03 aprile 2013

RICCHI E POVERI NELL’ ITALIA D’OGGI




Il collante (e il motore economico) della società occidentale del dopoguerra è stato l'accesso degli strati popolari al consumo. Oggi la crisi (e la crescita del Sud del mondo) mettono in crisi questo modello e fanno riapparire differenze sociali che sembravano scomparse. E con il riapparire della ricchezza (e della povertà) in Italia sempre più la beneficenza prende il posto del diritto e la Caritas si sostituisce al Welfare State.

Roberto Bagnoli - Al 3% delle famiglie più ricche un quarto dei patrimoni

In Italia ci sono quasi ottomila famiglie (7.896) che hanno ognuna un patrimonio finanziario di oltre 10 milioni di euro per un totale di 134 miliardi di euro. E ben 164 mila e 781 quelle che posso vantare un tesoretto tra 1 e 5 milioni di euro. In tutto le famiglie che valgono oltre 500 mila euro ciascuna sono esattamente 606 mila e «controllano» 897 miliardi di euro, più della metà del Prodotto interno lordo (Pil). Le cifre complessive della ricchezza famigliare (di tutte non solo quelle con 500 mila euro) sono ovviamente più ampie: si tratta di 22 milioni di famiglie che si spartiscono una torta finanziaria (tra titoli, conti correnti, azioni) di 3.500 miliardi di euro. Ma il «cuore», la ricchezza dei ricchi, rivela che il 3% delle famiglie possiede circa un quarto di tutto il patrimonio finanziario (esclusi gli immobili) in circolazione.

A livello territoriale le sorprese maggiori. Solo a Brescia, capitale del tondino, ci sono 17 mila famiglie ricche (sempre sopra i 500 mila euro) con un patrimonio complessivo di 25 miliardi di euro, più dell'intera Liguria dove le famiglie ricche sono 19 mila e si fermano a 24 miliardi di euro. Così solo a Varese ci sono 11 mila famiglie con un patrimonio da 18 miliardi di euro, pari a quello accumulato da tutte le famiglie benestanti di tre regioni come l'Abruzzo, il Molise e la Calabria. E ancora: le 4.900 famiglie della provincia di Lecco hanno una ricchezza pari a quella di tutta la Sardegna. Naturalmente Milano fa la parte del leone con 71 mila famiglie che hanno accumulato beni finanziari per 148 miliardi di euro. E con il record di 2 milioni di euro in media per famiglia.

Ecco solo alcune delle inedite curiosità rivelate in un rapporto sul mercato del risparmio per imprese e famiglie realizzato da Prometeia per conto dell'associazione italiana del private banking (Aipb). Una delle sintesi che colpisce di più, come prova della grande disuguaglianza, è l'aumento della ricchezza anche nel corso del 2012 quando il Pil del Paese è sceso del 2,4%. Il patrimonio complessivo delle famiglie ricche (ripetiamo sono quelle con oltre 500 mila euro tra contanti e titoli vari) è infatti aumentato di circa il 2% anche se la crescita è quasi tutta imputabile alla rendita mentre la raccolta è scesa. «È la prima volta negli ultimi 4 anni che questo accade - commenta uno dei ricercatori Fabio Girotto di Prometeia - e questo si spiega con la decisione di molti imprenditori di mettere nelle aziende in crisi una parte delle risorse finanziarie».

I grandi patrimoni sono quasi tutti concentrati al Nord, un fenomeno che si è accentuato negli ultimi due anni. Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna da soli detengono il 68% del totale del mercato. Ma dove mettono tutti questi soldi i fortunati Paperoni italiani? Secondo un sondaggio Aipb il 30% circa finisce nella raccolta amministrata (di cui il 15% in Titoli di Stato), il 21% in risparmio gestito, il 20% in prodotti assicurativi e fondi pensione, 15% in obbligazioni bancarie e 14% in contanti. La crisi in qualche modo sta cambiando anche i comportamenti dei facoltosi imprenditori del Nord. «I prodotti assicurativi e nei fondi pensione, quelli considerati di "protezione" - spiega Girotto - stanno diventando sempre più prevalenti con una crescita del 15%».

Tutte queste cifre non tengono naturalmente conto dell'evasione, delle ricchezze nascoste nei paradisi fiscali. Nel 2008, per fare un esempio, cioè l'anno successivo all'ultimo scudo fiscale il private è cresciuto di oltre 30 miliardi di euro.

