Cambiano i governi, ma
non cambiano le condizioni in cui gli insegnanti sono costretti a
lavorare. Precarietà, mancanza di risorse, edifici inadeguati,
classi gonfiate sono solo le voci più pesanti di un bilancio sempre
più disastrato. Eppure non c'è giorno che il politico di turno
(ultima la Kyenge) non intervenga affermando che (si tratti di
razzismo, di omofobia o violenza contro le donne) ci deve pensare la
scuola. Nessuno però che pensi al disagio crescente degli insegnanti
che chiedono solo di essere messi in condizione di poter lavorare.
Giuseppe
Caliceti - Lettera
di inizio anno alla ministra Carrozza
Gentile ministro
Carrozza, le scrivo perché un anno scolastico è finito da poco
e un altro, tra poco, comincerà. Come sempre sui giornali in
questo periodo c'è l'articolo di costume sulla scuola. L'inizio
dell'anno scolastico è sempre un avvenimento. Comunque,
nonostante i tanti tagli al personale e ai fondi per la
formazione e la ricerca, anche quest'anno cominceremo e questa,
di questi tempi, è già una buona notizia.
Gentile Carrozza, continua la campagna denigratoria nei confronti dei docenti italiani di ogni ordine e grado. Nonostante siano i meno pagati d'Europa. Si parla di aumentare le ore di docenza frontale sulla classe da 18 a 24 ore. E di tagliare le ferie un po' a tutti per recuperare ore da richiedere poi ai docenti per coprire le supplenze.
Perché una cosa ormai è chiara: se un docente si ammala, lo stato non è disposto più a pagare altre ore per un supplente. Restano perciò dubbi sul pagamento del diritto alle ferie del personale precario per la scuola, che l'Unione Europea continua a condannare. Perché? Ci viene ripetuta una cosa: che bisogna ulteriormente risparmiare. Sempre sulla pelle degli studenti. E sulla nostra. Ma bisogna farlo con stile. Salvaguardando la qualità. Anzi, possibilmente incrementandola. Non è possibile? Allora si faccia almeno un po' di buon marketing nei confronti dell'«utenza», dei «clienti» della «scuola-azienda»: i genitori degli studenti della scuola pubblica.
Cara Carrozza,
parliamo di soldi prima di riempirci la bocca con tante altre
parole come è stato fatto in questi anni. Perché senza soldi è
ridicolo parlare di incremento della qualità. La vera qualità
è il rapporto tra numero dei docenti e numero degli studenti, e
qui le classi continuano a essere sempre più numerose. Non va
bene. Sempre a proposito di soldi: quando e come verrà
rinnovato il contratto collettivo nazionale del comparto scuola
fermo dal 2009? Il mondo è andato avanti alla velocità della
luce, ma le retribuzioni sono bloccate: le retribuzioni del
personale scolastico vedono gli scatti di anzianità ancora
sospesi. Si parla di riformarli: come? Si dice «secondo la
produttività» del singolo lavoratore: può spiegare, per
favore, cosa intende per maggior produttività di un docente? E
con la sicurezza delle scuole, siamo a posto? Con quanti alunni
per classe? E in caso di infortuni agli studenti, di chi è la
colpa?
Come lei sa, signora Carrozza, la nostra scuola è stata trasfigurata dai processi di aziendalizzazione e razionalizzazione, che nella pratica hanno significato solo pesantissimi tagli. È veramente impensabile oggi dare più risorse alla scuola, assegnare maggiore importanza al ruolo degli insegnanti, ridurre il numero di alunni per classe ed evitare assolutamente un aumento delle ore di insegnamento? Da un'indagine realizzata dalla Swg per la Gilda degli Insegnanti, emerge che il problema ritenuto più importante riguarda le scarse risorse destinate alla scuola (78% «molto importante» e 17% «abbastanza importante»), seguito dalla scarsa importanza sociale di cui gode la categoria («molto importante» 71%, «abbastanza importante» 23%). Al terzo posto, il numero eccessivo di alunni per classe (rispettivamente 70 e 24%); subito dopo gli stipendi troppo bassi e l'inadeguatezza delle strutture e il degrado degli ambienti.
Un'ultima cosa: le prove Invalsi. Sono giudicati dal 78% dei docenti non utili per la valutazione delle scuole. E non tanto, come si dice, perché i docenti sono refrattari a essere giudicati ma perché ancora nessuno ha detto chiaramente cosa si intende per merito di un docente. Non vorremmo che, come accadde per alcune categorie lavorative - i soldati, i religiosi, i burocrati, eccetera, - un certo grado di obbedienza acritica e servilismo possa essere considerata come criterio di merito per una professione come quella del docente. Quando si afferma di voler legare le progressioni di carriera e di retribuzione anche a fattori legati al merito, riducendo la rilevanza del parametro anzianità, occorre chiarire nei particolari cosa si intende per merito o il discorso è vuoto.
(Da: Il manifesto
del 4 settembre 2013)
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