Incredibili i nomi
delle persone indagate. Speriamo che non sia vero: «Coinvolte le coop rosse.
Reati ipotizzati: truffa allo stato, corruzione, frode e associazione a
delinquere. 31 indagati».
MARCO LILLO - Tav Firenze, materiali dannosi e costi gonfiati
Secondo i carabinieri e la Procura di Firenze le gallerie dell’Alta
velocità ferroviaria in costruzione a Firenze da parte del general contractor,
Nodavia (il cui socio principale è la Coopsette di Reggio Emilia) sono
rivestite con materiali che mettono a rischio la sicurezza dei passeggeri dei
treni in caso di incendio. Oltre a essere fatti male i lavori del Tav sono
pagati troppo perché i costi sono stati gonfiati.
Il costo del passante di Firenze, infatti, è lievitato da 500 milioni a 800 milioni di euro grazie alle riserve, cioè il meccanismo inventato dai grandi appaltatori per sollevare problemi imprevedibili al momento della gara. Fondamentale il ruolo di Maria Rita Lorenzetti. Presidente dell’Umbria per il Pd fino al 2010 è indagata per associazione a delinquere, abuso di ufficio e corruzione in qualità di presidente della società pubblica Italferr. Doveva controllare la Coopsette e invece avrebbe svolto il suo ruolo nell’interesse proprio, della sua famiglia e della coop rossa legata al suo partito. Indagato anche Lorenzo Brioni, responsabile relazioni istituzionali di Coopsette e marito dell’ex sottosegretario e deputato Pd, Elena Montecchi.
Lorenzetti, per i pm, ha agito “nell’interesse e a vantaggio della controparte Nodavia e Coopsette” e ha messo “a disposizione dell’associazione a delinquere le proprie conoscenze personali, i propri contatti politici”. L’ex presidente umbra è indagata anche perché avrebbe conseguito “incarichi professionali nella ricostruzione del terremoto in Emilia in favore del di lei coniuge”, un architetto. Fortunatamente, di fronte a un manager pubblico come la Lorenzetti che fa i suoi interessi e quelli della Coop rossa, interviene l’Autorità il Garante dei lavori pubblici. A favore della stessa coop rossa però. Il membro dell’Autorità di Vigilanza dei Lavori Pubblici in carica, Piero Calandra, scrive un bel parere per favorire la Coopsette permettendole di ottenere il pagamento delle riserve per centinaia di milioni di euro, nonostante la legge del 2011. Piccolo particolare: anche Calandra, ex collaboratore di Cesare Salvi al ministero, è considerato di area Pd. Non basta. Per i pm lo scavo si svolge sotto una scuola in funzione determinando “crepe evidenti che hanno concretamente reso possibile distacchi di intonaco o di parti vetrate che avrebbero potuto seriamente mettere in pericolo la incolumità delle centinaia di persone che frequentavano la scuola, ragazzi e insegnanti”. Per completare il quadro non poteva mancare la criminalità: centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti sono stati smaltiti illegalmente da un’azienda vicina alla camorra.
Eccola qui l’alta velocità all’italiana secondo i pm di Firenze Giulio Monferini e Gianni Tei che coordinano l’indagine del Ros dei carabinieri su 36 persone per associazione a delinquere e altri reati, dalla truffa alla corruzione, dal traffico illecito di rifiuti alla violazione delle norme paesaggistiche.
