Introduzione alla vita non fascista
Préface di Michel Foucault alla traduzione americana del libro: Gilles Deleuze et Félix Guattari, L’Anti-Oedipe: capitalisme et schizophrénie, Viking Press, New York, 1977; cfr.: Michel Foucault, Dits et Ecrits II, 1976-1988, Paris, Gallimard, 2001 (1a ediz.: 1994), p. 133-136.
Traduzione di Carmine Mangone.
Traduzione di Carmine Mangone.
Durante gli anni 1945-1965 (mi riferisco
all’Europa), c’era un modo di pensare ritenuto corretto, un preciso
stile del discorso politico, una precisa etica dell’intellettuale.
Bisognava avere familiarità con Marx, non lasciare che i sogni
vagabondassero troppo distanti da Freud, trattare i sistemi di segni –
il significante – col più grande rispetto. Queste erano le tre
condizioni che rendevano accettabile quella singolare occupazione che
consiste nello scrivere e nell’enunciare una parte di verità su di sé e
sulla propria epoca.
Poi giunsero cinque anni brevi, appassionanti, cinque anni di gioie ed enigmi. Alle porte del nostro mondo il Vietnam, ovviamente, e il primo grande colpo inferto ai poteri costituiti. Ma cosa stava accadendo esattamente così addentro le nostre mura? Un amalgama di politica rivoluzionaria e anti-repressiva? Una guerra condotta su due fronti – lo sfruttamento sociale e la repressione psichica? Un aumento della libido modulato dal conflitto di classe? È possibile. In ogni modo, è attraverso quest’interpretazione familiare e dualista che si è preteso spiegare gli eventi di quegli anni. Il sogno che aveva affascinato, tra la Prima Guerra mondiale e l’avvento del fascismo, le frazioni più utopiste d’Europa – la Germania di Wilhelm Reich e la Francia dei surrealisti – era tornato ad abbracciare la realtà stessa: Marx e Freud illuminati dalla medesima incandescenza.
Ma è accaduto proprio questo? È stata davvero una ripresa del progetto utopico degli anni Trenta, sul piano, stavolta, della pratica storica? O c’è stato, al contrario, un movimento verso delle lotte politiche che non si conformavano più al modello prescritto dalla tradizione marxista, verso una esperienza e una tecnologia del desiderio che non erano più freudiani? Sono stati branditi di certo i vecchi stendardi, ma la lotta si è spostata e ha conquistato nuove zone.
L’Anti-Edipo mostra, anzitutto, l’estensione della superficie coperta. Ma fa molto di più. Non si perde nel denigrare i vecchi idoli, pur giocando molto con Freud. E, soprattutto, ci incita ad andare più lontano.
Poi giunsero cinque anni brevi, appassionanti, cinque anni di gioie ed enigmi. Alle porte del nostro mondo il Vietnam, ovviamente, e il primo grande colpo inferto ai poteri costituiti. Ma cosa stava accadendo esattamente così addentro le nostre mura? Un amalgama di politica rivoluzionaria e anti-repressiva? Una guerra condotta su due fronti – lo sfruttamento sociale e la repressione psichica? Un aumento della libido modulato dal conflitto di classe? È possibile. In ogni modo, è attraverso quest’interpretazione familiare e dualista che si è preteso spiegare gli eventi di quegli anni. Il sogno che aveva affascinato, tra la Prima Guerra mondiale e l’avvento del fascismo, le frazioni più utopiste d’Europa – la Germania di Wilhelm Reich e la Francia dei surrealisti – era tornato ad abbracciare la realtà stessa: Marx e Freud illuminati dalla medesima incandescenza.
Ma è accaduto proprio questo? È stata davvero una ripresa del progetto utopico degli anni Trenta, sul piano, stavolta, della pratica storica? O c’è stato, al contrario, un movimento verso delle lotte politiche che non si conformavano più al modello prescritto dalla tradizione marxista, verso una esperienza e una tecnologia del desiderio che non erano più freudiani? Sono stati branditi di certo i vecchi stendardi, ma la lotta si è spostata e ha conquistato nuove zone.
L’Anti-Edipo mostra, anzitutto, l’estensione della superficie coperta. Ma fa molto di più. Non si perde nel denigrare i vecchi idoli, pur giocando molto con Freud. E, soprattutto, ci incita ad andare più lontano.
