11 dicembre 2014

L' IDEA DI FUNZIONE










Ricordo ancora la fatica compiuta al Liceo per comprendere il concetto matematico di FUNZIONE. 
Dopo tanti anni ho finalmente trovato nel sito  http://www.nazioneindiana.com    una chiara esposizione della storia dell'idea:


L' IDEA DI FUNZIONE  1
di  Antonio Sparzani



La parola funzione fa parte del linguaggio parlato. Che cosa significa, di preciso? Per capire un’idea occorre soppesarla a lungo, bisogna guardarla da tutti i lati possibili, aprirla, provare a usarla e infine essere in grado di criticarla. In ultimo bisogna arrivare a mangiarla, così cantava Giorgio Gaber vari anni fa.
Ora io voglio raccontarvi, in quattro passi – no, non nel delirio – la storia della formazione di questo concetto, ormai onnipervasivo non solo nelle matematiche e nelle scienze in generale, perché credo che seguendone la storia inevitabilmente si capisca meglio cosa c’è dentro adesso.
E quel che c’è dentro adesso è emerso un po’ alla volta: è il risultato di una serie di slittamenti di significato – cui anche la matematica ha contribuito – e che parte dal verbo latino fungor, che originariamente indica l’adempiere un dovere, una mansione: consulatu fungi nel latino classico significa “esercitare il consolato”.

A. Primo passo: una conseguenza di questa prima accezione è che si può usare la parola per dire che si esercita una mansione di un altro, se ne ricopre il ruolo: tipicamente, sempre nel latino classico, fungi maternis vicibus significa “far le veci della madre”. Da questa direzione di significati deriva l’italiano fungere che incorpora già ‘le veci’: “fungere da sostegno” sta per “fare quello che fa un sostegno”, anche se lo scopo originario non era quello, “fungere da madre” significa esercitare le mansioni della madre pur non essendo la madre, si può equivalentemente anche dire “fare la funzione di un sostegno”, o “della madre”, rispettivamente. Dunque la parola funzione indica qui un passaggio di azione da una cosa ad un’altra, o da una persona ad un’altra, una sostituzione, un prender su di sé la figura di qualcos’altro. Secondo la Costituzione italiana nel caso di impedimento del capo dello stato, il presidente del Senato ne assume le funzioni: vuol dire che egli, pur non essendo il capo dello stato eletto, ne assume il ruolo, prende su di sé l’onere – e l’onore – della carica.
B. Secondo passo: a questo punto si è verificato un nuovo interessante spostamento di significato all’interno della storia della matematica, fin dagli ultimi decenni del secolo XVII.
In una prima fase, che si può far simbolicamente coincidere con l’opera di Isaac Newton (i suoi Principia sono del 1687), l’idea che una qualche grandezza possa dipendere da un’altra, possa cioè variare al variare di un’altra, è limitata al caso in cui quest’ultima grandezza sia il tempo; Newton non usa ancora la parola funzione, ma usa la parola latina fluentes per indicare queste entità che hanno la caratteristica di cambiare col tempo. La parola funzione, o per meglio dire la sua versione latina functio (pur presente nel latino classico), appare per la prima volta nella storia della matematica in un manoscritto di Gottfried von Leibniz del 1673 intitolato Methodus tangentium inversa, seu de functionibus, nel quale ancora si parla del calcolo di certe speciali caratteristiche di una curva piana, quali la sottotangente, la sottonormale e altre (poco importa qui la loro definizione precisa), che rivestono un certo ruolo nell’andamento della curva e dunque ancora la parola rimane nell’alveo del significato di ‘ruolo’.
Leibniz si serve invece, per indicare la dipendenza dell’ordinata di un punto della curva dalla sua ascissa, della parola relatio, ‘relazione’. Ma nel prosieguo del manoscritto, ecco che l’autore si serve della parola functio per indicare appunto in generale queste varie caratteristiche della curva al loro variare lungo di essa, in quanto il suo scopo, nel manoscritto, è quello di risalire dal variare di queste caratteristiche alla forma della curva – di ricavare dalle functiones la relatio; nello stesso senso allargato Leibniz continuerà ad usare la parola in altri lavori del 1692 e del 1694.

C. Terzo passo. Occorre guardare a un personaggio chiave immediatamente successivo a Leibniz, il matematico e fisico svizzero Johann Bernoulli (1667-1748). È a lui che si deve la prima definizione formale di che cosa sia una funzione in quanto quantità composta di grandezze variabili:
“Definizione. Si chiama funzione di una grandezza variabile una quantità composta in una maniera qualsiasi a partire da questa grandezza variabile e da costanti”.
[On appelle fonction d’une grandeur variable une quantité composée de quelque manière que ce soit de cette grandeur variable et de constants]
L’aspetto interessante di questa definizione, oltre a quello di essere un primo tentativo di formalizzare la parola funzione all’interno delle matematiche, è quello di identificare una funzione con una espressione formale. Ad esempio
x−1; x^2 ; 3x^5 − x^2 ecc.
Dunque, in questa prima fase della ricerca di cosa sia funzione, si adotta un atteggiamento tipicamente connotativo, intensivo: per assegnare una funzione occorre che sia data una espressione che permetta di calcolarla. Essa non è però certamente unica, ad esempio le espressioni (x − 1)(x + 1) e x^2 – 1 chiaramente diverse in quanto espressioni, danno luogo agli stessi valori: per x = 2 forniscono entrambe il valore 3, per x = −1 danno entrambe il valore 0 e lo stesso accade per qualsiasi altro valore attribuito alla x; e quindi appare un aspetto poco soddisfacente: secondo la definizione di Bernoulli esse sono funzioni diverse, in quanto composizioni di simboli diverse; tuttavia si vorrebbe in maniera naturale identificarle in quanto portano appunto agli stessi numeri a partire dagli stessi numeri. Questo spinge ad adottare una definizione di funzione che badi non tanto alla sua espressione formale, ma al risultato che si ottiene per ogni valore della variabile.
Come vedrete nella prossima puntata.