Prima di approvare a occhi chiusi il Tav in Val di Susa, dove i lavori sono stati affidati con il plauso del Pd a un’altra cooperativa rossa di Ravenna (che certamente userà metodi diversi dalla Coopsette di Reggio Emilia) sarebbe il caso di dare un’occhiata all’inchiesta sul passante di Firenze. Una brutta tegola per il partito di Bersani alla vigilia delle elezioni . Anche se nessun dirigente è indagato, sono decine le telefonate di politici intercettate nel corso dell’indagine e dall’area Pd provengono molti soggetti coinvolti, con l’eccezione rilevante di Ercole Incalza, il “rieccolo” delle indagini sull’alta velocità. Amministratore del Tav, all’epoca di Lorenzo Necci, dal 1991, uscito indenne da una dozzina di indagini, Incalza è stato tirato fuori dalla naftalina da Pietro Lunardi e confermato al ministero da destra e sinistra e infine dai tecnici fino a tutto il 2013 (nonostante il suo nome fosse uscito sui giornali nel 2010 per i rapporti con Diego Anemone) a capo della Struttura tecnica di missione del ministero. Incalza è indagato per associazione a delinquere perché avrebbe favorito la Nodavia di Coopsette insieme a un architetto della sua unità di missione del ministero, Giuseppe Mele, “a cui insistentemente , viene chiesto di firmare una attestazione, preparata dagli stessi uffici di Italferr, in cui falsamente si attesta che i lavori dell’opera sono iniziati entro i cinque anni e che la autorizzazione ambientale e paesaggistica non è scaduta”. La questione più impressionante però è quella del rischio incendio. Scrivono i pm: “la legislazione comunitaria, per prevenire disastri quali quelli avvenuti nella galleria del Monte Bianco, ha imposto specifiche tecniche di resistenza al fuoco e al calore dei materiali di rivestimento”. I quantitativi di materiale ignifugo invece sono “dolosamente ridimensionati... e il risultato non è solo un risparmio economico illecito per il subappaltatore, ma la fornitura di un prodotto concretamente pericoloso”. I manager delle società, compresa quella pubblica che dovrebbe controllare, sono consapevoli del rischio: “come risulta dalle prove a cui i conci (il rivestimento del tunnel, ndr) sono stati sottoposti in laboratori sia in Germania che in Italia. Dai test ripetuti si è manifestato evidente il fenomeno dello spalling, ossia di un collassamento della struttura dovuto al calore e al fuoco”. Per i pm non solo i manager del subappaltatore, Seli, sapevano. I rischi erano noti “anche a Morandini di Italferr”. Tutti però “hanno trovato una compiacente copertura in relazioni tecniche del professor Meda Alberto, leggendo le quali non è dato ricavare l’esito sostanzialmente negativo delle prove eseguite”
Il costo del passante di Firenze, infatti, è lievitato da 500 milioni a 800 milioni di euro grazie alle riserve, cioè il meccanismo inventato dai grandi appaltatori per sollevare problemi imprevedibili al momento della gara. Fondamentale il ruolo di Maria Rita Lorenzetti. Presidente dell’Umbria per il Pd fino al 2010 è indagata per associazione a delinquere, abuso di ufficio e corruzione in qualità di presidente della società pubblica Italferr. Doveva controllare la Coopsette e invece avrebbe svolto il suo ruolo nell’interesse proprio, della sua famiglia e della coop rossa legata al suo partito. Indagato anche Lorenzo Brioni, responsabile relazioni istituzionali di Coopsette e marito dell’ex sottosegretario e deputato Pd, Elena Montecchi.
Lorenzetti, per i pm, ha agito “nell’interesse e a vantaggio della controparte Nodavia e Coopsette” e ha messo “a disposizione dell’associazione a delinquere le proprie conoscenze personali, i propri contatti politici”. L’ex presidente umbra è indagata anche perché avrebbe conseguito “incarichi professionali nella ricostruzione del terremoto in Emilia in favore del di lei coniuge”, un architetto. Fortunatamente, di fronte a un manager pubblico come la Lorenzetti che fa i suoi interessi e quelli della Coop rossa, interviene l’Autorità il Garante dei lavori pubblici. A favore della stessa coop rossa però. Il membro dell’Autorità di Vigilanza dei Lavori Pubblici in carica, Piero Calandra, scrive un bel parere per favorire la Coopsette permettendole di ottenere il pagamento delle riserve per centinaia di milioni di euro, nonostante la legge del 2011. Piccolo particolare: anche Calandra, ex collaboratore di Cesare Salvi al ministero, è considerato di area Pd. Non basta. Per i pm lo scavo si svolge sotto una scuola in funzione determinando “crepe evidenti che hanno concretamente reso possibile distacchi di intonaco o di parti vetrate che avrebbero potuto seriamente mettere in pericolo la incolumità delle centinaia di persone che frequentavano la scuola, ragazzi e insegnanti”. Per completare il quadro non poteva mancare la criminalità: centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti sono stati smaltiti illegalmente da un’azienda vicina alla camorra.
Eccola qui l’alta velocità all’italiana secondo i pm di Firenze Giulio Monferini e Gianni Tei che coordinano l’indagine del Ros dei carabinieri su 36 persone per associazione a delinquere e altri reati, dalla truffa alla corruzione, dal traffico illecito di rifiuti alla violazione delle norme paesaggistiche.
