Papa
Francesco afferma che il denaro (e non l'uomo) è il motore di questa società e
che questa è la causa di tutti i mali che affliggono il mondo. Lo prenderemo
sul serio quando alle parole seguiranno fatti concreti. E non parliamo di
grandi cose, tipo chiudere lo IOR e i conti aperti nei paradisi fiscali come le
isole Cayman. Ci basterebbero piccoli gesti, incominciare a pagare l'IMU sulle
proprietà ecclesiastiche. Basti ricordare che sull’Ici della Chiesa il governo
Monti rinunciò a esigere 4 miliardi. Si
sta parlando dell’Ici dovuta e non pagata dalla Chiesa tra il 2006 e il 2011. Stime
Anci valutano in 600-800 milioni l’anno l’Ici pregressa non pagata dagli enti
non profit, per lo più riferibili alla Chiesa.
Valentina
Conte – L’ICI e l’IMU non pagate dalla Chiesa Cattolica in Italia
Quando lo scorso 19 dicembre la Commissione europea ha chiuso dopo due anni l’indagine relativa agli aiuti di Stato accordati dall’Italia alla Chiesa, esentandola dal pagamento dell’Ici sugli immobili non di culto, in una scuola elementare Montessori della capitale e in un piccolo Bed&Breakfast di provincia, a pochi chilometri da Roma, hanno sussultato. Le autorità di Bruxelles ammettevano certo gli aiuti di Stato, incompatibili con le norme europee. Ma stabilivano anche che tornare in possesso dell’Ici dovuta ma non pagata, tra il 2006 e il 2011, era «assolutamente impossibile ». Perché così aveva raccontato loro il governo, presieduto da Monti.
«Alla luce
delle circostanze eccezionali invocate dall’Italia, non deve essere disposto il
recupero dell’aiuto, avendo l’Italia dimostrato l’impossibilità assoluta di
darvi esecuzione», spiegava Bruxelles. Un unicum nella giurisprudenza
comunitaria. Sbalorditi da siffatta motivazione e guidati da due avvocati
esperti, alla fine quella scuola elementare e l’affittacamere hanno deciso di
ricorrere alla Corte di Giustizia europea e chiedere così l’annullamento di
quanto disposto dalla Commissione. Proprio perché la presunta “impossibilità
assoluta” di riavere le somme di fatto «non è stata mai provata». Chi l’ha
detto e dov’è scritto che non si può calcolare e recuperare l’Ici pregressa, si
chiedono in pratica i due?
La questione non è di poco conto. Stime Anci valutavano gli introiti Ici su quegli immobi-li, riferibili ad enti non profit e per lo più alla Chiesa, pari a 600-800 milioni l’anno. Moltiplicati per sei annualità, fanno una cifra astronomica, attorno ai 4 miliardi. Una manna dal cielo, se confrontata con la caccia affannosa alle risorse di queste ore per evitare il rincaro Iva (serve un miliardo). O per cancellare la rata di Natale dell’Imu (2,3 miliardi). O ancora quanto basta (circa 1,6 miliardi) per riportare nei ranghi il rapporto tra deficit e Pil (leggermente tracimato al 3,1%), non ripiombare nella procedura di infrazione europea e sbloccare altri soldi (12 miliardi) da usare l’anno prossimo per fare investimenti e occupazione. In effetti, il doppio ricorso depositato dalla Montessori e dal B&B il 16 aprile scorso, esaminato in questi giorni dalla Corte Ue, potrebbe anche riaprire l’indagine sull’Italia. E forzare così il governo (questo o il prossimo) a fare finalmente i calcoli. Impossibile? Forse.
E non solo
perché immaginare di richiedere indietro 4 miliardi al Vaticano è pura
fantascienza. Ma anche perché un censimento di quegli immobili in realtà non
esiste, per negligenza o furbizia, chissà. Non solo. Il governo Monti che di
fatto ha messo in campo l’Imu e ne ha definito i nuovi contorni anche per
questi enti non profit — proprio per avere il via libera di Bruxelles,
intascato appunto il 19 dicembre scorso — non ne ha mai ultimato le procedure
attuative. In un anno e mezzo, né Monti né in seguito Letta sono riusciti ad
ottenere dal ministero dell’Economia quel regolamento così indispensabile per
calcolare concretamente le porzioni commerciali da quelle non commerciali dei
singoli immobili.
In Via Venti
Settembre assicurano che arriverà entro dicembre. Intanto, nel 2012 e nel 2013,
vista la confusione e le circolari criptiche, nessuno ha pagato l’Imu. O
meglio: ha pagato chi già versava l’Ici a suo tempo. Gli altri sono in attesa
della burocrazia, pigra o pilotata, che arriva sempre dopo, a volte tardi. Con
grandi pasticci per il Paese, come il recente caso Telecom insegna, neppure in
grado di difendere la propria rete telefonica perché nessun decreto attuativo
l’ha ancora definita strategica.
(Da: La
Repubblica del 27 settembre 2013)
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