Sarebbe un errore leggere L’Anti-Edipo come il
nuovo quadro di riferimento teorico (avrete sentito parlare di questa
famosa teoria che ci è stata così spesso annunciata: quella che va ad
inglobare tutto, che è assolutamente totalizzante e rassicurante,
quella, ci assicurano, della quale «avevamo tanto bisogno» in
quest’epoca di dispersione e di specializzazione in cui la «speranza»
viene meno). Non bisogna cercare una «filosofia» in questa straordinaria
profusione di nozioni nuove e di concetti sorprendenti: L’Anti-Edipo non è un pacchiano Hegel. Io credo che il modo migliore per leggere L’Anti-Edipo
sia di avvicinarlo come un’«arte», nel senso in cui si parla, ad
esempio, di arte erotica. Fondandosi su nozioni in apparenza astratte
come molteplicità, flussi, dispositivi e concatenamenti, l’analisi del
rapporto del desiderio con la realtà e con la «macchina» capitalista
apporta delle risposte a questioni concrete. Questioni che si
preoccupano meno del perché delle cose che del loro come.
Come s’introduce il desiderio nel pensiero, nel discorso, nell’azione?
In che modo il discorso può e deve dispiegare le sue forze nella sfera
della politica e intensificarsi nel processo di rovesciamento
dell’ordine stabilito? Ars erotica, ars teoretica, ars politica.
Da cui i tre avversari coi quali L’Anti-Edipo si confronta. Tre avversari che non hanno la stessa forza, che rappresentano gradi diversi di minaccia e che questo libro combatte con mezzi differenti:
Da cui i tre avversari coi quali L’Anti-Edipo si confronta. Tre avversari che non hanno la stessa forza, che rappresentano gradi diversi di minaccia e che questo libro combatte con mezzi differenti:
1) Gli asceti politici, i militanti cupi,
i terroristi della teoria, coloro che vorrebbero preservare l’ordine
puro della politica e del discorso politico. I burocrati della
rivoluzione e i funzionari della Verità.
2) I tecnici mediocri del desiderio, gli psicanalisti e i semiologi che registrano ogni segno e ogni sintomo, e che vorrebbero ridurre l’organizzazione molteplice del desiderio alla legge binaria di struttura e mancanza.
3) Infine, il nemico maggiore, l’avversario strategico: il fascismo (laddove l’opposizione de’ L’Anti-Edipo agli altri suoi nemici costituisce semmai un impegno tattico). E non soltanto il fascismo storico di Hitler e Mussolini, che ha saputo mobilitare e impiegare così bene il desiderio delle masse, ma anche il fascismo che è in noi, che possiede i nostri spiriti e le nostre condotte quotidiane, il fascismo che ci fa amare il potere, desiderare proprio la cosa che ci domina e ci sfrutta.
2) I tecnici mediocri del desiderio, gli psicanalisti e i semiologi che registrano ogni segno e ogni sintomo, e che vorrebbero ridurre l’organizzazione molteplice del desiderio alla legge binaria di struttura e mancanza.
3) Infine, il nemico maggiore, l’avversario strategico: il fascismo (laddove l’opposizione de’ L’Anti-Edipo agli altri suoi nemici costituisce semmai un impegno tattico). E non soltanto il fascismo storico di Hitler e Mussolini, che ha saputo mobilitare e impiegare così bene il desiderio delle masse, ma anche il fascismo che è in noi, che possiede i nostri spiriti e le nostre condotte quotidiane, il fascismo che ci fa amare il potere, desiderare proprio la cosa che ci domina e ci sfrutta.
Direi che L’Anti-Edipo (possano i
suoi autori perdonarmi) è un libro di etica, il primo libro di etica
che sia stato scritto in Francia da molto tempo a questa parte (forse è
questa la ragione per cui il suo successo non si è limitato ad un
«lettorato» particolare: essere anti-edipici è diventato uno stile di
vita, un modo di pensiero e di vita). Come fare per non diventare
fascisti anche (e soprattutto) quando ci si crede dei militanti
rivoluzionari? Come liberare i nostri discorsi e i nostri atti, i nostri
cuori e i nostri desideri dal fascismo? Come lavar via il fascismo che
si è incrostato nel nostro comportamento? I moralisti cristiani
cercavano le tracce della carne installata tra le pieghe dell’anima.
Deleuze e Guattari, da parte loro, braccano le più infime tracce di
fascismo presenti nel corpo.
