L' IDIOTA DI DOSTOEVSKIJ RACCONTATO DA ANNA VASTA
La follia come valore
Anna Vasta
A 16 anni, m' innamorai del principe
Myskin, l'Idiota di Fëdor Michailovič Dostoevskij. E ancora non finisce
di prendermi e sorprendermi questo non romanzo. Dove non c'è narrazione,
né una trama, né eventi e fatti che divengano, si evolvano da un inizio
a una fine. Qui tutto si svolge come su una scena di teatro, dove il
dramma finale è già nell'atto iniziale. E il pathos si concentra in
gesti, comportamenti, più che in parole. Non c'è azione perché la tensione
è così alta da non concedere distrazione alcuna dai rivolgimenti che
accadono nell'animo perturbato del Principe Myskin, da quella sua
apparente follia che altro non è che una sorta di originaria innocenza.
Ingenuità, nel senso letterale del termine, di semplicità spoglia di
ogni pregiudizio e audodifesa, disarmata e disarmante che lo porta ad
amare incondizionatamente e senza tutele gli altri. Una follia che
accende i cuori anche di personaggi del tutto a lui alieni, come
Rogozin- figlio di mercante, rozzo e violento, innamorato di Nastas'ja
Filippovna, la donna perduta eppure innocente e pura come una bambina,
che il Principe vuole sposare, per strapparla al suo infelice destino,
sacrificando per un amore che ha poco di umano, il trasporto per Aglaja.
La fanciulla altera e ignara della vita, ma capricciosa e altezzosa,
che ama Myskin con la spietatezza di un'adolescente. Ma malgrado la sua
immensa capacità di amare, proprio a causa di questa, egli fallisce
nella sua nobile utopia di redenzione. Rogozin, pazzo di gelosia uccide
Nastas'ja e il principe precipita in quel suo stato di demenza, da cui
sembrava guarito. Soccombe così al male di un mondo feroce, che non
conosce la compassione e la pietà. Una figura quella del principe di
enigmatico stupore e mistero, per gli abissi di infelicità a cui
s'abbandona e gli ardimentosi voli di fiducia nell'uomo e di entusiasmo a
cui s'innalza. Con questa opera altissima del mio amatissimo
Dostoevskij ho scoperto la follia come valore, come impossibilità di
adeguarsi al reale e non per difetto, ma per un eccesso di umanità e di
sensibilità, e anche di saggezza. La saggezza elementare dei fanciulli, e
dei “poveri di spirito” a cui nel Vangelo è destinato il regno dei
cieli.
Anna Vasta
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