Proviamo a
leggere con gli occhi di oggi il ricordo del 25 aprile con un pezzo apparso
oggi su
GIOVANNI NUSCIS – 25 APRILE 2013.
LIBERAZIONI
La seconda
guerra mondiale e i suoi 443.000 morti, tra civili e militari. La fine di una
lunga dittatura e dell’occupazione dei tedeschi, dopo violenze, miserie e
distruzioni. Questo è il 25 aprile: il ricordo di una tragedia immane e della
sua conclusione. Non per merito di tutti gli italiani, ma grazie all’impegno di
circa 130.000 donne e uomini. Pochi, su una popolazione di 45 milioni di
abitanti. Il 25 aprile ci ricorda perciò anche altro, il nostro lato oscuro di
uomini, prima che di italiani, con la nostra incoerenza e leggerezza
insanabili: nell’inneggiare prima al duce e alla guerra, in piazza Venezia, per
poi insultarne il corpo appeso, in piazzale Loreto. L’Italia degli
stadi, di Domenica in dei tg1, dei canali Mediaset, del me ne frego, del
non voto, da una parte; e dall’altra, quella impoverita delle piazze e dei
cortei, sobria e capace di rinunciare e, allo stesso tempo, consapevole delle
ragioni e delle responsabilità. La storia è spesso mossa da ambiziosi e
narcisisti, ma anche da donne e uomini fuori dal coro, incuranti delle
conseguenze delle loro parole ed azioni, pur di affermare principi di
verità e giustizia, e di metterli in pratica. Il 25 aprile è l’esclusivo dono
di questa seconda categoria di persone, cosi come lo è la Carta costituzionale.
Noi, dopo
loro, abbiamo vissuto la normalizzazione e la paziente ricostruzione, la lenta
conquista di spazi e benessere. Siamo cresciuti pensando che anche la più
terribile delle guerre e dei regimi prima o poi finisce. Credendo nel lieto
epilogo, in un giustiziere disciolto nello scorrere del tempo, che
inesorabilmente ribalta ogni cosa in bene. Peggio della guerra e della fame,
del resto, cosa può esserci? La fede, ora, è assai spesso frutto
dell’acquiescenza e di un oblio incessante come un catino sfondato, che
nulla ritiene. Tutto si aggiusta, certo, prima o poi…
…Prima o poi
qualcuno arriva e ti restituisce il sorriso perso in questi anni, e la
speranza, e magari un po’ di soldi in più. Senza che si muova un dito,
naturalmente, come per miracolo, come da bambini per l’intervento del
padre e della madre. In fondo siamo rimasti piccoli, non siamo mai
cresciuti dentro un’attesa che si prolunga a dismisura, che coprirà l’intero
arco della nostra vita. Qualcuno arriverà, certo, e ci salverà. Questo sembrano
dire i visi imperturbabili dei giornalisti televisivi. Tutto è normale,
tranquilli, tutto è ok. Siamo più poveri, certo, ma non così tanto, c’è chi sta
peggio di noi, vicino o lontano che sia. C’è chi si è arricchito tanto, ma fa
parte del gioco, non possiamo pretendere di essere noi i migliori.
Succedono cose incredibili, è vero, ma tutto poi si aggiusta: si urla, ci si
indigna, e l’indomani più nessuno ne parla. La tivù è un potente analgesico e
antipiretico, basta guardarli certi visi, non tutti, certo: sereni mentre
raccontano i fatti più truci di cronaca, o la più miserrima delle vicende
politiche, come questa del centro sinistra finito con la destra, dopo vent’anni
di regime. Nulla tiene bordone al potere come le tivù, che non a caso sono
state comprate e invase dal potere.
Con
Berlusconi e Monti si è mortificato e perso il lavoro, i soldi, la serenità; ma
tutto passa, e in tanto ora c’è Letta: il nipote e forse anche lo zio,
con la benedizione di Napolitano redivivo. C’è chi si protesta, chi urla al
golpe ma anche questo, poi, si sa che passa, è solo questione di tempo. Negli
schermi intanto si continua a sorridere, i ristoranti sono pieni,
la gente scherza e sorride. Quelli vuoti infatti non si vede che sono
vuoti, perché non hanno più insegne né arredi, pochi ricordano cosa ci fosse
dentro, talmente cambia in fretta la gestione. Ma tutto prima o poi si
risolve. ..
In
milioni hanno creduto a quel centro sinistra, hanno votato alle primarie, hanno
versato i due euro…; ma ora ha perso il treno, e c’è Letta, ché Bersani dicono
ha fatto il suo tempo. Brava persona, Bersani, ma bisogna essere svelti al
gioco, e lui tirato di qui e di là… Però a decidere in pochi a tanti non
sta più bene, porta male alla democrazia, e in fondo anche alle
ambizioni. O sei il partito dell’uomo forte, del pastore tra greggi belanti…;
perché chiamarsi partito democratico e fregarsene dell’elettore non te lo
perdona più nessuno. Però comunque in fondo hanno vinto, anche se hanno
perso, e se ne fuggono tutti. Hanno vinto anche se non si sa chi rappresentano,
ora. Hanno il Quirinale, il presidente del Senato e ora anche il premier.
Pazienza se il Governo sarà in coabitazione con la destra di Brunetta che vuole
tutte le cose che ha chiesto, agitando i piedi come un bambino capriccioso dal
seggiolone. Se ci son problemi, zio Gianni e nonno Giorgio metteranno d’accordo
tutti, e il Governo si fa e resta.
E’ vero che
manca il lavoro, che non ci sono soldi né prospettive a breve. Banche e imprese
si mangeranno come sempre le risorse per la crescita, saltate fuori come per
miracolo, per la gioia di Squinzi, Marcegaglia e Montezemolo. Gli operai
avranno altra cassa integrazione, i disoccupati e inoccupati qualche soldo e
qualche speranza, e così saranno tutti contenti. L’Imu sarà restituita anche ai
rompiballe dei cortei e delle piazze, così s’addolciranno gli avversari. E
dagli schermi continueranno a uscire sorrisi come bengala nel cielo nero sempre
più nero. Chi piange e soffre non si mostra; le telecamere di rado li considera,
quindi per molti non ci sono proprio, non esistono. Siamo in attesa di
Godot, e intanto stiamo perdendo qualcosa o moltissimo, è chiaro, ma non c’è da
preoccuparsi, continuano a ripeterci. C’è chi si lamenta, certo, ma questo è un
vizio italiano. Ci vorrebbe una nuova liberazione, dicono i militi ignoti
sparsi nelle rete; mentre altri pensano: ma non da tutto, per carità, solo
da qualcosa, con moderazione. Le cose tanto cambieranno, anche se non subito.
Prima o poi qualcuno resisterà e lotterà per tutti, come sempre.
(Giovanni Nuscis)
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