Dal sito http://www.lankelot.eu/ prendo questa recensione
dell’ultimo libro dedicato all’impegno politico di Giuseppe Dossetti:
LUCA MENICHETTI – IL DOVERE DELLA POLITICA
SECONDO DOSSETTI
A cento anni dalla nascita di Giuseppe Dossetti era
inevitabile che vedessero la luce delle iniziative editoriali dedicate ad uno
dei pochi personaggi che credo si possano meritare il titolo di “padre della
Repubblica”. Dopo aver avuto tra le mani un libro dal taglio più accademico,
ovvero il Dossetti secondo Paolo Pombeni, abbiamo letto con altrettanto
interesse l’opera di Roberto Di Giovan Paolo che, in virtù della sua formazione
culturale e politica, non ha nascosto affatto la particolare sintonia ideale e
politica con quello che fu considerato l’antagonista di Alcide De Gasperi.
Leggiamo fin dalla terza di copertina: “Una vita come un fiume carsico, sospesa
tra scomparse e riapparizioni […] il dovere della politica mette insieme la sua
storia, la sua testimonianza e le scelte che sono di fronte ai cattolici
democratici di oggi e, più in generale, a una classe politica che sembra aver
smarrito il senso di responsabilità etica e civile del proprio ruolo”.
Soprattutto
per chi ha coscienza di cosa voglia dire l’Italia del 2013 e al di là delle
personali opinioni politiche, Dossetti può apparire davvero un personaggio del
tutto fuori dal comune. Educato in una famiglia profondamente cattolica,
intraprese una carriera accademica poi interrotta per diventare comandante
partigiano (senza aver mai indossato e usato armi); divenne costituente, tra i
fondatori della Democrazia Cristiana, sfidò politicamente De Gasperi, si dimise
dal partito e dal Parlamento, prese i voti ma poco dopo fu richiamato in
politica dal cardinal Lercaro per sfidare Giuseppe Dozza, lo storico sindaco
comunista di Bologna, nelle elezioni comunali del 1956. Nelle vesti di
presbitero fu tra i principali ispiratori del Concilio Vaticano II, prima
di ritirarsi di nuovo dalla vita pubblica, recandosi in Terrasanta e poi nella
comunità monastica da lui fondata a Monte Sole. Ed infine il ritorno sulla
scena pubblica nel 1994, dopo la vittoria elettorale del polo berlusconiano,
per guidare i comitati in difesa della Costituzione fino alla sua morte, nel
dicembre 1996.
Roberto Di
Giovan Paolo, con un’attenzione specifica per quanto può essere rimasto
dell’esempio di Dossetti nella nostra società politica e civile, volente o
nolente ci racconta un partito democristiano che fin dagli albori appariva un arcipelago
costituito da personaggi e correnti spesso incompatibili tra loro: uomini di
fede un po’ ingenui e sognatori, uomini di fede molto meno sognatori ed invece
molto furbi, uomini delle istituzioni come De Gasperi presto archiviati perché
incompatibili con la nascente voracità del partito; ed infine i capi corrente
ricordati soltanto per i loro personalismi e che presto aggraveranno la
malattia fino a trasformare la democrazia cristiana in un cadavere in
putrefazione.
Questo esito
letale nel libro è però soltanto evocato, mentre maggiore attenzione viene
rivolta ai primi anni della Repubblica ed alla contrapposizione tra Dossetti e
De Gasperi: “Non fu uno scontro di poco conto e però non si segnalò per la
meschineria di tante contese successive o odierne. Erano due idee diverse a
confronto: due idee di costruzione (o ricostruzione della società), due
processi democratici alternativi. Quello di De Gasperi imperniato sulla
mediazione tra istituzioni e l’assoluta prevalenza dell’esecutivo sui partiti,
compresa la DC; quello di Rossetti sulla funzione di promotore sociale del
partito e del primato di quest’ultimo sull’esecutivo” (pag. 15).
