Una doppia figura umana iscritta in un quadrato e in
un cerchio, una rappresentazione simbolica del cosmo che sostanzia una visione
positiva del mondo. Il problema è se in un universo senza più centro come
l'attuale questa visione conservi un senso o non ci parli invece il linguaggio
della nostalgia di un sogno rimasto tale.
Melania Mazzucco - L' Uomo vitruviano di
Leonardo
Torniamo a
Roma, alla corte di papa Leone X - l' amico degli scrittori, il protettore di
Raffaello, il mecenate prodigo, il cacciatore miope. Tra i pittori che ospita
in Vaticano, dal 1513, c' è anche Leonardo da Vinci. Al servizio di Giuliano
de' Medici, alloggia in un appartamento al Belvedere. Lo accompagna la fama di
genio universale, ma la sua creatività declina. Inquieto, malaticcio, non più
giovane, a disagio in una città estranea, Leonardo non conclude neanche un'
opera. Prosegue i suoi studi sul movimento, sull' anatomia, sull' idraulica
(progetta di risanare le paludi pontine); disegna alluvioni, addomestica
lucertole e fabbrica "palloncini" con le budella di montone. Quando
il papa gli commissiona finalmente un quadro, Leonardo risponde che comincerà a
distillare oli ed erbe per preparare la vernice. Comprendendo che mai lo
realizzerà, Leone X esclama: «ohimè, costui non è per far nulla, da che
comincia a pensare alla fine innanzi il principio dell' opera!».
La
molteplicità degli interessi di Leonardo, che è la prova del suo genio, è anche
il suo limite. Sa troppe cose e cerca di sapere quelle che ignora. Tutto lo
interessa, lo assorbe, lo appassiona: il cuore di un bue e il cadavere di un
centenario, il feto nell' utero e il sorriso ineffabile di Giovanni Battista, le
macchine, le maree, i colori. È dispersivo, disordinato, inconcludente; sembra
mancare di una dote necessaria: la sintesi. Da vecchio, lui che ha studiato e
sperimentato ogni cosa, giungerà a concludere di aver sprecato il suo tempo
(!). Ma è vero che realizza solo un' infima parte di ciò che potrebbe. Gli
appunti che dissemina sui fogli non diventano libri. Scoperte e intuizioni
annotate in caratteri sinistrorsi restano private. Eppure, nella sua
affascinante produzione grafica, c' è un disegno che è l' esempio più perfetto
della sintesi. Di arte e scienza. Di pensiero e immagine. Di spirito e materia,
linea e parola. È chiamato "l' Uomo vitruviano", perché sul foglio
Leonardo ricorda Vitruvio e si propone di rappresentare visivamente il canone
delle proporzioni ideali del corpo umano che lo stesso Vitruvio, vissuto nel II
secolo d. C., aveva elaborato nel libro III del suo De Architectura.
Che il corpo
umano, inscrivibile nel cerchio e nel quadrato, sia figura geometrica per
eccellenzaè per Vitruvio una verità funzionale: il complesso calcolo di
proporzioni e misure delle parti del corpo gli serve come paradigma per la
creazione di un' architettura armonica. Quel libro, Leonardo forse non l' aveva
neppure letto. "Omo sanza lettere", non conosceva il latino: cominciò
a studiarlo solo a quarant' anni. Del trattato parlavano tutti, comunque, da
quando era stato citato da Leon Battista Alberti, pubblicato da Sulpicio di
Veroli e studiato dal frate matematico Luca Pacioli. E l' architetto Francesco
di Giorgio Martini ci si era appena confrontato quando nel 1490a Pavia Leonardo
ebbe a che fare con lui e quando forse realizzò questo disegno. Non sappiamo se
quel passo lo interessò come architetto, come pittore, o solo come essere
umano.
L' immagine
la conoscete tutti. È un' icona della civiltà occidentale. È riprodotta sul
recto delle monete italiane da un euro. Sulle divise degli astronauti della
NASA, che la portano nel cosmo durante i loro viaggi. Su cartoline, magliette,
francobolli. Il foglio originale è custodito dal 1822 alle Gallerie dell'
Accademia di Venezia- protetto dalla luce e dagli sbalzi atmosferici. La carta
è fragile: viene esposto periodicamente. L' immagine, a penna e inchiostro -
assediata dalla microscopica scrittura leonardesca - raffigura un uomo nudo,
inscritto contemporaneamente (è la geniale trovata di Leonardo) nel cerchio e
nel quadrato. Le figure geometriche che Platone riteneva le più perfette, e che
nel Rinascimento simbolizzavano lo spirito e la materia. Però dire "un
uomo" è in un certo senso un' imprecisione. Infatti, pur avendo una sola
testa e un solo membro, l' uomo ha quattro gambe, e quattro braccia. È come se
lo vedessimo in movimento, o su due fotogrammi sovrapposti: a gambe divaricate
con le braccia aperte sopra le spalle; a gambe chiuse (la sinistra ruotata) con
le braccia a croce perpendicolari al busto. L' ombelico rappresenta il centro
dell' uomo inscritto nel cerchio (l' origine della sua parte spirituale); i
genitali il centro dell' uomo inscritto nel quadrato (l' origine della parte
fisica). Il microcosmo del corpo umano è riflesso del cosmo, è la misura di
tutte le cose.
Vi risparmio
i calcoli e le proporzioni di Vitruvio. Che Leonardo riporta, con qualche
variante, nella parte destra del foglio. Con una minuziosità delirante e quasi
poetica, indica quale deve essere la giusta distanza fra capelli e mento,
mammelle e testa, gomito e spalle, piede e ginocchio, e via dicendo. Non so se
davvero queste misure potessero servire a costruire templi, o se qualche essere
umano corrisponda a un simile ideale matematico di perfezione. Mi ricordo che
una volta da ragazzina, col decametro, mi misurai l' ampiezza delle braccia
distese, dalla punta dell' indice destro a quello sinistro. Poiché
corrispondeva alla mia altezza - come prescrive Leonardo - mi illusi che sarei
diventata un esemplare perfetto, speranza che purtroppo presto si rivelò
illusoria.
Comunque l'
elemento più affascinante dell' Uomo vitruviano per me non è la teoria
filosofica, cosmologica e umanistica che sottintende, né il corpo dell' uomo,
per quanto statuario: è il viso. Non astratto, anzi, individualizzato come un
ritratto. Duro e virile benché adorno di capelli medusei, quasi femminei. Non
giovane, già segnato da rughe d' espressione. E soprattutto gli occhi: fissi
davanti a sé eppure non rivolti allo spettatore, ma al di sopra di lui - verso
l' orizzonte, lo spazio, la posterità. Occhi penetranti, intelligenti,
indagatori. Non sono gli occhi sognanti dei personaggi di Leonardo, né di
Leonardo stesso - almeno, non quelli che si è dato negli autoritratti o che
aveva ricevuto dalla natura: soffriva di disturbi alla vista, e li proteggeva
con vezzosi occhiali dalle lenti azzurre. Ma sono i suoi occhi interiori:
quelli con cui guardava il mondo. L' Uomo vitruviano, nudo e disarmato,
trasmette qualcosa di invincibile: il coraggio del futuro.
(Da: La
Repubblica del 7 aprile 2013)
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