Nei suoi
lavori Mircea Eliade non ha mai smesso di ricordarci che anche in una
società largamente desacralizzata come la nostra i meccanismi profondi che
generano i miti sono ancora in funzione . Questo articolo ne è una
dimostrazione.
Emiliano
Morreale – ULISSE OGGI
In una
celebre tavola a fumetti di Andrea Pazienza, una professoressa del Dams di
Bologna interroga uno studente che vorrebbe portare a casa il suo bel 18. Lo
sottopone a una serie di domande sempre più insidiose su Apocalypse Now, sui
temi del viaggio, del fiume, del serpente. Fino a tramutarsi essa stessa in
serpente, suscitando una memorabile e irripetibile sfilza di insulti da parte
del ragazzo. Erano i primissimi anni Ottanta, e in Italia erano fortissimi
strutturalismo e semiotica, a volte intrecciati con elementi di psicanalisi.
In quello
stesso periodo, sull'altra sponda dell'oceano un consulente per le
sceneggiature della Disney, Christopher Vogler, scopriva un libro dello storico
delle religioni Joseph Campbell, L'eroe dai mille volti (1949), e si accorgeva
che tutto quel cercava stava lì. Vogler ne cavò un semplice schema, che
derivava dagli studi di Vladimir Propp sulle fiabe russe, con una spruzzata di
suggestioni del Ramo d'oro di Frazer e di archetipi junghiani, e buttò giù un
memorandum per le case di produzione, che a fine anni Novanta diventò un libro,
Il viaggio dell'eroe. Tutte le storie, sostiene Vogler, sono riconducibili a
uno schema elementare: l'Eroe riceve una Chiamata che lo strappa al suo Mondo
Ordinario e, istruito da un Mentore che vince la sua riluttanza, supera la
Prima Soglia, accede alla caverna più Profonda, affronta la Prova Centrale,
ottiene la Ricompensa e, dopo aver attraversato una Resurrezione, torna a casa
con l'Elisir.
Lo schema del viaggio, che messo
così sembra un manuale di istruzioni per un gioco di ruolo, può essere
utilizzato in tutti i generi cinematografici. La Prima Soglia sono Thelma e
Louise che sparano al molestatore, riluttanza è quella di Gary Cooper in
Mezzogiorno di fuoco, l'Elisir che Bogart ottiene alla fine di Casablanca è
"la bella amicizia" con Claude Rains, eccetera. Nel cinema di guerra,
il "viaggio dell'eroe" rende digeribili le "sporche
guerre", fa rientrare in un alveo dotato di senso le storie più crude, da
Platoon a Salvate il soldato Ryan. E due film hanno fatto l'uso più consapevole
e profondo degli archetipi davanti al dilemma di dover raccontare per primi la
"sporca guerra" per eccellenza", il Vietnam: Il cacciatore di Cimino
e, appunto, Apocalypse Now.
A noi
italiani, sospesi tra trucchi del mestiere e teorie astratte, questi manuali
(di Vogler, di Robert McKee, di Linda Seger) suona un po' strana, specie quando
si articola tra Guardiani della Soglia, Ombre o Shapeshifter, o quando
prescrive le durate approssimative di ogni fase del racconto: 30 pagine fino
alla Prima Soglia, poi una sessantina, e altre 30 per tornare con l'Elisir. In
effetti, Vogler ha ricevuto molte critiche e correzioni. In generale, il
"viaggio dell'eroe" funziona così così per descrivere la narrazione
filmica nel suo complesso, è efficace per produrre dei prodotti standard, ma si
basa molto su un particolare momento della storia del cinema americano: ossia
quando la generazione di Coppola, Scorsese ecc. fu sostituita da un cinema
"neoclassico", fatto spesso di remake, nemico dei finali aperti e
delle lentezze di ritmo.
Qualcuno ha
obiettato poi che il "viaggio dell'eroe" è un modello maschilista.
Tanto che la psicanalista junghiana Maureen Murock ha pubblicato Il viaggio
dell'eroina (Dino Audino 2010). Che però, non sembra modificare molto lo schema
da problem solving, con un determinato tipo di personaggi e di relazione con
l'ambiente. E tutto sommato, le agenti della Cia protagoniste della serie
Homeland o di Zero Dark Thirty portano con sé insicurezze e nevrosi, ma in
fondo non sono più problematiche o fragili di qualunque eroe del noir classico,
o dei personaggi di James Dean o Montgomery Clift.
C'è da dire,
comunque, che in America il "viaggio dell'eroe" sembra avere una
potenza particolare. Il viaggio dell'eroe (americano) al cinema e nella
letteratura torna in mille forme, si fa realista o fantastico, progressista o
conservatore. Il confronto con l'Altro diventa così sempre un confronto con se
stessi e i propri fantasmi, che si combatta in Iraq ( The Hurt Locker) o nella
Prima guerra mondiale ( The War Horse ). Ma quando funziona, il confronto col
mito, insieme al piacere della novità, dà quello di ritrovare l'eco di una
tradizione.
(Da: La
Repubblica del 10 marzo 2013)
Nessun commento:
Posta un commento