10 settembre 2018

ENNIO FLAIANO AL CINEMA




      “Due serate trascorse al cinema, un film di violenza e un altro di sensualità contemporanea. Nella noia, capisco di colpo la verità che è nell’aforisma di McLuhan, “il medium è il messaggio”. Cioè, è il Cinema che andiamo a vedere, non il Film; quella realtà generale, non la particolare. Non ci siamo ancora rimessi dalla sorpresa del treno dei fratelli Lumière, ridiamo sempre per L’innaffiatore annaffiato. Sedotti dall’enfasi, dall’iperbole, dalle tautologie che sono alla base del linguaggio cinematografico, e senza le quali ci sembra ormai di non capire la vita.
Enfaticità dell’ingrandimento, assurdo dell’ubiquità (lo spettatore è dappertutto), iperbole estetica (tutto bello, parametrico, desiderabile), tautologia simbolica delle immagini, una rosa è la Rosa, una donna è la Donna, un paesaggio è il Paesaggio. La bellezza delle attrici, delirante marinismo: denti stupendi, occhi profondi, capelli d’oro all’aura sparsi, il crine è un Tago e son due soli i lumi, sempre! Cara il tuo ventre è di madreperla, le tue gambe di alabastro, ti bacio sui coralli (labbra), mordimi con le tue perle (denti).
E poi c’è la violenza, la vile crudeltà dei nostri film, che non supera mai psicologicamente quella dei teppisti che bruciano vivo il gatto.” 

(E. Flaiano, Da Fogli di diario, 1967)

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