(Da: Il Corriere della sera del 31 marzo 2013)



Chiara Saraceno - Conti a posto e nuovi poveri

L’Italia è il paese della Ue che più ha sofferto del perdurare della crisi economica nel 2012, con un aumento della incidenza della povertà, della disoccupazione e una diminuzione della produttività. Dopo il quadro problematico tracciato dal Rapporto Istat/Cnel sul Benessere equo e solidale (Bes) pubblicato una ventina di giorni fa, seguito dall’allarme di Confcommercio è ora la Commissione Europea, nel suo Rapporto trimestrale sulla occupazione, a presentare l’immagine di un’Italia in cui una quota crescente di individui e famiglie fatica a far fronte ai propri bisogni, mentre aumentano i divari territoriali e le diseguaglianze sociali. I rischi di medio e lungo periodo, per gli individui, ma anche per il paese, sono intuibili: depauperamento e spreco di capitale umano e sociale, oltre che indebolimento della coesione sociale, a livelli che possono minare le possibilità stesse di cogliere le opportunità di ripresa, se e quando questa arriverà.

Come mostra il Rapporto Bes, il peggioramento della situazione aveva conosciuto già una forte accelerazione tra il 2010 e il 2011. Era aumentata la percentuale di persone che sperimentano condizioni di grave deprivazione e quella di individui (escludendo i pensionati) che vive in famiglie in cui non c’è neppure un occupato era infatti salita in questo periodo dal 5,1 al 7,2 per cento, con una particolare concentrazione nel Mezzogiorno e tra chi ha meno di 25 anni. Tra inflazione e riduzione dei redditi da lavoro, il potere d’acquisto in termini reali delle famiglie era diminuito del 5 per cento tra il 2007 e il 2011 e il trend è proseguito. Nei soli primi nove mesi del 2012 la percentuale di famiglie indebitate era quasi triplicata, dal 2,3 al 6,5 percento.

Dopo l’esempio di Cipro, anche i risparmiatori italiani sono legittimamente preoccupati che lo stato italiano, dopo aver basato il patto di stabilità sullo scarico di parte del debito pubblico sui creditori privati (le imprese che non vengono pagate), aggravando cosi la crisi occupazionale, oggi pensi di scaricare un’altra parte confiscando una quota della ricchezza privata. Ma non bisogna dimenticare che la capacità di risparmio per molte famiglie è venuta meno a seguito della crisi, lasciandole senza riserve e cuscinetti di protezione.

A fronte di questa situazione, il governo uscente e la sua ampia maggioranza bipartisan, dopo essersi avvitati in una riforma del lavoro che oggi neppure la Ministra che l’ha tenuta a battesimo ritiene efficace, hanno aumentato indiscriminatamente le imposte, anche per i redditi bassi. Salvo dichiarare unanimamente in campagna elettorale che esse vanno ripensate e ridotte, a partire dall’Imu.  L’aumento dell’Iva è sempre in agguato e se avverrà colpirà i ceti più modesti. Dopo aver assistito ad una campagna elettorale tra le più lunarmente lontane dal comune sentire e dagli affanni che tolgono il sonno a molti, noi cittadini ora assistiamo impotenti a schermaglie per la formazione, forse, di un nuovo governo. Questione morale, costi della politica. riforma elettorale. ministeri, presidenza della Repubblica—tutti temi certamente importanti—sembrano i nodi principali nelle negoziazioni in corso, più che le opzioni sulle specifiche misure da prendere per affrontare la crisi. La stessa Commissione Europea ci mette del suo a bloccare soluzioni e minare la fiducia.

Mentre con una mano denuncia l’inefficienza del nostro welfare, il disagio crescente, i rischi del mancato investimento in istruzione e ricerca, con l’altra pone vincoli rigidissimi al, tardivo e parziale, pagamento dei propri debiti da parte dello Stato.

Il sacrificio dei cittadini, la negazione dei principi di giustizia ed equità che ciò comporta, sembrano meno importanti dei “conti in ordine”.

(Da: La Repubblica del 29 marzo 2013)

1 commento:

  1. Pensieri in libertà
    Esistono i poveri? Chi sono i nuovi poveri? Si può fare un elenco lungo, con il rischio però di non essere esaustivi.
    Ritengo che molti di loro, a livello individuale, avessero bisogno di esprimere una protesta, hanno trovato un riferimento nel M5S di Grillo e sono risultati vincenti.
    Ma la vittoria sembra che si stia trasformando in una sconfitta, perché i loro eletti stanno rinunciando al potere che, inaspettatamente, si sono trovati nelle mani e lo stanno restituendo, paradossalmente, a coloro che vorrebbero contrastare. (Con la speranza di essere smentito dai fatti)

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