20 aprile 2024

LA TELEVISIONE PUBBLICA E IL GOVERNO MELONI NON VOGLIONO CHE SI PARLI DI FASCISMO E ANTIFASCISMO

 


Che il monologo di Antonio Scurati sul 25 aprile, censurato dalla Rai, diventi un coro a voce alta


Questa sera, nel corso della trasmissione Rai Che Sarà, Antonio Scurati avrebbe dovuto leggere un testo dedicato al 25 aprile e all’antifascismo. Ma questo intervento non ci sarà. È stato cancellato. Ne ha dato notizia la conduttrice del programma censurato, Serena Bortone. Le parole del monologo sono poi state pubblicate sul sito di Repubblica, e da lì le riprendo. La Rai, soprattutto l’informazione Rai “governata” dalla destra, sta censurando moltissimi fatti e notizie che riguardano da vicino le nostre vite e i nostri bisogni. Ma il bavaglio messo a uno scrittore che voleva parlare di antifascismo, Liberazione e quindi delle radici della nostra democrazia è evento che merita di scatenare un !Ya basta! collettivo, e il suo monologo dobbiamo poterlo leggere dappertutto, anche sulla pagina di questo blog culturale e libero che, senza la Resistenza e la Liberazione, non sarebbe proprio esistito. La destra non dovrebbe dimenticare, poi, che la Rai è servizio pubblico, e che la paghiamo tutti noi. Cioè la destra post-fascista non dovrebbe dimenticare che, anche se governa questo Paese, è minoranza in questo Paese. Mentre la maggioranza delle italiane e degli italiani – maggioranza purtroppo non elettorale ma numerica sì – non solo non è fascista ma è abitata da una componente ancora vitale di antifascismo. Quella voce, viva e vegeta, c’è ancora e saprà farsi ascoltare. Anzi cominciamo subito.

https://www.nazioneindiana.com/2024/04/20/che-il-monologo-di-antonio-scurati-sul-25-aprile-censurato-dalla-rai-diventi-un-coro-a-voce-alta/


Il monologo di Antonio Scurati

«Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924. Lo attesero sotto casa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro. Mussolini fu immediatamente informato.

Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania. In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944. Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati.

Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via.

Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale, la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023).

Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana.»

 


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