Prima di approvare a occhi chiusi il Tav in Val di Susa, dove i lavori sono stati affidati con il plauso del Pd a un’altra cooperativa rossa di Ravenna (che certamente userà metodi diversi dalla Coopsette di Reggio Emilia) sarebbe il caso di dare un’occhiata all’inchiesta sul passante di Firenze. Una brutta tegola per il partito di Bersani alla vigilia delle elezioni . Anche se nessun dirigente è indagato, sono decine le telefonate di politici intercettate nel corso dell’indagine e dall’area Pd provengono molti soggetti coinvolti, con l’eccezione rilevante di Ercole Incalza, il “rieccolo” delle indagini sull’alta velocità. Amministratore del Tav, all’epoca di Lorenzo Necci, dal 1991, uscito indenne da una dozzina di indagini, Incalza è stato tirato fuori dalla naftalina da Pietro Lunardi e confermato al ministero da destra e sinistra e infine dai tecnici fino a tutto il 2013 (nonostante il suo nome fosse uscito sui giornali nel 2010 per i rapporti con Diego Anemone) a capo della Struttura tecnica di missione del ministero. Incalza è indagato per associazione a delinquere perché avrebbe favorito la Nodavia di Coopsette insieme a un architetto della sua unità di missione del ministero, Giuseppe Mele, “a cui insistentemente , viene chiesto di firmare una attestazione, preparata dagli stessi uffici di Italferr, in cui falsamente si attesta che i lavori dell’opera sono iniziati entro i cinque anni e che la autorizzazione ambientale e paesaggistica non è scaduta”. La questione più impressionante però è quella del rischio incendio. Scrivono i pm: “la legislazione comunitaria, per prevenire disastri quali quelli avvenuti nella galleria del Monte Bianco, ha imposto specifiche tecniche di resistenza al fuoco e al calore dei materiali di rivestimento”. I quantitativi di materiale ignifugo invece sono “dolosamente ridimensionati... e il risultato non è solo un risparmio economico illecito per il subappaltatore, ma la fornitura di un prodotto concretamente pericoloso”. I manager delle società, compresa quella pubblica che dovrebbe controllare, sono consapevoli del rischio: “come risulta dalle prove a cui i conci (il rivestimento del tunnel, ndr) sono stati sottoposti in laboratori sia in Germania che in Italia. Dai test ripetuti si è manifestato evidente il fenomeno dello spalling, ossia di un collassamento della struttura dovuto al calore e al fuoco”. Per i pm non solo i manager del subappaltatore, Seli, sapevano. I rischi erano noti “anche a Morandini di Italferr”. Tutti però “hanno trovato una compiacente copertura in relazioni tecniche del professor Meda Alberto, leggendo le quali non è dato ricavare l’esito sostanzialmente negativo delle prove eseguite”
Da Il Fatto
Quotidiano, 18 settembre 2013
E' stato arrestato, per associazione a delinquere, Walter Bellomo, geologo palermitano, insieme ad una cricca legata alla presidente della regione Umbria, Lorenzetti. Bellomo, esponente del pd siciliano, era componente della commissione Via (valutazione impatto ambientale) del ministero (ambiente ?). Le accuse sono gravissime: truffa, frode in pubbliche forniture, etc. Sembra che i mancati controlli nella costruzione della galleria ferroviaria, oggetto dell'inchiesta, riguardino anche la messa a rischio di una scuola media sovrastante lo scavo del tunnel per l'uso di materiali scadenti. Spero che le accuse non siano vere. Lo spero perché i ricordi che ho di Bellomo e del padre medico, compagni del Pci, mi riconducono alle cure ed al soccorso che il padre, appunto medico, mi prestò negli anni settanta, quando, in una certa occasione, la polizia mi massacrò di botte. La trasformazione di compagni che furono comunisti (mi riferisco al geologo Walter Bellomo) e che negli anni li ha condotti a diventare socialdemocratici, sembra che, per tanti, abbia condotto anche ad una trasformazione antropologica che li ha fatti scivolare nelle pratiche più meschine di affarismo delinquenziale. Una pena. Se le accuse fossero vere non sarebbero solo dei delinquenti, sarebbero dei traditori. Doppi traditori.
RispondiEliminarossomalpelo