Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio del torturati
più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre
RESISTENZA
"Di questa malattia profonda di
cui tutti siamo stati infetti, il fascismo non è stato che un sintomo acuto: e
la resistenza è stata la crisi benefica che ci ha guariti, col ferro e col
fuoco, da questo universale deperimento dello spirito.[...] Ciò che ci turba
non è il veder circolare di nuovo per le piazze queste facce note: il pericolo
non è lì; non saranno i vecchi fascisti che rifaranno il fascismo. Che tornino
in libertà i torturatori e i collaborazionisti e i razziatori può essere una
incresciosa necessità di pacificazione che non cancella il disgusto: talvolta
il perdono è una forma superiore di disprezzo. No, il pericolo non è in loro: è
negli altri, è in noi: in questa facilità di oblio, in questo rifiuto di trarre
le conseguenze logiche della esperienza sofferta, in questo riattaccarsi con
pigra nostalgia alle comode e cieche viltà del passato."
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