ENRICO FIERRO – LA TERRA UCCISA DALLA MONNEZZA
Se volete
vedere, annusare, toccare con mano il più grande disastro ambientale della
storia d’Italia dovete venire qui, a Giugliano, Napoli, Campania, terra di
camorre, malapolitica e veleni. La gente ieri si passava di mano in mano la
prima pagina de Il Mattino che ha pubblicato i risultati di una indagine
dell’Istituto superiore di sanità. Tutti l’hanno letta, ma nessuno si è
meravigliato. “Sappiamo da anni che il nostro destino è di morire avvelenati.
Ci ha ucciso la camorra con il traffico della monnezza, i politici che
prendevano i voti, ma anche lo Stato che ha trasformato questa nostra terra in
una enorme Monnezza Valley”. Nino è ai cancelli della Resit, una delle
discariche della vergogna, il regno dell’avvocato Cipriano Chianese, colletto
bianco dei casalesi. Lì sotto c’è di tutto. “È peggio dell’Aids”, disse il pm
dell’Antimafia di Napoli, Alessandro Milita, davanti ai parlamentari della
commissione d’inchiesta sui rifiuti. Alle tre del pomeriggio davanti alla Resit
ci sono ambientalisti, normali cittadini e preti come don Maurizio Patriciello,
che da anni si batte contro camorra e monnezza e che tre giorni fa si è
inginocchiato davanti al Papa. “Vai avanti così”, gli ha detto il Pontefice. E
lui va avanti con questa umanità che non vuole crepare nella “terra dei
fuochi”. L’analisi dell’Istituto superiore di Sanità è terribile. Tutta
l’area che va da Giugliano a Villaricca fino al litorale Domiziano è inquinata,
ma c’è una zona rossa dove ormai l’avvelenamento di suoli e acque ha raggiunto
livelli di irrecuperabilità.
Terre morte.
Per sempre. Duecentoventi ettari gravidi di veleni, un livello di inquinamento
che si estende alle falde acquifere per 2 mila ettari. Qualcosa come 2600 campi
da calcio. Questa una volta era Campania felix, qui si facevano tre raccolti
l’anno di ortaggi pregiati e frutta ottima. Da decenni il paesaggio è mutato,
ora accanto ai campi ci sono le discariche. Una ogni mille abitanti, 40 in un
solo chilometro quadrato, 15 milioni di rifiuti solidi urbani interrati. I
casalesi e i loro referenti politici si sono arricchiti col business della
monnezza. Nella Resit del colletto bianco avvocato Chianese (ottimi rapporti
col padrone del Pdl casertano Nicola Cosentino) hanno interrato i veleni
dell’Acna di Cengio. “Duecentomila tonnellate di sostanze tossiche – ha
rivelato da pentito l’ex trafficante di rifiuti Gaetano Vassallo – ci furono
pagate 10 lire al chilo”. Di cosa si trattava? Quale morbo è stato iniettato
nel ventre di questa terra disgraziata? Vassallo e i suoi amici casalesi non se
ne curavano. “Quella roba friggeva, era così potente che squagliava anche le
bottiglie di plastica nel terreno”.
Mario De
Biase, commissario di governo in Campania per le bonifiche, è terribilmente
esplicito. “La bonifica è impossibile. Se qualcuno pensa che in quei terreni si
possa ricreare l’ambiente bucolico di cent’anni fa sbaglia e di grosso. Ci
vorrebbero i soldi di una finanziaria intera. E poi come si fa a scavare e riportare
alla luce acidi, veleni, percolato inquinato. Dove li smaltiamo?”. E allora?
“Allora il mio compito è quello di mettere in sicurezza quell’area. C’è già un
progetto, i soldi, 6 milioni e mezzo, le gare partiranno presto. La falda è
inquinata ma si tratta di vedere il tipo di inquinamento, e poi deve essere
chiaro che in tutta quella zona attorno alla Resit e alle altre discariche, si
devono espiantare le coltivazioni di frutta e piantare alberi no-food. L’area
deve essere isolata rispetto al resto”. Il commissario insiste, carte alla mano
dimostra che “non c’è passaggio diretto di Cov (composti organici volatili,
ndr) e frutta e ortaggi”, ma la gente non si fida più. A Giugliano basta andare
a Taverna del Re per capire che hanno ragione.
Qui, tra pescheti e campi coltivati a ortaggi, c’è il monumento alla più grande vergogna italiana: il deposito di ecoballe. Sei milioni di tonnellate di involucri che pesano una tonnellata ognuno, pieni di rifiuti. Sono lì da anni impilate in piramidi alte decine di metri, erano i cosiddetti rifiuti trattati destinati all’inceneritore di Acerra. Balle, menzogne raccontate ai cittadini della Campania da tutti, politici di destra e di sinistra, prefetti e alti commissari. In quei grossi sacchi c’è di tutto e non possono essere inceneriti se non vengono trattati nuovamente. Altri soldi, altri miliardi. E un altro inceneritore che la Regione Campania ha deciso di costruire qui, a Giugliano, nella Monnezza Valley. Era la Campania felix, una volta, prima che gli abusi edilizi divorassero la campagna, prima della monnezza, prima della camorra e dei sindaci compromessi con i boss. Ora, scrive la Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti, “la catastrofe ambientale che è in atto costituisce un pericolo di portata storica, paragonabile soltanto alla peste settecentesca”.
Qui, tra pescheti e campi coltivati a ortaggi, c’è il monumento alla più grande vergogna italiana: il deposito di ecoballe. Sei milioni di tonnellate di involucri che pesano una tonnellata ognuno, pieni di rifiuti. Sono lì da anni impilate in piramidi alte decine di metri, erano i cosiddetti rifiuti trattati destinati all’inceneritore di Acerra. Balle, menzogne raccontate ai cittadini della Campania da tutti, politici di destra e di sinistra, prefetti e alti commissari. In quei grossi sacchi c’è di tutto e non possono essere inceneriti se non vengono trattati nuovamente. Altri soldi, altri miliardi. E un altro inceneritore che la Regione Campania ha deciso di costruire qui, a Giugliano, nella Monnezza Valley. Era la Campania felix, una volta, prima che gli abusi edilizi divorassero la campagna, prima della monnezza, prima della camorra e dei sindaci compromessi con i boss. Ora, scrive la Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti, “la catastrofe ambientale che è in atto costituisce un pericolo di portata storica, paragonabile soltanto alla peste settecentesca”.
Da Il Fatto
Quotidiano, 13 settembre 2013
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