19 settembre 2013

UNA METAFORA DELL' ITALIA


ENZO PALOMBELLA - UNA METAFORA DELL'ITALIA


L’autunno s’avvicina a grandi passi e, pare, porta nuvole assai minacciose. Si riflette. Si riflette dappertutto e, a tratti, scopriamo la difficoltà di riflettere che non esercitavamo più, in modo compiuto, da molto tempo. E così scopriamo non solo la difficoltà, ma anche il dolore della riflessione. Scopriamo (scopro) quanto sia difficile esercitare questa facoltà tipicamente umana e quanto sia difficile esercitarla in un paese dove i brusii e le urla hanno raggiunto la stessa intensità, incessante, continua, martellante. Si riflette alla ricerca di una verità, una qualsiasi che si avvicini almeno un po’ alla Verità (per chi ci crede). Anch’io tento questo esercizio, anch’io provo difficoltà e dolore sebbene mi trovi in una condizione di favore: l’isolamento ed il silenzio che mi sono stati regalati in parte per mia scelta ed in parte per scelte altrui.
Quando si comincia a riflettere ci si accorge di essere lenti, impacciati, di vedere mille punti da cui cominciare e, un attimo dopo, i punti spariscono e ci si trova a cercare nella confusione almeno un piccolo inizio, si prega per riuscire a fermarlo, a farne una piccola instabile pietra angolare dalla quale ricominciare.
Io credo di averla trovata. Oggi è il giorno in cui si tenterà di raddrizzare la nave perduta presso l’isola del Giglio, quel condominio galleggiante che volle inchinarsi alla bellezza di Venezia e poi affondò negli abissi con tutto il suo lussuoso carico, espellendo qualche ignaro vacanziero, ormai inutile come merce da crociera.
L’impresa è ardua, si tenta per la prima volta, non siamo certi dell’esito, ma si prova.
Quella stessa nave affondò press’a poco 20 mesi fa, inabissando il buon nome italiano di una blasonata compagnia navale ormai in mani straniere. Affondava esattamente nel periodo in cui anche l’affondamento del nostro paese cominciava ad essere percepito ed al suo capezzale venivano chiamati i tecnici. Mentre la nave affondava il suo comandante si preoccupava di salvare se stesso. A bordo, prima, si era preoccupato di divertirsi, di creare un clima gioioso, leggero, frizzante, in compagnia di belle signore ed azzimati ufficiali. Lui era il comandante ma al timone stava un altro. Naturalmente fu arrestato ma lui negò sempre qualunque responsabilità. Poi i processi, ma di lui non si sa più nulla.
Oggi la carcassa verrà ricuperata, tornerà a drizzarsi per poter essere diretta altrove. Anche il nostro paese, mi dicono, si sta sollevando, sta uscendo dalla crisi, mi dicono ancora. Come la Costa Concordia. Verrà trasportato altrove? Non so.
So però che per tentare di raddrizzare la nave occorre svuotarla completamente, renderla leggera da quel carico che la renderebbe pesante e poco agevolmente manovrabile. E’ una legge della fisica.
Chissà se anche il nostro paese ha bisogno d’essere alleggerito per tornare a galleggiare, per essere trainato fuori. Certo il carico del nostro paese è umano, non è fatto di merci ed orpelli che saturano i residence galleggianti come la Concordia. Anche per un paese valgono le leggi della fisica?
Suppongo che la nave debba essere liberata da ogni carico; non si può scegliere che cosa portare via e che cosa lasciare. Certo, la tentazione è quella di portarsi dietro le cose alle quali siamo più affezionati, le cose che ci corrispondono, le cose che suscitano piacevoli ricordi, le cose apparentemente innocenti e prive di peso, chè anche un solo grammo in più potrebbe vanificare l’impresa.
Ma gli uomini che devono compiere l’impresa devono essere scelti con cura, debbono essere preparati, debbono essere capaci di far fronte anche agli imprevisti, avere nervi saldi, controllo dell’emotività e poco sentimentalismo rispetto alla zavorra.
Molti vorrebbero partecipare all’impresa, dare una mano, anche se non sanno nulla di fisica, di zavorra, di carichi e di galleggiamento.
Possiamo reclutarli? Io credo di no, rispetto il loro altruismo e la loro generosità, ma non mi sembrano di grande utilità poichè non sono esperti e non hanno le qualità richieste.
Conviene ringraziarli e congedarli. Troveranno altre occasioni per rendersi utili, altri modi e contingenze nelle quali basterà solo la volontà non la competenza. Loro sono sempre pronti, sempre in viaggio ad offrire aiuto, anche se nessuno lo chiede. Sono diventati parte integrante ed imprescindibile del nostro italico paesaggio fisico ed umano.
Attendiamo gli sviluppi della grande impresa con fiducia.
Ma intanto che scrivo colgo una straordinaria similitudine tra tra la nostra piattaforma logistica a forma di stivale e la Concordia: stesso destino, comandanti molto simili, equipaggi ignari in entambe, tendenza ad inchinarsi davanti a Venezia o ai dogi di altre contrade, clima perennemente festaiolo, la coscienza di essere privilegiati perchè abbiamo fatto le vacanze su una nave che tutto il mondo ci invidia. Perfino il comandante assomiglia molto ad altri comandanti preoccupati solo della fornitura di ostriche per sè  e per il loro sparuto ed eletto equipaggio, galanti fino all’ultimo con le belle signore aggregate all’equipaggio per tenere alto il morale.
Si diceva, come per il Titanic, che la Concordia era pressochè inaffondabile, si dice che il nostro paese si tirerà fuori perchè ha inventiva e creatività da vendere (che tutto il mondo c’invidia).
Riflettere è molto faticoso quando non lo si fa sistematicamente. E’ anche molto doloroso. Ho la testa che mi scoppia.

fonte:  http://www.democraziakmzero.org/


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