La Pasqua (Pesach) ricorda la fuga del popolo ebraico dalla schiavitù in
Egitto e per questo è chiamata anche la Festa della Libertà. Un aspetto che
viene enfatizzato nei rituali e nelle preghiere: l'esodo che conduce dalla
schiavitù alla libertà simboleggia la redenzione spirituale e fisica, e
l'aspirazione dell'uomo ad essere libero. Non a caso Pesach si festeggia in
primavera, quando rinasce la natura dopo la pausa invernale. Perchè senza
libertà non c'è vita.
Hag Pesach sameach a tutti.
Pesach, la festa delle azzime
Pesach, la
pasqua, è la prima delle tre grandi ricorrenze liete della tradizione ebraica.
La festa commemora la liberazione dalla schiavitù d'Egitto, evento che diede
origine alla vita indipendente del popolo d'Israele e che fu il primo passo
verso la promulgazione della Legge divina.
Inizia il 15 del mese ebraico di Nissàn, nella stagione nella quale, in terra d'Israele, maturano i primi cereali; segna quindi l'inizio del raccolto dei principali prodotti agricoli. è anche nota col nome Hag hamatzot, festa delle azzime.
In terra
d'Israele Pesach dura sette giorni dei quali il primo e l'ultimo di festa
solenne, gli altri di mezza festa. Fuori d'Israele - nella Diaspora - la durata
di Pesach è di otto giorni, dei quali i primi e gli ultimi due sono di festa
solenne. In ricordo del fatto che quando furono liberati dalla schiavitù gli
Ebrei lasciarono l'Egitto tanto in fretta da non avere il tempo di far
lievitare il pane, per tutta la durata della ricorrenza è assolutamente vietato
cibarsi di qualsiasi alimento lievitato o anche solo di possederlo. Si deve
invece far uso di matzà, il pane azzimo, un pane non lievitato e scondito, che
è anche un simbolo della durezza della schiavitù.
I giorni precedenti la festa di Pesach sono dedicati a una scrupolosa e radicale pulizia di ogni più riposto angolo della casa per eliminare anche i piccoli residui di sostanze lievitate. Usanza mutuata anche dalla lingua italiana nella quale ricorre spesso l'espressione "pulizie di Pasqua" - sinonimo anche delle "pulizie di primavera".
La prima sera viene celebrato il Seder, in ebraico "ordine", suggestiva cena nel corso della quale vengono rievocate e discusse secondo un ordine prestabilito le fasi dell'Esodo, rileggendo l'antico testo della Haggadah. Si consumano vino, azzime ed erba amara in ricordo dei dolori e delle gioie degli Ebrei liberati dalla schiavitù. Si inizia con l'invito ai bisognosi ad entrare e a partecipare alla cena e si prosegue con le tradizionali domande rivolte al padre di famiglia dal più piccolo dei commensali; la prima di queste è volta a sapere "in che cosa si distingue questa notte dalle altre?". Tali quesiti consentono a tutti i presenti di spiegare, commentare, analizzare i significati dell'esodo e della miracolosa liberazione dall'Egitto, le implicazioni di ogni schiavitù e di ogni redenzione.
I simboli della festa, la scrupolosa pulizia che la precede, il pane azzimo vale a dire il "misero pane che i nostri padri mangiarono" - il Seder, la lettura della Haggadah, fanno sì che ben pochi bambini arrivino all'adolescenza senza conoscere la storia dell'uscita dell'Egitto e senza avvertire che questa è una parte essenziale della loro storia.
La matzà, il duro alimento che sostituisce il morbido e saporito pane di tutti i giorni, sta anche ad indicare il contrasto tra l'opulenza dell'antico Egitto, l'oppressore, e le miserie di chi, schiavo, si accinge a ritrovare appieno la propria identità.
Può anche ricordare che la libertà è un duro pane, così come l'eliminazione dei lieviti può rappresentare la necessità di liberarsi dalla corruzione della vita servile e anche dalle passioni che covano nell'intimo dell'animo umano.
(Dal sito
dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. http://www.ucei.it/)
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