25 aprile 2024

POESIE DI LOTTA E DI RESISTENZA SCELTE DA ERRI DE LUCA

 



Grido, non serenata. Poesie di lotta e di resistenza


Insistendo sull’urgenza di questo 25 aprile, ospito qui alcune poesie (Ángel González, Fayad Jamís,Bertolt Brecht), di lotta e di resistenza, scelte da Erri De Luca per la raccolta Grido, non serenata, pubblicata da Crocetti. Ospito anche la sua nota introduttiva.

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Questa raccolta risponde all’insindacabile opera del caso che qui si è manifestato in forma di scaffali affastellati di libri di poeti accumulati da mio padre, poi da me. Li ho sfogliati in cerca delle pagine da offrire, non più di qualche poesia per ogni poeta. La parola per me comprende femminile e maschile. L’ho imparato da Anna Achmatova che si dichiarava poeta e non poetessa. In russo le due parole sono uguali alle nostre. Sono pagine da condividere leggendole alla tavola di una sera che si prolunga e che lubrifica col vino le corde vocali. Sono poesie da dire, pronunciare aggiungendo il proprio fiato. Evito il verbo recitare che in parte le falsifica. Tra i dischi di mio padre alcuni erano incisioni di versi letti da attori. Calcavano coi toni della voce impostata, appunto: recitavano. Chi dice un verso muove anche le labbra di chi lo ha scritto. La poesia permette questa coincidenza e quella di ispirazione politica accomuna i sentimenti di giustizia di chi ha scritto e di chi legge. Qualche poeta è stato un incontro e mi ha ribadito nelle convinzioni. Qui ne cito uno soltanto, a nome dell’insieme. Ante Zemljar partigiano jugoslavo, prigioniero prima dei fascisti italiani poi dei suoi stessi compagni dopo la guerra, a causa di divergenze. Questa prigionia fu la peggiore, a spaccare pietre sopra l’Isola Nuda, a subire percosse di guardiani. Anche lì di nascosto, su carta da imballaggio di cemento e con un carboncino, scriveva dei versi veloci che nascondeva sottoterra.  Ne sono stato amico. In questa raccolta manca per difficoltà varie, ma non manca a me. Con questa nota lo segnalo a chi vorrà cercarlo.

Ne sono stato amico. In questa raccolta manca per difficoltà varie, ma non manca a me. Con questa nota lo segnalo a chi vorrà cercarlo. Ho fatto parte di una gioventù politica che aveva dalla sua la quantità numerica e l’istruzione superiore, miscela che fu allora detonante. Ho fatto parte di una massa critica intransigente e perciò avversata con l’antico sistema delle prigioni. Cerco nei poeti il grido, non la serenata. Qui ci sono quelli che mi è capitato di raccogliere durante la mia già lunga durata. Mancano arbitrariamente tutti gli altri che chi legge potrebbe aspettarsi di trovare. La scelta è tanto occasionale quanto personale, lacunosa come si addice a chi, leggendo spesso, si è fatto un’idea di quanto ha tralasciato. Non mi sono permesso di includere alla collezione una mia poesia. Resto nelle retrovie di questo libro, da addetto al suo rifornimento.

Erri De Luca

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Ángel González
(Oviedo 1925 – Madrid 2008)

Lo sconfitto

Dietro sono rimaste le macerie:
fumanti brandelli della tua casa,
estati incendiate, sangue disseccato,
su cui s’ingrassa – ultimo avvoltoio –
il vento.

Tu ti metti in viaggio, e vai avanti
verso il tempo detto a ragione futuro.
Perché nessuna terra
possiedi,
perché nessuna patria
è né sarà mai tua,
perché in nessun paese
può radicare il tuo cuore disabitato.

Mai – ed è così semplice –
potrai aprire un cancello
e dire solo questo: “Buongiorno,
mamma”.
Anche se effettivamente il giorno è buono,
c’è grano nelle aie,
e gli alberi
stendono verso di te i loro stanchi
rami, offrendoti
frutti e ombra per farti riposare.

Traduzione di Dario Puccini 

Fayad Jamís
(Zacatecas, Messico 1930 – L’Avana 1988)
Per questa libertà

Per questa libertà di canto sotto la pioggia
bisognerà dar tutto
Per questa libertà di essere strettamente legati
alle salde e dolci viscere del popolo
bisognerà dar tutto
Per questa libertà di girasole aperto nell’alba di fabbriche
accese e di scuole illuminate
e di terra che scricchiola e di bambino che si sveglia
bisognerà dar tutto
Non c’è alternativa se non la libertà
Non c’è cammino che la libertà
Non c’è altra patria che la libertà
Non ci sarà poema senza la violenta musica della libertà
Per questa libertà che è il terrore
di quelli che sempre la violarono
in nome di fastose miserie
Per questa libertà che è la notte degli oppressori
e l’alba definitiva di tutto il popolo ormai invincibile
Per questa libertà che illumina le pupille infossate
i piedi scalzi
i tetti sforacchiati
e gli occhi dei bambini che vagavano nella polvere
Per questa libertà che è l’impero della gioventù
Per questa libertà

bella come la vita
bisognerà dar tutto
se fosse necessario
perfino l’ombra
e non sarà mai abbastanza.

Traduzione di Marcelo Ravoni e Antonio Porta

Bertolt Brecht
(Augusta, Germania 1898 – Berlino Est 1956)


Mio fratello aviatore

Avevo un fratello aviatore.
Un giorno, la cartolina.
Fece i bagagli, e via,
lungo la rotta del sud.
Mio fratello è un conquistatore.
Il popolo nostro ha bisogno
di spazio. E prendersi terre su terre,
da noi, è un vecchio sogno.
E lo spazio che s’è conquistato
è sui monti del Guadarrama.
È di lunghezza un metro e ottanta,
uno e cinquanta di profondità.

Traduzione di Ruth Leiser e Franco Fortini


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