08 settembre 2013

PAUL GAUGUIN, IL VISIONARIO...





Dall'archivio di Repubblica ci piace prendere questa mattina  un articolo di Laura Larcan che ripercorre la vita e lo stile di Paul Gauguin, icona dell'artista errante. Dall'euforia con cui abbraccia l'impressionismo fino ai momenti che lo caratterizzano come il precursore del simbolismo
 
LAURA LARCAN – UN POETA DELL’ESOTISMO VISIONARIO

Tutto nacque da un disagio esistenziale. Da un disgusto verso lo scalpitio della vita moderna, il caos della città, la mondanità scatenata e decadente, la quotidiana lotta per la sopravvivenza. Tutto nacque dall'utopistica ambizione di trovare il regno "dell'estasi, della pace e dell'arte, lontano da questa europea lotta per il denaro". Paradossalmente, se gli impressionisti più veraci avevano trovato nel tourbillon della belle époque la linfa vitale della loro arte, Paul Gauguin che da quell'euforia iniziale aveva preso le mosse - l'artista espose con il gruppo nel 1880 - la rifiutò.
Partito da una convinzione profonda dell'esperienza sperimentale degli amici impressionisti, Gauguin, prima cadetto di marina, poi agente di cambio, infine pittore della domenica, scelse la fuga, sentimental-emotiva, ma anche espressiva. Cercò ambienti di un primitivismo esotico e mistico, cercò calma e voluttà, luoghi di bellezze incontaminate, per esternare un'indole libera e autonoma nei confronti della società. Per collaudare una pratica artistica visceralmente fondata sul colore evocativo di sentimenti puri, e su un sintetismo formale frutto non più di un'estemporanea impressione della realtà, ma di una meditata, visionaria, fantastica e iperdecorativa figurazione. Uno stile che ne fece un pioniere del credo simbolista riconosciutogli a posteriori.
Sempre lontano da Parigi, diventerà l'icona dell'artista errante, cercando conforto e ispirazione prima in Bretagna, a Pont-Aven, poi ad Arles, nella breve e tragica, e di conseguenza mitica, stagione di convivenza con Van Gogh, bruciata dall'inquietudine interiore che tormentava la labile psiche del pittore olandese. Poi ancora in Polinesia, a Tahiti, e nelle Isole Marchesi, a più riprese, dove l'incanto per la bellezza dei luoghi e della popolazione - delle donne, nel dettaglio - lo entusiasmarono a un lavoro quasi etnologico nei confronti di questa civiltà, allo studio degli indigeni e dei costumi locali.
La vita nel paradiso ritrovato dell'Oceania non sarà comunque così incondizionatamente felice. La sua esistenza fu segnata da malattie, dall'alcolismo, dalla sifilide, da un tentativo di suicidio e - durante il suo secondo soggiorno nelle Isole Marchesi, dove si trasferisce nel 1901 - da un periodo di detenzione per aver istigato gli indigeni alla ribellione. Eppure qui, Gauguin aveva costruito e decorato la sua nuova casa in stile locale chiamandola "Casa del piacere".
La casa e il terreno circostante diventeranno di per sé un'opera d'arte, con stipiti e architravi intagliati, decorazioni scolpite in giro per la proprietà e un giardino dove pianta girasoli importati dalla Francia. 





Ma la visione fantastica del Pacifico diventa sempre più simile a un incubo. Morirà a Hiva Oa nel 1903, a 55 anni. E come vuole la tradizione degli artisti borderline, anche la fine di Gauguin offrì episodi esasperati. Sembra che in pochi seguirono il feretro di Gauguin al suo funerale e la solennità dell'occasione fu guastata da una lite sul fatto che l'artista, considerato reprobo, desiderasse o meno essere sepolto in terra consacrata. Di fatto, l'unica terra adatta sarebbe stata quella dell'Arcadia.
(...)
Un'arte tra mito e sogno, quella di Gauguin perché, come sottolinea Stephen F. Eisenman "nessun artista, né prima né dopo, ha così assiduamente raffigurato l'incontro tra un colonizzatore europeo e gli indigeni, né trasformato in modo così radicale tale difficile rapporto in opere altrettanto incantate ed inquietanti. Gauguin, l'artefice di miti e sogni, Gauguin il Simbolista era anche Gauguin il virgiliano ed il classicista, i cui modelli di pensiero sono strettamente legati all'arte ed alle tradizioni letterarie di Roma antica. Allo stesso tempo, Gauguin era una specie di Odisseo incerto e di maniera, che vagava per i mari vivendo una vita d'avventura ma anche di privazioni, agognando il ritorno al protettivo rifugio di amici e famiglia. A differenza di Odisseo, però, lui non fu in grado di resistere al canto delle sirene e morì esule, a seimila miglia da casa". 







