Quel folk rock che rifiuta la guerra
Dal punk inglese degli anni Settanta alla tragedia di Gaza, dalla nonviolenza alle sonorità folk, dalle guerre imperialiste a Gandhi e Bob Dylan. La conversazione con Marino Severini – cofondatore e voce dei Gang, storica band folk rock italiana – porta lungo molti sentieri, tutti raccolti sotto un minimo comune denominatore: la musica come impegno sociale e politico. Un curioso mix fra la quieta provincia marchigiana e la Londra di quarant’anni fa che esplodeva al ritmo della rivolta sociale e musicale del movimento punk, in particolare dei Clash di Joe Strummer. Sotto questa lente caleidoscopica nascono i Gang, storico gruppo musicale folk rock – anzi, “combat rock” per citare uno dei più noti album dei Clash – indipendente tra i più celebri d’Europa
Gang. Siete il gruppo musicale folk rock indipendente tra i più celebri d’Europa. Come vi sentite in questo ruolo?
Sulla “celebrità” e l’unicità avrei da ridire… Ci sono centinaia di band in Europa che adottano lo stile del “fai da te”. Noi siamo una delle tante. Abbiamo cominciato quarant’anni fa autoproducendo i nostri album e ora siamo tornati all’autoproduzione. Ma con una differenza sostanziale. Oggi non siamo da soli, ma adottando lo strumento del crowdfunding, che chiamo “la cassa Comune”, a farsi carico delle nostre ultime produzioni discografiche sono più di 1.500 persone, cosiddette cooproduttori.
Lo strumento del crowdfunding funziona davvero allora?
Infatti abbiamo cominciato da soli, ma oggi siamo una Comunità! Un rapporto e una relazione che si basa essenzialmente sulla fiducia reciproca. Una relazione che è cresciuta “sulla strada”, concerto dopo concerto, ma anche disco dopo disco, canzone dopo canzone, quelle degli sfruttati, dei partigiani di ieri e di oggi, delle vittime del profitto, dei movimenti di liberazione.
Quindi una relazione diretta con il pubblico in una comunità.
Direi che questa relazione rivela la nostra “organicità” per dirla con Gramsci. E risponde chiaramente alle fatidiche tre domande che ognuno di noi dovrebbe porsi rispetto al proprio lavoro e impegno: cosa?, come? e per chi?. Per tornare all’autoproduzione e all’indipendenza aggiungo che, mentre oggi possiamo constatare che, se da un lato l’industria discografica in mano alle major e alle multinazionali, va a scatafascio, dall’altro versante questo è un momento molto positivo per chi vuol fare e vivere di musica, quindi del proprio lavoro.
Il creare con la musica può essere dunque un percorso sempre più fantasioso e coinvolgente…
Sì, proprio perché non c’è più un pensiero unico circa il modo di produrre la musica, ma ci sono moltissimi laboratori, esperienze, molto diverse l’una dall’altra, rispetto alle quali chi produce e crea musica può valutare, può confrontare il proprio modo di lavorare con altri, può crescere nel rispetto profondo della propria autonomia e unicità artistica. Si può fare.
La musica come creazione di molteplici sinergie…
Noi lo stiamo dimostrando da anni. Anzi, se prima si faceva da soli oggi si potrebbe fare con cooperative, consorzi, comunità, fra energie creative, non solo musicali. Stiamo andando verso tempi inesplorati. Non esiste un modello che possa funzionare per tutti. Ma si trova posto per ciascuno di noi. Il solito “posto al sole” che va inventato, creato, costruito a propria immagine e somiglianza. Come un giardino.
Sembra incredibile ma, a terzo millennio ampiamente avviato, oltre alla guerra tra Russia e Ucraina e Nato/Stati Uniti/Europa e al genocidio in atto a Gaza, nel mondo si susseguono tantissime guerre. Inoltre siamo immersi in una polveriera schiacciata sui poli con la miccia nucleare lunga fino a Mariupol. Parlami dell’impegno pacifista dei Gang.
Il cosiddetto “impegno” pacifista, ma direi meglio l’impegno per la pace, dei Gang, sta tutto nelle nostre canzoni. Soprattutto in quelle che sono di fatto delle storie cantate. L’impegno sta tutto nel cantare le storie.
Per fare in modo che la guerra diventi un tabù come diceva Alberto Moravia occorre secondo me combattere per prima cosa il fanatismo. Nel “Mein kampf”, l’aggettivo più amato da Hitler non a caso é “fanatico”. È sul fanatismo che si costruiscono i totalitarismi, la verità unica e il pensiero unico, e le guerre.
Quali sono le storie di pace che più vi hanno ispirato?
