18 dicembre 2014

LA SICILIA DELL' ON. LUMIA

Alla Sicilia ci pensa Lumia <br>il senatore della porta accanto
L' On. Giuseppe Lumia (PD)

Sul nuovo sito http://www.loraquotidiano.it/ questa mattina ho trovato un ritratto al vetriolo dell' On. Giuseppe Lumia scritto da Pietrangelo Buttafuoco. Eccolo:

Alla Sicilia ci pensa Lumia
il senatore della porta accanto

Pietrangelo Buttafuoco

Se questa è mafia – Massimo Carminati è sulla tolda della pompa di benzina di Corso Francia, da dove domina il municipio di Roma – come chiamare allora, in Sicilia, il potere straordinario, di Beppe Lumia, Pd, senatore della Repubblica? È il campione dell’antimafia ed è onnipresente – senza alcuna investitura e fuori da ogni regola – a Palazzo d’Orleans, sede del governo regionale, dove presenzia, riceve e sovrintende. Forse l’antimafia si specchia nella mafia se, come da coraggioso articolo di Emanuele Lauria del 13 novembre scorso su Repubblica (edizione di Palermo), questo Richelieu del giustizialismo, su cui non è opportuno scherzare, viene evocato nella sede della Regione siciliana attraverso segnali (“L’uomo della scorta, alto, grosso e con il codino, lo vedi spesso al piano terra”) e tramite negazione (“Gli addetti alla portineria, i commessi, ne negano la presenza”).
Non c’è, ma c’è. Un Cecato, quindi, sta a Roma e fa il mafioso. Ma un Negato scende troppo spesso a Palermo, dove fa l’antimafioso e il “grande promotore d’investimenti”. È, il Negato – per dirla con Franco Piro – il referente politico delle cooperative, ed è amico di Francesco Agnello, un avvocato specializzato in società della grande distribuzione, ed è il tutore misericordioso di quel caso di dadaismo disastrato qual è Rosario Crocetta, governatore dell’Isola, tanto da accompagnarlo nella missione d’affari a Doha, nel Qatar.
Nel negarsi, Lumia, ci vede fin troppo bene. Nel concedere un crisma di farlocca legalità, quel dare immagine d’antimafia in cambio di agibilità politica, Lumia è stato il deus ex machina del predecessore di Crocetta, l’autonomista Raffaele Lombardo poi condannato (in primo grado) per associazione mafiosa. È una vicenda che ancora oggi urta Rosi Bindi, presidente della Commissione Nazionale Antimafia che, a chi scrive, dopo una puntata di Otto e Mezzo, ha detto: “Fui contraria allora, in disaccordo con il mio partito quando scelse di stare con Lombardo e il trasformismo. E lo sono anche adesso che sostiene Crocetta.”
Nel negarsi, Lumia, sceglie il profilo basso ma è stato – dal governo Lombardo a quello del successore – l’esegeta di delicatissime questioni politico-finanziarie. La prima tra tutte è la vicenda del Muos: il sistema radar dell’esercito americano, prima osteggiato e poi caldeggiato da Crocetta; ed è stato il regista dell’accordo tra l’Eni e la Regione, l’incubo petrolchimico che non si ferma perché la stagione avvelenatrice delle trivelle è tornata grazie al governo del pur arcobalenico Crocetta. Non c’è eppure sempre c’è, Lumia. Scrive ancora Lauria: “Al punto da ricevere i suoi ospiti, specie nelle giornate di venerdì e lunedì, nella stanza attigua a quella di Crocetta”. C’è, dunque, Lumia, e fa il senatore della porta accanto, un ruolo che accompagna la memoria storica ai tempi del governo Milazzo (1958), la giunta regionale dell’autonomismo regionale quando il Pci, asse portante dell’operazione politica, aveva cura di mettere sotto tutela i finti assessori.
Gustavo Genovese, nominato all’Agricoltura, aveva nella stanza accanto il senatore Nicola Cipolla, un solido nome – tra i più pesanti – della nomenklatura comunista. Per presenziare, sovrintendere e ricevere. E decidere. Cipolla, per l’esattezza storica, fu dunque il primo dei senatori della porta accanto, una specialità propria della messa in scena del potere.
C’è, eccome se c’è, Lumia. Controlla passo dopo passo – renzianamente, s’intende, perché Lumia è un convinto seguace di Matteo Renzi – anche gli amministratori e i sindaci “amici”. Succede che li chiami nottetempo, nel cuore della notte, e lo spettacolo cui sono costretti i convocati è raggelante: lui se ne resta seduto a braccia conserte, mentre gli ospiti vengono accuratamente perquisiti, per verificare che non siano armati – di registratori, non certo di pistole.
C’è, ma è il convitato da tutti negato. Fuori verbale, lasciando la porta aperta, vede scorrere davanti a sé tutti gli assessori nelle riunioni di giunta. Il suo potere è dunque fondato su un equivoco, antico e accettato: chiunque abbia un’istanza, non perde tempo a rivolgersi al presidente della Regione. Nel giro degli affari, tutti sanno che si deve passare sempre da Lumia, il senatore della porta accanto. Come neanche un Carminati, il cui metodo di potere è la mafia, Lumia, che è l’antimafia, non limita il proprio carisma a mettere una mano santa su Crocetta, ma si esercita nell’attenta esecuzione di un metodo: lo spoils-system, che gli assicura di avere capillarmente, nei singoli assessorati, dirigenti e uomini del gabinetto di governo a lui riconducibili. Nella partecipate, infatti, c’è tutto un vivamaria di assunzioni se perfino la nomina di Antonio Ingroia, incappato in questa giostra malefica, è finita sotto inchiesta della Corte dei conti.
Capita che l’antimafia abbia a specchiarsi nella mafia, un po’ come in teologia Dio nel suo opposto; e siccome il business più vecchiamente mafioso è quello della monnezza (cui è speculare, visti gli esiti romani, la gestione delle bombe demografiche), quando Lumia – dovendo adoperarsi al meglio tra rifiuti, discariche e termo-valorizzatori – suggerì di mettere Nicolò Marino, un magistrato, al vertice dell’assessorato all’Energia, ne ebbe un disastro. Sia sul piano pratico sia sul mito della legalità. Tanto da costringere Crocetta a correre ai ripari e a liquidare Marino immediatamente. Prima che a scandalo si unisse altro scandalo. Prima che il percolato, in tema di monnezza, coprisse tutto e tutti. Come neppure a Roma avrebbe potuto fare un Carminati qualunque.

Da Il Fatto Quotidiano del 17 dicembre 2014

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