Il fattore umano spariglia ogni previsione. Quando entra in campo, i
conti non tornano quasi mai. E non esistono computer tanto potenti da
neutralizzare questa variabile. Per questo le scienze umane, secondo il
sociologo Zygmunt Bauman, teorico della “modernità liquida”, sono e resteranno
insostituibili.
Nel riproporre il testo dell’intervista
di un giornalista de La Repubblica al
famoso sociologo polacco ci limitiamo sommessamente ad osservare che concetti
simili si ritrovano, non marginalmente, nei Quaderni
di Antonio Gramsci. Costante, infatti, è stata la sua attenzione al “fattore
umano” oggi dimenticato da tutti.
RICCARDO STAGLIANO’
INTERVISTA ZYGMUNT BAUMAN
Da una parte
le neuroscienze spiegano ogni azione umana in termini di funzioni del cervello.
Dall’altra i Big Data promettono di rendere computabile qualsiasi trend
sociale. Professore, la sua è una disciplina in via di estinzione?
«Non direi. Le scienze sociali, o scienze della cultura, stanno a metà strada tra scienze e umanesimo. E oscillano tra due modelli teorici, quello di Emile Durkheim e quello di Max Weber, e le loro numerose riscritture».
Ci riassume le differenze?
«Durkheim, ardente positivista, proponeva il metodo scientifico universale e lo applicava al regno dei “fatti sociali”, che considerava realtà come le altre perché determinano i comportamenti. Weber, anti-positivista, riconosceva che la sociologia è una scienza, però diversa da quelle che si occupano della natura. Non per il terreno che coltiva, ma per il metodo di coltivazione. Nel senso che non si ferma alla spiegazione (trovare le cause) ma procede verso la comprensione (trovare il significato). Un naturalista può descrivere tutto di un albero ma non, ovviamente, come si sente. Questo è il lavoro del sociologo: cercare di capire gli oggetti del suo studio».
E in questo le neuroscienze non ci possono aiutare...
«L’oggetto della sociologia è l’esperienza umana. Che i tedeschi definiscono in due modi: Erfahrung,“qualcosa che mi è successo” ed Erlebnis, “qualcosa che ho vissuto”. Il primo può essere descritto dall’esterno, in termini oggettivi. Il secondo no, solo attraverso i racconti, pensieri e sentimenti del soggetto. E qui le neuroscienze si fermano, lasciando il posto alle scienze umane».
Riguardo ai Big Data, la quantità senza precedenti di dati digitali su ogni attività umana, dovrebbero essere una manna per uno scienziato sociale. O invece alimentano l’illusione informaticocentrica che tutto possa essere calcolabile?
«Già nel XVII secolo il grande matematico Pierre-Simon Laplace disse che se gli avessero fornito “tutti i dati” sullo stato del mondo avrebbe potuto predire ogni suo successivo stato. Sono ambizioni che ritornano. Tuttavia è una prospettiva impraticabile non a causa della scarsità di informazione quanto per l’essenziale e irreparabile contingenza del mondo e l’irremovibile presenza di accidenti che lo caratterizzano. Le possibilità sono infinite e l’infinito non può essere calcolato».
Stiamo sconfinando sul terreno della meccanica quantistica, o sbaglio?
«Esattamente. La “teoria dei molti mondi” propone che “ogni volta che si realizza un’azione subatomica l’universo si divide in multiple, differenti copie di se stesso, per cui ogni nuovo mondo rappresenta uno dei possibili esiti”. Un’ipotesi, questa degli universi costantemente proliferanti, rilanciata più di recente dalla “teoria delle stringhe”, che sostiene che esisterebbero 10.500 diverse possibilità della loro equazione, pari ad altrettanti universi. Un numero che nessun computer può gestire».
Tra i vari esempi di questa Hybris epistemologica (tutto può essere calcolato) c’è quello dei rischi finanziari. I quant di Wall Street presumevano di sapere quali mutui sarebbero stati ripagati e quali no. Che lezione possiamo trarne?
«Che l’unica verità ottenuta con criteri scientifici si basa sulla dicotomia cartesiana tra soggetto e oggetto. Nel caso delle scienze umane sarebbe raggiungibile se gli oggetti, gli esseri umani, fossero privati della loro soggettività, il che non era totalmente vero neppure nei casi più estremi come Auschwitz o i gulag. L’indisciplinato intruso tra la verità scientifico-naturale e quella scientifico-sociale è rappresentato proprio dalla soggettività umana».
Intanto Facebook ha assunto un sociologo che studia le tendenze a partire dal miliardo di suoi utenti. Ha un senso scientifico?
«Dipende da chi pretendono di rappresentare. Le grandi catene di supermercati usano già campioni del genere per predire, ad esempio, quanto l’aumento di un grado di temperatura incida sulla domanda di prodotti per il barbecue. Sono ricerche a fini commerciali, come i sondaggi tentano di strologare la politica. Ma se pretendiamo di ricavarne tendenze stocastiche nel comportamento umano generale possono rivelarsi pericolosamente fuorvianti. Vaclav Havel, vecchia volpe politica, era solito dire che per predire il futuro bisogna sapere “quali canzoni la nazione è disposta a cantare”, ma poi aggiungeva che “non c’è modo di conoscere cosa vorrà cantare l’anno prossimo”».
C’è chi azzarda che non ci sarà più bisogno di teorie, basterà dedurre la giustezza di un’idea dai dati. Che ne pensa?
«Che essa stessa è una teoria. Costoro non sarebbero in grado di provare ciò che fanno senza una teoria, basata come tutte su una serie di assunti condivisi».
Fonte: La Repubblica, 8 settembre 2013
Assolutamente vera questa conclusione di Bauman,che è poi quella dell'ultima filosofia della scienza. Nessun insieme di dati può sostituire la teoria, la quale può avere origine anche in ambito extrascientifico, e quindi trascendere il puro dato. Non dimentichiamo che le più importanti scoperte della scienza, anche fisica, hanno avuto questa genesie solo in un secondo momento hanno descritto e spiegato la realtà con dati e numeri. E questi ultimi, possono essere considerati dati reali? Non sostenevano gli antichi, da Pitagora a Platone fino a Cusano, che si tratta di principi, idee, concetti?
RispondiEliminaTutte le scienze si arenano,ahimè, senza filosofia. Chi entra nel merito della teoria delle stringhe e di studi affini nella fisica lo sa bene, ed infatti ad Heidelberg, capitale tedesca della filosofia, c'è uno degli istituti di fisica più importanti d'Europa...