22 settembre 2018

CELINE DIVIDE ANCORA





Propongo di seguito la recensione di Giuseppe Panella all'ennesimo saggio critico in torno all'opera letteraria di L. F. Céline

Marco Fagioli – Stefano Lanuzza, Marginalia intorno a Louis-Ferdinand Céline, Firenze, AION Edizioni, 2018
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di Giuseppe Panella*

Non sono certo marginali i problemi, le connessioni e i rapporti intellettuali e letterari sollevati da Fagioli e Lanuzza a proposito dell’opera di Louis-Ferdinand Céline, soprattutto rispetto ai suoi scritti più controversi e combattuti come le Bagatelles pour une massacre o i romanzi “autobiografici” del grande scrittore francese. Così come non sono marginali gli interrogativi morali suscitati da questioni ancora scottanti come il “forsennato” antisemitismo di Céline o quelli estetici legati al suo rapporto con le altre arti (la pittura, il cinema, la musica, la canzone).
Céline è ancora tutto un continente letterario e storico da esplorare nonostante la gran quantità di inchiostro versato sulla sua vita e sulla sua opera e la grande battaglia critica e politica combattuta in suo nome. Forse per nessuno degli altri grandi scrittori del Novecento lo schieramento si è diviso in maniera così netta tra chi lo voleva relegato nell’enfer degli scrittori pericolosi e funesti, da evitare o da boicottare (si pensi alla severa quanto infondata condanna di Sartre che pure aveva attinto a piene mani dalla sua proposta letteraria e dal suo laboratorio stilistico) e chi, invece, tendeva a giustificare tutto di lui, ogni suo scritto compresi i pamphlet antisemiti più accesi, in nome della supremazia della scrittura e dello stile. Il fatto è che anche nel caso Céline, anche se ammetto che è molto difficile, bisogna distinguere tra le asprezze dell’uomo e le sue vicende personali e il risultato della sua proposta di scrittura e la sua rivoluzione stilistica.
Il volume è diviso in due parti abbastanza ben distinte anche se alla fine il progetto risulta unitario: Fagioli si è occupato principalmente della vexata quaestio dell’antisemitismo céliniano e del suo rapporto con le altre arti (la pittura, il cinema) mentre Lanuzza ha pubblicato una robusta e notevole quantità di documenti relativi alla produzione dello scrittore francese. Molto interessanti in questa sezione sono i testi di due canzoni scritte da Cèline e che mostrano la sua ampia e rilevantemente colorita conoscenza dell’argot (soprattutto la seconda, intitolata Regolamento [di conti] che si avvale oggi anche di una versione italiana ad opera del paroliere Pasquale Panella) come pure le traduzioni di numerose interviste rilasciate dallo scrittore in diverse occasioni e che hanno come minimo comune denominatore il rifiuto di ogni appartenenza a qualsivoglia scuola letteraria e l’orgogliosa rivendicazione della propria assoluta originalità. I suoi giudizi sugli scrittori a lui contemporanei poi sono quasi sempre al vetriolo: a Camus viene rimproverato di essere un fastidioso e becero moralista di stampo cattolico, ad esempio, mentre Hemingway è definito “fasullo, un dilettante”.
Ma – come si è già detto – il problema principale esaminato soprattutto da Fagioli è quello dell’antisemitismo di Céline, il nodo cruciale e la svolta della sua carriera. Quando, infatti, viene pubblicato il primo dei tre pamphlet incriminati e nonostante le polemiche seguite a Mort à credit,
lo scrittore è considerato tutt’altro che un fascista reazionario: il suo Voyage… era stato recensito da Lèvi-Strauss come un romanzo pacifista di ispirazione progressista (se non socialista) e come tale era stato recepito in Unione Sovietica. L’esplosione legata alla violentissima polemica anti-ebraica delle Bagatelles... lo trasforma quasi immediatamente in un mostro già nel 1937 e lo colloca politicamente all’estrema destra in una posizione non solo scomoda ma certamente rifiutata dallo scrittore. Il fatto è che fin da subito l’antisemitismo di Céline, dichiarato a livello ideologico ma espresso con lo stile che aveva contrassegnato le opere precedenti sia pure con una veemenza e una concitazione di gran lunga maggiori, vale a contraddistinguere tutta la sua opera e a riverberare sull’opera romanzesca come una sorta di marchio di fabbrica. Céline diventa il filo-nazista, il fascista, il criminale, l’antisemita “a pagamento” (l’accusa è ovviamente di Sartre): criminalizzato cioè senza che abbia commesso alcun crimine concreto né abbia assunto posizioni favorevoli ai tedeschi nei confronti dei quali manterrà sempre un distacco critico financo pericoloso per la sua sopravvivenza (questo si evince fin dalla stesura di Bagatelle…). In sostanza non sarà mai un collaborazionista a pieno titolo come Drieu La Rochelle o Brasillach.
(Su tutti questi aspetti del percorso céliniano, mi permetto di rimandare al mio “Estetica del collaborazionismo. Drieu La Rochelle, Céline e gli altri “cani di paglia””, Introduzione a Pierre Drieu La Rochelle, Non si può più attendere, trad. it., introduzione e note di Giuseppe Panella, Firenze, Clinamen, 2015, op. 7-27).
Ma la veemenza antisemita di Céline non basta a giustificare la polemica successiva sulla sua scrittura perché o si considera il suo antisemitismo come la fonte ispiratrice di tutta la sua opera a partire dal 1937 (il che non è) oppure bisogna valutare caso per caso e accertare la presenza della polemica che inficia il valore di Bagatelle… anche nei romanzi successivi a partire da Guignol’s Band. L’interrogativo di frontiera che i due autori di questi importanti Marginalia si pongono è appunto questo: i pamphlet antisemiti esauriscono il lascito letterario di Céline oppure sono il momento meno significativo o più basso o più delirante della sua produzione e sono stati scritti per dimostrare una tesi mai più ripresa dallo stesso loro autore? Per concludere bastano le Bagatelle… a condannare all’oblio uno dei più grandi scrittori europei del Novecento? E le sgradevolezze e le idiosincrasie dell’uomo distruggono completamente l’impatto straordinariamente innovatore della sua opera? Credo che leggere Céline sia il metodo migliore e più significativo per provare a capire che cosa è successo nella sua officina letteraria al di là dell’ideologia e della rabbia persecutoria del dopoguerra.

Pezzo ripreso da: https://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2018/09/22/sul-tamburo-n-77-marco-fagioli-stefano-lanuzza-marginalia-intorno-a-louis-ferdinand-celine/





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