07 giugno 2018

R. GIUE' SULLA PROSSIMA VISITA DEL PAPA A PALERMO


Papa Francesco in visita a Palermo
LA SFIDA DEL PAPA PER UNA CHIESA DALLA SCHIENA DRITTA

di ROSARIO GIUE'
      Il prossimo 15 settembre papa Francesco sarà in visita pastorale a Palermo. La scelta della data è chiara: quest’anno ricorre il XXV anniversario del martirio di don Giuseppe Puglisi per mano mafiosa. La visita a Palermo va situata all’interno di un itinerario, direi di un pellegrinaggio, che papa Francesco sta compiendo alla ricerca della memoria di alcuni profeti che hanno segnato la vita della Chiesa italiana. Il Papa venuto dalla periferia, «quasi dalla fine del mondo», verrà a Palermo, infatti, dopo essere stato in visita a Barbiana sulla tomba di don Lorenzo Milani, a Bozzolo sulla tomba di don Primo Mazzolari, ad Alessano sulla tomba del vescovo pugliese Tonino Bello e a Nomadeflia, l’istituzione fondata da don Zeno Saltini.
All’interno di questo itinerario Francesco a Palermo viene a sostenere la Chiesa sognata e incarnata da don Puglisi: una Chiesa povera e, dunque, più libera. Il Papa viene a confermare il sogno di una Chiesa senza trionfalismi, senza ricerca di alleanze politiche e finanziarie, che non si chiude in sicuri palazzi o in sacrestie piene di fumo d’incenso o nella propria autosufficienza. La visita di Francesco è l’incoraggiamento per la nascita di una Chiesa che, di fronte all’arroganza del potere mafioso, non si gira dall’altra parte, non fa finta di nulla, non vuole essere complice della mafia anche solo con il silenzio o con la delega della lotta di liberazione ad altri, ma decide di stare con la schiena dritta. Francesco arriva qui, dunque, per indicare il cammino di una Chiesa di strada: più umana e, per questo, più cristiana. Una Chiesa che si fa convertire dalla situazione. Una Chiesa che non sceglie o esalta, con troppa facilità, il martirio. Ma che di fronte ad una situazione di violenza mafiosa strutturale, divenuta rischiosa e pericolosa solo se si annuncia e testimonia il Vangelo di liberazione, sa resistere come don Puglisi.
La nota domanda di Puglisi «sì, ma verso dove?» con la visita di papa Francesco viene rilanciata e amplificata. E aspetta una risposta, possibilmente non emotiva o episodica ma programmatica. Una domanda che chiama in causa tutta la comunità ecclesiale palermitana. Nella consapevolezza, del resto, che non possiamo immaginare un Vangelo “convenzionale”, solo da predicare in astratto. Un Vangelo “neutrale” non esiste. Esso diventa un “fatto”, una testimonianza nella cità degli uomini e delle donne, se ci si pone in ascolto delle provocazioni sociali e storiche fino a metterci in gioco.
Papa Francesco, con il suo ministero profetico ma fastidioso per molti anche dentro la Chiesa, dà voce a tutto ciò. La questione del dove collocarsi, per evitare di essere una Chiesa religiosamente alienata, per Francesco è centrale e decisiva. Dio si assimila, egli dice, prima di tutto con il Samaritano che si china sulle ferite di chi è annientato o violentata sull’orlo della strada. Per Francesco, lo sappiamo ormai, al centro della vita della Chiesa non stanno le condanne e le censure, bensì il Vangelo della Misericordia. Con Francesco «al centro non c’è la legge e la giustizia legale, ma l’amore di Dio, che sa leggere nel cuore di ogni persona» a cominciare dalle escluse e dagli scartati prodotti dal sistema sociale ed economico.
Come sarebbe piaciuto a padre Pino Puglisi trovarsi al tempo di papa Francesco! Come sarebbe stato felice di vedere Francesco pregare sulla tomba di don Mazzolari o di don Lorenzo Milani. Come sarebbe stato felice di poter amare un Papa che nel suo primo viaggio, dopo l’elezione, scelse di recarsi a Lampedusa come segno di una Chiesa che fa propria la causa dei migranti, dei derelitti, delle non-persone prodotti dalla «globalizzazione dell’indifferenza» (Omelia a Lampedusa).
Ma, se è vero che Francesco visiterà Palermo per fare memoria di don Puglisi, è pur vero che il Papa viene anche per sostenere e incoraggiare il cammino indicato da don Corrado Lorefice alla sua diocesi. Francesco lo aveva chiamato dalla periferia, ormai due anni e mezzo fa, proprio per dare voce e sostanza ad una «Chiesa in uscita», ad una Chiesa che preferisce sporcarsi le mani piuttosto che rimanere immobile e impassibile. La sfida è quella di una Chiesa gioiosa e accogliente con le finestre aperte, anche alle diversità. Don Corrado passo dopo passo, pur tra resistenze, diffidenze e burocrazie, sta segnando con vari gesti questo processo di Chiesa diocesana «in uscita», di Chiesa in «cammino» verso una necessaria e urgente riforma dell’essere cristiani qui ed ora. Venendo a Palermo papa Bergoglio vuole anche dire, dunque, che la strada intrapresa da don Corrado va proseguita e sostenuta, con fiducia e coraggio."

Articolo di Rosario Giuè, già pubblicato su Repubblica/Palermo, martedì 29 maggio 2018.

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