 
L' IDEA DI FUNZIONE 2
di  Antonio Sparzani

Ed eccoci all’ultimo passo del cammino che porta a una definizione di funzione che finalmente ci soddisferà.
D. Quarto passo. Già nel XVIII, e poi più decisamente nel XIX secolo comincia ad affermarsi la tendenza a generalizzare la definizione di funzione, svincolandola dall’esigenza di una sua rappresentazione analitica, cioè dalla necessità – formale – di rappresentarla con una formula; la prima vera formulazione di questo tipo è dovuta a Eulero1 e suona così:
«Se alcune quantità dipendono da altre quantità in modo tale che se queste ultime vengono cambiate allora le prime anche cambiano, allora queste sono dette funzioni delle seconde. Questa denominazione è della più ampia natura e comprende ogni metodo per mezzo del quale una quantità può esser determinata da altre. Se perciò x denota una quantità variabile allora tutte le quantità che dipendono dalla x in un qualsiasi modo, o sono da questa determinate, sono dette funzioni di x.
Quest’idea non fu immediatamente condivisa dai matematici europei, ma dopo qualche decennio cominciò ad affermarsi definitivamente, nelle opere di Lagrange, Lacroix, Fourier e – infine – di Lobačevskij e Dirichlet.
Questi schematici accenni dovrebbero suggerire che l’idea che sta alla base del concetto di funzione è quella di dipendenza di una grandezza da un’altra, o da varie altre. Notate però che la parola ‘dipendenza’ può alludere a due situazioni differenti: la prima – connotativa – ad un modo causale formalmente esprimibile nel quale una grandezza y è determinata da un’altra grandezza x , esempio: la direzione di marcia di un’auto dipende strettamente dai movimenti dello sterzo; la seconda – denotativa – e dunque più astratta e casuale – esempio: se associate ad ogni intervallo di un minuto della notte dal 10 all’11 agosto 2014 il numero di stelle cadenti visibile a occhio nudo in un fissato quadrante del cielo boreale, è chiaro che ottenete una funzione perfettamente definita e determinata, ma è molto meno chiaro come si possa in qualche modo risalire dal valore della variabile indipendente (il generico intervallo di un minuto) a quello della funzione (il numero di stelle cadenti apparse in quel minuto), l’unico modo è quello di una accurata osservazione. È chiaro che in questo caso la funzione è data in modo squisitamente estensivo: si osserva – e si trascrive poi eventualmente in un grafico – il valore corrispondente ad ogni minuto; mentre nell’esempio dello sterzo c’è sicuramente modo di calcolare – e quindi anticipare – la direzione di marcia in termini dell’angolo di rotazione dello sterzo.
Allora la funzione c’è quando una cosa dipende da un’altra: al variare di questa varia quella, in un qualche modo che può essere il più vario possibile. Si tratta di metter tutto questo in una forma razionalmente corretta e comprensibile. Per farlo occorre che nella definizione sia contenuta da un lato la presenza di una quantità che può variare (e che sarà detta variabile indipendente) all’interno di un certo ben precisato ambito di possibilità – e che è detto dominio della funzione – e dall’altro la descrizione di un ambito, in generale diverso dal primo – detto codominio, o anche range, della funzione – in cui può variare la quantità (detta variabile dipendente) che dipende dalla prima; oltre a ciò occorre che sia esattamente precisata questa dipendenza. Come s’è detto questa “precisazione” può essere formale – analitica, cioè esprimibile con formule – o invece fornita dall’osservazione dei fatti. Nell’idea di funzione c’è dunque qualcosa di profondamente non simmetrico, c’è una grandezza che varia arbitrariamente all’interno di un certo ambito e ce n’è poi un’altra che varia al variare della prima. Questa non simmetria si evidenzia anche da questa caratteristica di ogni funzione, che viene detta la sua univocità: dato un valore della variabile indipendente, dunque appartenente al suo dominio, uno e un solo valore della variabile dipendente gli corrisponde. Per ogni valore dell’età di Alice è univocamente determinata la sua altezza: ad una determinata età Alice non può avere due altezze diverse. Ma se invece fissate un valore dell’altezza (dunque del codominio della funzione che stiamo considerando) esisteranno certamente molti valori dell’età di Alice cui quel valore corrisponde: Alice non continua a crescere per tutta la sua vita, né a decrescere.
Un modo standard usato dai matematici pignoli per scrivere tutto questo è questo:
funzione notazione

Dove D indica il dominio della funzione f , W indica il codominio, x il generico elemento di D e le freccette alludono in qualche modo alla asimmetria della situazione.
  1. Leonhard Euler (Basilea 1707 – San Pietroburgo 1783), grande matematico e fisico svizzero; fu allievo di Johann Bernoulli, e succedette nel 1733 al figlio di questi, Daniel, sulla cattedra di matematica dell’Accademia di San Pietroburgo. Scrisse la definizione qui riportata nella prefazione delle sue Institutiones calculi differentialis, pubblicate nel 1755. []

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