17 aprile 2013

L’UMORISMO PIRANDELLIANO





Pirandello è il più grande autore di teatro del Novecento italiano per la consapevolezza della crisi d'identità dell'uomo nella società moderna e per la novità della sua opera che sconvolge le tradizionali tecniche espressive del teatro. Ma la sua estraneità ai clamori avanguardistici e dannunziani del primo Novecento italiano gli consentì di raggiungere la fama solo molto tardi, quando la crisi del dopoguerra fece maturare le condizioni perchè il suo messaggio potesse essere compreso.
Fin dalla sua prima produzione narrativa emerge la tematica che , via via approfondita,caratterizza tutta la sua opera e al contempo esprime la sua visione del mondo:il sentimento della condizione tragica dell'uomo condannato alla sconfitta per l'impossibilità di comunicare con gli altri e di conoscere se stesso. A ribadire e spiegare questa condizione disperata si aggiungono: il sentimento del contrasto tra illusione e realtà, poichè l'uomo è obbligato ad assumere una forma per esistere la quale però si rivela illusoria rispetto al continuo fluire della vita; il sentimento della casualità della vita , che si svolge in un mondo privo di valori e di certezze governato da un'assoluta relatività.
I personaggi pirandelliani, infatti,  sono quasi sempre dei piccoli borghesi dalla vita meschina, soffocati dalle convenzioni sociali, alle quali si adattano  passivamente. Ma talvolta , rivelando una insospettabile voglia di vivere , essi prendono coscienza e reagiscono mediante gesti apparentemente bizzarri, che però non trovano sbocco se non nella valvola liberatrice della pazzia o nella rassegnazione dolente e consapevole.

In occasione di un concorso a professore ordinario, scrive il  saggio L'umorismo (1908) che compendia la Sua  poetica.
L'umorismo rappresenta la chiave di accesso di tutto il sistema letterario pírandelliano. La prima parte, pur maggiormente legata all'occasione accademica, è fondamentale per il suo tentativo di saldare la poetica pirandelliana, espressa nella seconda parte, anzitutto a un'interpretazione storico-letteraria e critica, e poi a un'estetica che è frutto di un'epistemologia connessa a un nuovo modello antropologico (basato sulle antinomie, sulla compresenza degli opposti). Sviluppando il primo collegamento, Pirandello individuava una linea misconosciuta della tradizione letteraria, poi studiata da Michail Bachtin. Svolgendo il secondo, egli percorreva un cammino parallelo a quello di Henri Bergson e Sigmund Freud (che, a inizio secolo, avevano anch'essi dedicato studi, con forti valenze estetiche ed epistemologiche, al riso e al comico) e anticipava la bi-logica dell'epistemologia a sfondo psicoanalitico di Ignacio Matte Blanco.
Pirandello definisce “comico” l'”avvertimento del contrario”:l'avvertimento della dissonanza tra la sostanza e le forme provoca il riso. Ma se riusciamo a passare dall'avvertimento al” sentimento del contrario”, se riusciamo cioè a riflettere oltre l'apparenza per guardare nell'interiorità dell'uomo allora il riso si trasforma in pianto. Celebre è l'esempio della vecchia signora”goffamente imbellettata e parata di abiti giovanili” che muove il riso del lettore, il quale avverte in lei il contrario di come si dovrebbe acconciare una vecchia signora. Ma se egli riflette sul perchè ella inganni così impietosamente se stessa, nel tentativo magari di trattenere un marito più giovane di lei, ecco che perverrà al “sentimento del contrario”ed il riso cederà il posto alla pietà.



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