Rendendo un modesto omaggio a San Francesco di Sales, si potrebbe dire che L’Anti-Edipo è un’Introduzione alla vita non-fascista. Quest’arte di vivere, contraria a tutte le forme di fascismo, siano esse interne o prossime all’essere, si accompagna ad un certo numero di principî essenziali, che io, se dovessi fare di questo grande libro un manuale o una guida per la vita quotidiana, riassumerei come segue:
Rendendo un modesto omaggio a San Francesco di Sales, si potrebbe dire che L’Anti-Edipo è un’Introduzione alla vita non-fascista. Quest’arte di vivere, contraria a tutte le forme di fascismo, siano esse interne o prossime all’essere, si accompagna ad un certo numero di principî essenziali, che io, se dovessi fare di questo grande libro un manuale o una guida per la vita quotidiana, riassumerei come segue:
• liberate l’azione politica da ogni forma di paranoia unitaria e totalizzante;
• fate crescere l’azione, il pensiero e i desideri per proliferazione, giustapposizione e disgiunzione, anziché per suddivisione e gerarchizzazione piramidale;
• affrancatevi dalle vecchie categorie del Negativo (la legge, il limite, la castrazione, la mancanza, la lacuna), che il pensiero occidentale ha così a lungo sacralizzato come forma di potere e modo di accesso alla realtà. Preferite ciò che è positivo e multiplo, la differenza all’uniforme, il flusso alle unità, i dispositivi mobili ai sistemi. Tenete presente che ciò che è produttivo non è sedentario, ma nomade;
• non crediate che si debba esser tristi per essere dei militanti, anche quando la cosa che si combatte è abominevole. È ciò che lega il desiderio alla realtà (e non la sua fuga nelle forme della rappresentazione) a possedere una forza rivoluzionaria;
• non utilizzate il pensiero per dare un valore di verità ad una pratica politica, né l’azione politica per discreditare un pensiero come se fosse una pura speculazione. Utilizzate la pratica politica come un intensificatore del pensiero, e l’analisi come un moltiplicatore delle forme e dei domini d’intervento dell’azione politica;
• non pretendiate dalla politica che ristabilisca i «diritti» dell’individuo per come li ha definiti la filosofia. L’individuo è il prodotto del potere. Occorre invece «disindividualizzare» attraverso la moltiplicazione e la dislocazione dei diversi dispositivi. Il gruppo non deve essere il legame organico che unisce gli individui gerarchizzati, ma un costante generatore di «disindividualizzazione»;
• non innamoratevi del potere.
• fate crescere l’azione, il pensiero e i desideri per proliferazione, giustapposizione e disgiunzione, anziché per suddivisione e gerarchizzazione piramidale;
• affrancatevi dalle vecchie categorie del Negativo (la legge, il limite, la castrazione, la mancanza, la lacuna), che il pensiero occidentale ha così a lungo sacralizzato come forma di potere e modo di accesso alla realtà. Preferite ciò che è positivo e multiplo, la differenza all’uniforme, il flusso alle unità, i dispositivi mobili ai sistemi. Tenete presente che ciò che è produttivo non è sedentario, ma nomade;
• non crediate che si debba esser tristi per essere dei militanti, anche quando la cosa che si combatte è abominevole. È ciò che lega il desiderio alla realtà (e non la sua fuga nelle forme della rappresentazione) a possedere una forza rivoluzionaria;
• non utilizzate il pensiero per dare un valore di verità ad una pratica politica, né l’azione politica per discreditare un pensiero come se fosse una pura speculazione. Utilizzate la pratica politica come un intensificatore del pensiero, e l’analisi come un moltiplicatore delle forme e dei domini d’intervento dell’azione politica;
• non pretendiate dalla politica che ristabilisca i «diritti» dell’individuo per come li ha definiti la filosofia. L’individuo è il prodotto del potere. Occorre invece «disindividualizzare» attraverso la moltiplicazione e la dislocazione dei diversi dispositivi. Il gruppo non deve essere il legame organico che unisce gli individui gerarchizzati, ma un costante generatore di «disindividualizzazione»;
• non innamoratevi del potere.
Si potrebbe addirittura affermare che
Deleuze e Guattari amano così poco il potere da mettere in atto il
tentativo di neutralizzare gli effetti dei poteri legati al loro stesso
discorso. Da qui i giochi e le trappole che si trovano un po’
dappertutto nel libro, e che rendono la sua traduzione un vero tour de
force. Ma non si tratta delle trappole familiari della retorica, che
cercano di sedurre il lettore senza che egli sia cosciente della
manipolazione, finendo per guadagnarlo alla causa degli autori contro la
sua volontà. Le trappole de’ L’Anti-Edipo sono quelle
dell’humour: altrettanti inviti a lasciarsi espellere, a prendere
congedo dal testo sbattendo la porta. Il libro induce spesso a pensare
che si tratti solo di giochi e humour, laddove succede invece qualcosa
d’essenziale, qualcosa che è della più grande serietà: la caccia a tutte
le forme di fascismo, da quelle, colossali, che ci circondano e ci
schiacciano, fino alle minute forme che fanno l’amara tirannia delle
nostre vite quotidiane.
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