A questo proposito vorrei ricordare un capitolo del libro Conflitti. Quello scritto da Roberto Escobar. L’autore trae da quel grande contenitore di storie che è Le Mille e una Notte, una novella che racconta di Shahrazad la quale aveva letto mille libri di storia. Questa donna si trova di fronte a una storia, una sola, sempre quella, raccontata da Shahriyar, il potente, il quale dice che tutte le donne tradiscono. Siccome tutte le donne tradiscono, Shahriyar tutte le sere se ne fa portare una, fa l’amore con lei e la uccide. Nessuno si oppone. A un certo punto le donne sono finite: allora Shahriyar dice al visir di consegnargli sua figlia Shahrazad. Disperato il visir torna a casa. Consegnatosi simbolicamente al sultano il visir è disposto a consegnare fisicamente anche la vita della figlia. Per fortuna la ragazza rassicura il padre dicendogli che non vuol morire e che ha in serbo uno stratagemma: dopo che il sultano l’avrà presa, la sorella dovrà entrare nella stanza chiedendole di raccontare una storia. Shahriyar, il potente omicida, è talmente preso dalla storia che rimanda l’assassinio… E questo va avanti per mille e una notte…
L’intrecciarsi delle narrazioni di molte storie come via d’uscita dall’orrore della guerra…
Ecco perché l’intrecciarsi di molte storie é l’unica via d’uscita dal fanatismo, dal totalitarismo, dal razzismo e dalla guerra. Perché ognuno di noi non è una storia ma contiene e ha in sé mille e una storia. Ognuno di noi contiene moltitudini come recita Whitman e canta Dylan.
Siamo nella terza guerra mondiale a frammenti. Come uscirne? e con quali modalità pacifiche trascendere i conflitti armati?
Se passiamo dalle “favole” alla realtà, credo che chi lotta per la pace, una sola pace, ha il dovere morale e etico, prima che politico, di denunciare e fermare la “guerra totale” che da anni perseguono sia i governi degli Usa che quelli della Nato. Il nostro paese deve rompere i legami con la Nato. Se questo non avviene l’Italia e chi la governa, non è credibile né autorevole quando parla di pace, nei confronti di miliardi di esseri umani che subiscono le strategie di morte degli Usa e della Nato. Pensiamo solo a quanti colpi di stato queste due “entità” hanno organizzato creando caos, distruzione, morte e lasciando dietro di loro soltanto rovine, distruzione e odio. Gli avvenimenti storici degli ultimi settant’anni mostrano chiaramente che molte volte i paesi della Nato ne hanno aggrediti altri, violando il divieto dell’uso della forza sancito dallo statuto delle Nazioni Unite. La Nato non è un organizzazione al servizio della stabilità e della pace nel mondo, ma al contrario rappresenta un elemento destabilizzante.
Puoi elencare tutte le guerre mai legali della Nato?
Come elenca Daniele Ganser in un libro molto interessante ed esplicativo Le guerre illegali della Nato.
Nel 1953 Regno Unito e Usa attaccarono, senza mandato dell’Onu, l’Iran e ne rovesciarono il governo.
Nel 1954 gli Usa attaccarono il Guatemala senza mandato dell’Onu e ne rovesciarono il governo.
Nel 1956 la Francia e il Regno Unito attaccarono l’Egitto insieme a Israele senza mandato dell’Onu.
Nel 1961 gli Usa attaccarono Cuba senza mandato dell’Onu.
Nel 1964 gli Usa attaccarono il Vietnam senza mandato dell’Onu.
Nel 1981 gli Usa attaccarono il Nicaragua senza mandato dell’Onu.
Nel 1986 gli Usa attaccarono la Libia senza mandato dell’Onu.
Nel 1999 gli Usa, Germania, Regno Unito, Francia attaccarono la Serbia senza mandato dell’Onu.
Nel 2001 gli stessi paesi attaccarono l’Afghanistan senza mandato dell’Onu.
Nel 2003 Usa e Regno Unito attaccarono l’Iraq senza mandato dell’Onu.
Nel 2011 Usa, Regno Unito, Francia attaccarono la Libia senza mandato dell’Onu.
Nel 2013 Germania, Regno Unito, Francia, le monarchie arabe del Qatar e Arabia Saudita attaccarono la Siria.
Sarebbe necessario un autentico “scioglimento” della Nato che non ha più motivo di esistere.
La Nato ha gettato nel caos vari paesi, ucciso esseri umani e provocato esodi di profughi e il bilancio che si può trarre dopo tanti anni è disastroso. La cosiddetta guerra totale al terrorismo di fatto è servita e serve a rafforzare il complesso militare e industriale e bellico e indebolisce i diritti umani e la carta dell’Onu.
Un pensiero per Gaza…
Basta riassumere tutto ciò nel genocidio in atto a Gaza da parte del governo sionista israeliano col sostegno diretto e indiretto di gran parte dei paesi della Nato. Non basta tenere a mente che abbiamo bisogno di un mondo più giusto, un mondo sostenibile con più energie rinnovabili e mezzi di comunicazione onesti e con meno violenza, serve agire di conseguenza in modo di tradurre in pratica questa consapevolezza. Gandhi ci ha insegnato: “Sii te stesso il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”.
Voi come indipendenti potete con tutta libertà parlare di antifascismo e sostenere molte denunce. Che ne pensate del nostro nuovo spot sull’assassinio per mano fascista dei sette fratelli Cervi che tra Instagram e TikTok ha raggiunto decine di migliaia di visualizzazioni con il sottofondo della vostra bellissima canzone e accompagnati da Daniele Biacchessi?
Dico semplicemente che Le Vie dei Canti, come quelle del “Signore” sono Infinite.
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