(...) dall'esordio di gusto impressionista, nel 1880, molto influenzato dall'amicizia con Pissarro, dopo una formazione familiare distante anni luce, un'infanzia in Perù, nella casa del nonno materno don Tristan, dove l'artista vive fino all'età di sette anni, circondato da lusso e da tenerezze (il primo paradiso perduto), e l'avventura da marinaio semplice a diciassette anni su un mercantile per il Sudamerica, fino alla partecipazione alla guerra franco-prussiana del 1870. Per poi approdare a un lavoro da agente di cambio e al matrimonio con una giovane danese, Mette Sophie Gad, dalla quale avrà cinque figli. Nel 1883, forse a seguito di un crollo finanziario della borsa, Gauguin conosce la miseria in concomitanza con la separazione dalla moglie che ritorna a Copenaghen con i bambini. E lui sceglie comunque l'arte: lascia il suo lavoro, si trasferisce a Rouen in casa di Pissarro, e comincia a vagheggiare un'idea di arte di fascinazione primitiva.
Ed ecco lo sbarco in Bretagna. "Amo la Bretagna. Qui trovo il selvaggio, il primitivo. Quando i miei zoccoli risuonano su questo suolo di granito, sento quella tonalità sorda, opaca e potente che cerco di ottenere nella pittura", scriveva ai suoi amici Gauguin.
In questa terra al tempo stesso vicina e remota, Gauguin aveva trovato qualcosa di impareggiabile, sia nei paesaggi della campagna e della costa, nelle sculture delle cappelle, nella pietà popolare, sia nei costumi tradizionali. Un soggiorno di mistico ritiro ma anche di svolta artistica. E qui, dove Gauguin animò la cosiddetta 'Scuola di Pont-Aven', cioè di un gruppo di artisti che, influenzato dalla dirompente originalità del suo linguaggio, seppe innovare gli stanchi stilemi di una tradizione pittorica ancora accademica, fortunato e proficuo, fu l'incontro tra Gauguin ed Émile Bernard, che ha condotto all'elaborazione di una tecnica, il 'sintetismo', basata sulla conoscenza delle stampe giapponesi e del 'cloisonné', antica tecnica con cui venivano realizzate le vetrate medievali.
Si proponeva, in tal modo, il superamento della lezione degli impressionisti, contrapponendo alla loro 'impressione' la traduzione in pittura della visione soggettiva-simbolista. I soggetti, non ritratti dal vero, ma recuperati da immagini mnemoniche, vengono caricati di continui rimandi simbolici, espressi con forme e colori (...)
Tutto sembra avere per l'artista una valenza antinaturalistica, i ritratti diventano icone vagamente religiose nella fissità iconica, i colori vengono distribuiti a larghe campiture piatte dall'effetto bidimensionale e puramente decorativo. Uno stile esasperato dall'esperienza di Tahiti, dove le opere sembrano evocare la semplicità esistenziale delle popolazioni primitive. I colori diventano sempre più protagonisti, stesi con la spatola e rifiniti solo col pennello su grossolane tele di iuta. Colori che diventano compatti, puri, a sostanziare le figure massicce e severe che si stagliano su uno scenario ravvicinato, senza profondità, senza prospettiva. Le forme delle sue donne sono silhouette lineari scandite per larghe zone di colore, le loro vesti, quando ci sono, cadono senza pieghe, senza il minimo gioco di chiaroscuro. I contorni tracciano i corpi in modo netto e preciso, ma è nella natura che Gauguin predilige pennellate più morbide e sfumate, per nebulose di colore.
Gauguin è il poeta naif del giallo oro della terra e del blu violaceo della pietra, del verde smeraldo dei prati e dell'arancio increspato di marrone della pelle degli indigeni. Gauguin è il poeta dell'esotismo più visionario, che restituisce luoghi incontaminati col potere assoluto dei colori.

Nessun commento:

Posta un commento