Pino Battaglia
Ecco alcune poesie che ELISA BIVONA e DELIA PECORARO leggeranno stasera, alle 21, al Circolo Culturale MULO ROSSO:
Giuseppe Giovanni
Battaglia (1951 -1995)
Dai suoi primi versi
nell’antica parlata di ALIMINUSA (PA)
1. LA TERRA VASCIA (1969)
La terra ia vascia, /vascia Signuri, / e si
zappa calatu; / suduri e suduri / ca ia megghiu la morti./ ‘Un ia iocu zappari
/ si la terra ia vascia /e lu zappuni ‘un sciddica, / si la notti lu viddanu /
si sonna a zappari / sempri la terra vascia.
***
la me
terra è la puisia, / la me pala è sta pinna chi tegnu mmanu / e cu la quali
jnchiu sti carti. // Iu sugnu pueta / picchì turmentu lu me cori / l’allavancu
/ e lu spremu comu nu limiuni.
***
vriogna! / tuttu lu jornu / sucati l’ossa a lu
viddanu / e mancu arrussicati / la sira / nta la chiazza.
Il giudizio
critico di LEONARDO SCIASCIA e di P.P.
PASOLINI
“Caro Battaglia, quello che a prima lettura,
immediatamente, mi ha interessato alle sue poesie, è il dialetto. Un dialetto
integrale e “lontano”, come una restituzione alla memoria, all’infanzia, alla
vita dei nostri paesi, all’interno dell’isola come erano tra le due guerre; e
da far pensare anche alla parlata dei nostri emigrati che tornano dopo mezzo
secolo, alle parole che hanno conservato come in vitro, nel vitreo immobile ricordo della povera vita di allora –
diversamente povera oggi. E poi ho visto che alle parole corrispondevano le
cose, la realtà, la situazione in cui l’assume, la condizione cui si ribella –
e insomma il sentimento, la poesia. Ritengo che questo sia, ancora, il dialetto
che si parla ad Aliminusa – questo piccolo paese nato come escrescenza del
feudo e ancora legato alla terra, sicché non per facile retorica i suoi versi
dicono l’odio del contadino al padrone, come più di cent’anni fa nei paesi
rurali che si sollevavano per la “libertà”.
(dalla lettera di Leonardo Sciascia che ora si trova ora in G. G. Battaglia, L’Ordine di Viaggio)
***
L’universo contadino (cui
appartengono le culture sottoproletarie urbane,e, appunto fino a pochi anni fa,
quelle delle minoranze operaie – chè erano vere e proprie minoranze, come in
Russia nel ’17) è un universo transnazionale […]. E’questo illimitato
mondo contadino prenazionale e preindustriale, sopravvissuto fino a pochi anni
fa, che io rimpiango (non per nulla dimoro il più a lungo possibile, nei
paesi del Terzo Mondo, dove esso sopravvive ancora, benché il Terzo Mondo stia
anch’esso entrando nell’orbita del cosiddetto Sviluppo).
Pasolini comunque mostra di sapere che gli uomini in carne ed ossa di
questo mitico “universo contadino”
non vivevano in un’età dell’oro. Ricordando,
infatti, il titolo di un libro di Felice Chilanti, recensito qualche mese prima,
aveva scritto: “Vivevano quella che Chilanti ha chiamato “l’età del pane”.
Erano cioè consumatori di beni estremamente necessari. Ed era questo, forse,
che rendeva estremamente necessaria la loro povera e precaria vita. Mentre è
chiaro che i beni superflui rendono superflua la vita […]. Che io rimpianga o
non rimpianga questo universo contadino, resta comunque affar mio. Ciò non mi
impedisce affatto di esercitare sul mondo attuale così com’è la mia critica.” (Cfr. Pasolini, Scritti corsari e Lettere luterane)
2. Alcuni versi della maturità
Apologia della chiocciola
" Perche' amai il
tatto divenni / chiocciola; mi piacque posarmi,/ assaporare, ripiegarmi / piu'
che innalzarmi. Scelsi la via / piu' che il luogo, la via lunga / e i pasti
frugali piu' che gli averi. / Perche' ebbi un disegno, visibile / e
chiaro, amai il tatto".
Da "I luoghi degli elementi", 1979-1981, Apologia della chiocciola. Ora in GIUSEPPE GIOVANNI BATTAGLIA, Poesie 1979-1994, Lithos Editrice, 2015, pag.70.
Da "I luoghi degli elementi", 1979-1981, Apologia della chiocciola. Ora in GIUSEPPE GIOVANNI BATTAGLIA, Poesie 1979-1994, Lithos Editrice, 2015, pag.70.
Rut
Non conosco confini nè
riconosco nazioni;
ho la certezza che le
strade portano
ovunque e se separano
pure insegnano
dove sono i nidi e dove
sorge l’acqua.
Per amore o per spighe
sono sempre
andata di buona lena, e
tutto ho
sempre abbandonato pur di
seguire
l’istinto mio e il
bisogno d’altri.
Io sono Rut, sono del
Moab, ma
mi attengo alla mia
natura
di donna. Non cerco pace,
ma di
percorrere le strade mi
chiedo.
Che senso, dunque, può
avere la mia
storia personale? Non ve
la racconto.
Io cerco nelle vene della
pietra viva
il senso di tutto. Non
sono triste.
Non sono disperata. Mi
guardo le mani.
Dio, io ti riconosco in
queste mani.
Ti amo profondamente. Il
cielo terso
quale segreto vuole
svelarmi?
Nel suono dei tamburi
quale movimento!
Della musica delle frasche
tutto s’inebria!
Il cielo specchia la
serpe e la biscia,
ha fatica del grano e il
pane.
Mi chiamano Rut la
straniera.
Se considerassero Rut
come spiga
alta da terra staremmo
tutti più
sereni. Io porto questo
vento.
Nel tuono non tremo e lo
sguardo
mio resta fermo. Ti amo
profondamente,
mio Dio, e ti riconosco
potere sulle mie mani.
Le tocco di nuovo e presa
una pietra ti palpo.
Non ci era dato di conoscere il senso /
ultimo del nostro affanno, /
Non sognavamo più niente / […] Chinare
il capo e tacere, / I morti
con noi consumavano / l’artificio e l’autentico.
[…] bruciammo
parole giunte / a mal partito.
****
L’ ira del pastore
Voi che avete distrutto i pascoli verdi
dove le epoche avevano sedimentato
il sogno, voi che avete reso minimo
l’oro delle costruzioni dei boschi,
voi che dell’infanzia del mondo
avete saputo imbastire un groviglio,
voi i destinatari del mio disprezzo.
Io, nella rocca del mondo, m’ascolto
esistere e mi rivolgo alle pietre,
alle canne, agli incantati pagliai,
e non scricchiolano le ossa dei miei
cent’anni
Lo scriba è stanco
Lo scriba è stanco e, in punta di piedi,
s’allontana dalla vita; in silenzio,
s’appressa alle vette, ai manti di neve,
e in tanto mare, come il dolce passero,
che si nutre di quel che resta […]
La verità dell’anima esige distanza.
Lo scriba è stanco d’essere scriba, chiede dunque,
dissolvimento
e mutazione.
Le poesie in lingua italiana sopra riportate sono tutte tratte da GIUSEPPE GIOVANNI BATTAGLIA, Poesie 1979-1994, Lithos
Editrice, 2015
Un poeta UNICO.
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