Propongo di seguito la recensione di Giuseppe Panella all'ennesimo saggio critico in torno all'opera letteraria di L. F. Céline:
Marco Fagioli – Stefano Lanuzza, Marginalia intorno a Louis-Ferdinand Céline, Firenze, AION Edizioni, 2018
_____________________________
di Giuseppe Panella*
Non sono certo marginali i problemi, le connessioni e
i rapporti intellettuali e letterari sollevati da Fagioli e Lanuzza a
proposito dell’opera di Louis-Ferdinand Céline, soprattutto rispetto ai
suoi scritti più controversi e combattuti come le Bagatelles pour une massacre
o i romanzi “autobiografici” del grande scrittore francese. Così come
non sono marginali gli interrogativi morali suscitati da questioni
ancora scottanti come il “forsennato” antisemitismo di Céline o quelli
estetici legati al suo rapporto con le altre arti (la pittura, il
cinema, la musica, la canzone).
Céline è ancora tutto un continente letterario e
storico da esplorare nonostante la gran quantità di inchiostro versato
sulla sua vita e sulla sua opera e la grande battaglia critica e
politica combattuta in suo nome. Forse per nessuno degli altri grandi
scrittori del Novecento lo schieramento si è diviso in maniera così
netta tra chi lo voleva relegato nell’enfer degli scrittori
pericolosi e funesti, da evitare o da boicottare (si pensi alla severa
quanto infondata condanna di Sartre che pure aveva attinto a piene mani
dalla sua proposta letteraria e dal suo laboratorio stilistico) e chi,
invece, tendeva a giustificare tutto di lui, ogni suo scritto compresi i
pamphlet antisemiti più accesi, in nome della supremazia della
scrittura e dello stile. Il fatto è che anche nel caso Céline, anche se
ammetto che è molto difficile, bisogna distinguere tra le asprezze
dell’uomo e le sue vicende personali e il risultato della sua proposta
di scrittura e la sua rivoluzione stilistica.
Il volume è diviso in
due parti abbastanza ben distinte anche se alla fine il progetto risulta
unitario: Fagioli si è occupato principalmente della vexata quaestio
dell’antisemitismo céliniano e del suo rapporto con le altre arti (la
pittura, il cinema) mentre Lanuzza ha pubblicato una robusta e notevole
quantità di documenti relativi alla produzione dello scrittore francese.
Molto interessanti in questa sezione sono i testi di due canzoni
scritte da Cèline e che mostrano la sua ampia e rilevantemente colorita
conoscenza dell’argot (soprattutto la seconda, intitolata Regolamento
[di conti] che si avvale oggi anche di una versione italiana ad opera
del paroliere Pasquale Panella) come pure le traduzioni di numerose
interviste rilasciate dallo scrittore in diverse occasioni e che hanno
come minimo comune denominatore il rifiuto di ogni appartenenza a
qualsivoglia scuola letteraria e l’orgogliosa rivendicazione della
propria assoluta originalità. I suoi giudizi sugli scrittori a lui
contemporanei poi sono quasi sempre al vetriolo: a Camus viene
rimproverato di essere un fastidioso e becero moralista di stampo
cattolico, ad esempio, mentre Hemingway è definito “fasullo, un
dilettante”.
Ma – come si è già detto – il problema principale
esaminato soprattutto da Fagioli è quello dell’antisemitismo di Céline,
il nodo cruciale e la svolta della sua carriera. Quando, infatti, viene
pubblicato il primo dei tre pamphlet incriminati e nonostante le polemiche seguite a Mort à credit,
lo scrittore è considerato tutt’altro che un fascista reazionario: il suo Voyage…
era stato recensito da Lèvi-Strauss come un romanzo pacifista di
ispirazione progressista (se non socialista) e come tale era stato
recepito in Unione Sovietica. L’esplosione legata alla violentissima
polemica anti-ebraica delle Bagatelles... lo trasforma quasi
immediatamente in un mostro già nel 1937 e lo colloca politicamente
all’estrema destra in una posizione non solo scomoda ma certamente
rifiutata dallo scrittore. Il fatto è che fin da subito l’antisemitismo
di Céline, dichiarato a livello ideologico ma espresso con lo stile che
aveva contrassegnato le opere precedenti sia pure con una veemenza e una
concitazione di gran lunga maggiori, vale a contraddistinguere tutta la
sua opera e a riverberare sull’opera romanzesca come una sorta di
marchio di fabbrica. Céline diventa il filo-nazista, il fascista, il
criminale, l’antisemita “a pagamento” (l’accusa è ovviamente di Sartre):
criminalizzato cioè senza che abbia commesso alcun crimine concreto né
abbia assunto posizioni favorevoli ai tedeschi nei confronti dei quali
manterrà sempre un distacco critico financo pericoloso per la sua
sopravvivenza (questo si evince fin dalla stesura di Bagatelle…). In sostanza non sarà mai un collaborazionista a pieno titolo come Drieu La Rochelle o Brasillach.
(Su tutti questi aspetti del percorso céliniano, mi
permetto di rimandare al mio “Estetica del collaborazionismo. Drieu La
Rochelle, Céline e gli altri “cani di paglia””, Introduzione a Pierre
Drieu La Rochelle, Non si può più attendere, trad. it., introduzione e note di Giuseppe Panella, Firenze, Clinamen, 2015, op. 7-27).
Ma la veemenza antisemita di Céline non basta a
giustificare la polemica successiva sulla sua scrittura perché o si
considera il suo antisemitismo come la fonte ispiratrice di tutta la sua
opera a partire dal 1937 (il che non è) oppure bisogna valutare caso
per caso e accertare la presenza della polemica che inficia il valore di
Bagatelle… anche nei romanzi successivi a partire da Guignol’s Band. L’interrogativo di frontiera che i due autori di questi importanti Marginalia si pongono è appunto questo: i pamphlet antisemiti esauriscono il lascito letterario
di Céline oppure sono il momento meno significativo o più basso o più
delirante della sua produzione e sono stati scritti per dimostrare una
tesi mai più ripresa dallo stesso loro autore? Per concludere bastano le
Bagatelle… a condannare all’oblio uno dei più grandi scrittori europei
del Novecento? E le sgradevolezze e le idiosincrasie dell’uomo
distruggono completamente l’impatto straordinariamente innovatore della
sua opera? Credo che leggere Céline sia il metodo migliore e più
significativo per provare a capire che cosa è successo nella sua
officina letteraria al di là dell’ideologia e della rabbia persecutoria
del dopoguerra.
Pezzo ripreso da: https://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2018/09/22/sul-tamburo-n-77-marco-fagioli-stefano-lanuzza-marginalia-intorno-a-louis-ferdinand-celine/
Nessun commento:
Posta un commento