contro il vagabondaggio e la povertà, identificando questi fenomeni sociali come “pestilenza morale”, da combattere come se fosse una malattia fisica, da contrastare e punire.

Così si scopre che l’adorabile James Stewart del film La vita è meravigliosa applicava, nel costruire case per i più poveri, una nuova legge voluta da Roosvelt, che promuoveva l’edilizia pubblica e affitti calmierati per la parte più indigente della popolazione dopo la grande crisi del 1929, misura via via abbandonata perché costruì in parte ghetti che fissarono, nell’opinione pubblica americana, il fallimento della misura emergenziale. Gli interventi pubblici si trasformarono perciò in sovvenzioni economiche; negli anni Ottanta andò al potere un ex attore di Hollywood, che diede il via all’inversione di tendenza, ovvero al sostegno pubblico ai ricchi e alla colpevolizzazione dei poveri e di chi si prodigava per aiutarli.

Elisabetta Grande ci guida nel capovolgimento dello stato sociale statunitense, realizzato da tutti i presidenti da Reagan in poi, che portò a diminuire i fondi per gli aiuti ai più bisognosi, garantendo ai più ricchi sgravi fiscali e maggiori sovvenzioni proprio dal pubblico. Contemporaneamente, leggi e sentenze riscrissero la società statunitense, insieme ai grandi accordi internazionali come il NAFTA, accordo nordamericano che dal 1994 garantisce ancora più la ricchezza, tagliando i costi lavorativi e i salari. All’epoca, la presidenza di Bill Clinton continuò sia l’impoverimento di milioni di persone, sia il grande vantaggio per chi aveva già più di tutto: i dati riportati sono agghiaccianti, l’1 per cento della popolazione più ricca accumula più ricchezza del restante 90% più povero; il 10 per cento dei ricchi detiene, nei primi anni del nuovo millennio il 77,2% della ricchezza totale. Dopo, tutto è andato ancora peggio.

Il libro spiega perfettamente come la povertà, e l’odio verso di essa, sia veicolata da leggi, ordinanze, decreti, sentenze: l’avversione ai poveri diventa istituzionale, coinvolgendo anche chi si ribella e prova ad assistere chi ha meno, grazie a divieti e multe dirette a chi distribuisce pasti, presta terreni per dormire, sostiene umanamente le persone meno fortunate; in diversi stati diventa proibito dormire in macchina, oltre che nei parchi pubblici, raccogliere rifiuti da rivendere per ottenere i soldi necessari a un pasto o una doccia; il rischio è la prigione, altro business che promuove ricchezza per i ricchi e toglie ancora di più a chi ha già bisogno. Contemporaneamente, la classe lavoratrice continua a perdere drammaticamente salario e potere di acquisto, per cui Oxfam America e Economic Policy Institute affermano, nel 2015, che la paga oraria per metà dei lavoratori e lavoratrici è al limite della sopravvivenza.

La beffa che Guai ai poveri spiega benissimo è quella che permette ai ricchi di esserlo ancora di più, anche grazie all’intervento rispetto alla povertà: molte istituzioni prevedono misure di sostegno emergenziale che tolgono altre risorse e costano molto di più alla collettività, andando a rendere la questione povertà ancora più drammatica: ad esempio, la municipalità di San Francisco spende 80.000 dollari all’anno per spese di arresti, prigione e ambulanze per ogni homeless, se invece queste persone fossero prese in carico, la spesa scenderebbe a 20.000 dollari annuali a persona assistita.

Guai ai vinti, insomma, un po’ in tutte le cosiddette grandi democrazie: anche in Italia la povertà è in costante crescita, schiere e schiere di donne e uomini che dormono per strada nelle grandi città; le misure di diversi sindaci di impedire la sosta, attraverso ad esempio alle panchine costruite per non far sdraiare le persone, pone anche qui l’accento sul fatto che la povertà è non solo un problema, ma spesso un crimine. Ed essere tra le nazioni con gli stipendi più bassi d’Europa ci indica, insieme ai continui tagli alla spesa sociale, che il futuro italiano ricalcherà il peggio del non welfare statunitense.

Inutile forse specificare che i meccanismi capitalistici vanno a rendere ancora più a rischio le famiglie monogenitoriali: le donne sole (e, negli Stati Uniti, quelle di origine afroamericana soprattutto) con figli sono quelle che pagano di più la doppia espulsione, dal mondo del lavoro e dal diritto alla casa; senza nessun dubbio, Elisabetta Grande spiega bene come, se lavori, perdi quei piccoli contributi che permettono a queste famiglie di sopravvivere. Negli Stati Uniti, più di 3 milioni di bambini e bambine fanno parte di famiglie che dispongono di meno di 2 dollari al giorno per le esigenze primarie quali mangiare e abitare sotto a un tetto. Sono milioni i bambini che, nella nazione più ricca del mondo, vivono per strada e, secondo l’opinione pubblica generale, la colpa di essere poveri è loro, delle loro madri, delle loro famiglie.

I ricchi ringraziano, d’altronde sono lori i vincitori.


Elisabetta Grande – Guai ai poveri. La faccia triste dell’America. Edizioni Gruppo Abele, Torino, 2017 14,00 €

Non ho trovato granché delle pubblicazioni di Elisabetta Grande nelle biblioteche italiane, magari in quelle universitarie i suoi titoli sono più presenti



Questo articolo fa parte di Granai per la mente, uno spazio dedicato ai libri a cura di Cristina Formica (sociologa, femminista, autrice di È capitato anche a me. Diario delle molestie nella vita di una donna, edito da Red Star Press)

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