In alcune situazioni, il rispondere: "niente" a
una domanda circa la natura dei propri pensieri, può essere, nell'uomo, una
finta. Lo sanno bene le persone amate. Ma se questa risposta è sincera, se
rappresenta quel particolare stato d'animo in cui
il vuoto diviene eloquente, in cui la catena dei gesti quotidiani viene
interrotta e il cuore cerca invano l'anello che la ricongiunga, è allora come
il primo segno dell'assurdo. E avviene così che la scena si sfasci. La levata,
il tram, le quattro ore di ufficio o di officina, la colazione, il tram, le
quattro ore di lavoro, la cena, il sonno e lo svolgersi del lunedì martedì
mercoledì giovedì venerdì e sabato sullo stesso ritmo… questo cammino viene
seguito senza difficoltà la maggior parte del tempo. Soltanto, un giorno, sorge
il "perché" e tutto comincia in una stanchezza colorata di stupore.
"Comincia", questo è importante. La stanchezza sta al termine degli
atti di una vita automatica, ma inaugura al tempo stesso il movimento della
coscienza, lo desta e provoca il seguito, che consiste nel ritorno incosciente
alla catena o nel risveglio definitivo. Dopo il risveglio viene, col tempo, la
conseguenza: suicidio o ristabilimento. In sé, la stanchezza ha qualche cosa di
disgustoso, ma, in questo caso, devo concludere che è vantaggiosa. Infatti,
tutto comincia con la coscienza e nulla ha valore se non per mezzo di questa.
[…] La semplice "inquietudine", come dice Heidegger, è all'origine di
tutto. Medesimamente, e per tutti i giorni di una vita senza splendore, siamo
portati dal tempo; ma viene sempre il momento in cui noi dobbiamo portarlo. Di
solito, viviamo facendo assegnamento sull'avvenire: "domani",
"più tardi", "quando avrai una posizione", "con l'età
comprenderai". Queste incoerenze sono straordinarie, dato che, alla fine
dei conti, si tratta di morire. Con tutto ciò, giunge il giorno in cui l'uomo
si accorge o dice di aver trent'anni, affermando, così, la propria giovinezza.
Ma, nello stesso momento, egli si pone in rapporto con il tempo, vi prende
posto, riconosce che si trova a un certo punto di una curva, che confessa di
dover percorrere. Egli appartiene al tempo e, dall'orrore che lo afferra, lo
riconosce come il suo peggior nemico. Il domani: egli desiderava il domani,
quando tutto il suo essere avrebbe dovuto ribellarvisi. Questa rivolta della
carne è l'assurdo.
Albert Camus - Il Mito di Sisifo
Albert Camus - Il Mito di Sisifo
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