Molte pagine
del libro sono inoltre dedicate a sfatare l’immagine di un Dossetti votato alla
difesa acritica della Costituzione e precursore di un integralismo, insieme ai
“professorini”, che alla fin fine negava la dignità del loro percorso culturale
e ideale di cattolici democratici. C’è però da aggiungere che, nonostante
le tante pagine dove si evidenzia l’impegno politico di Dossetti, con uno
spirito di servizio che non aveva nulla a che fare con certe prassi
contemporanee (per ricrederci vorremmo vedere Verdini prendere i voti e Bondi
farsi suora), nell’opera di di Roberto Di Giovan Paolo, peraltro non aliena da
aspetti celebrativi, risalta la figura del “rivale” De Gasperi, “maestro di una
tattica di piccoli passi”, con la sua visione ancorata al realismo e non
all’utopia. Contrasti che erano motivati da legittime diversità ideologiche, in
un clima quindi molto più dignitoso rispetto a quegli scontri per interessi di
bottega che negano il significato del “dovere della politica”.
E’ poi
evidente che se si mettono in mezzo le ideologie, le idee e non gli interessi,
allora la critica assume un volto più complesso. Così lo stesso Roberto Di
Giovan Paolo: “L’idea dossettiana, che è quella di un partito in osmosi con la
società civile e che usa il governo per imprimere un finalismo allo Stato
affinché sia cambiata la società, scompare con lui dagli orizzonti. E forse non
solo da quelli della Dc. Questa impostazione, va detto, ha anche avuto critiche
interessanti ed elevate nel segnalare che l’impostazione di Dossetti potesse
far luogo al rischio di uno Stato etico, quanto meno di un eccesso o di
statalismo o di dirigismo economico e sociale. Questo quando non si è invocato
a sproposito l’integralismo” (pag. 166).
Concordiamo
quindi con Stefano Ceccanti che, nel recensire il libro, ha evidenziato come
“possiamo non dirci dossettiani”, in quanto nella concezione politica ed ideale
di Dossetti non veniva contemplato affatto il liberalismo, anzi temuto ed
equivocato come possibile strumento di sfruttamento dell’uomo sull’uomo. In
questo senso se è vero che sia De Gasperi che Dossetti furono uniti nel
contrastare il confessionalismo di Gedda, di fatto fu De Gasperi a rivelarsi
più moderno e soprattutto più lungimirante. In fondo il senso delle tiepide
lodi e delle critiche più sferzanti di Montanelli nei confronti di Dossetti, il
“professorino”, sta tutto qui: “nessuno certamente potrà mai mettere in dubbio
la limpidezza morale e la superiorità intellettuale, però […] purtroppo,
nell’immaginario popolare, egli ricorda una sinistra democristiana che, a sua
insaputa, si tuffò nel petrolio di Mattei e ne diventò il grande veicolo di corruzione
della vita pubblica” (citazione non presente nel libro di Roberto Di Giovan
Paolo). Queste affermazioni critiche di Montanelli, pur riconoscendo l’onestà
dell’uomo e del politico Dossetti, risalgono alla metà degli anni ’90.
Col senno di
poi, visti come siamo messi, credo che un Dossetti, col suo “dovere della
politica”, oggi sarebbe ben voluto anche da parte di chi come noi lo poteva
considerare troppo di sinistra e troppo condizionato dalle sue utopie.
EDIZIONE
ESAMINATA E BREVI NOTE:
Roberto Di
Giovan Paolo,
giornalista professionista, è stato consulente editoriale e di comunicazione
strategica; ha insegnato Sociologia dei processi culturali e comunicativi e
Comunicazione politica. Dal maggio 1996 è membro del Policy Bureau europeo del
Ccre e dal febbraio 2006 ricopre la carica di segretario generale dell'Aiccre,
nella sua sezione italiana. È tra i fondatori di Elanet, rete europea della
società dell'informazione. Dal 2008 è stato senatore della Repubblica. Per
Nutrimenti ha pubblicato Comunicare rende liberi con Maria Rita Moro e
prefazione di Tullio De Mauro. Tra le sue pubblicazioni più recenti, I papi, la
Chiesa e la pace (2009) e Piccoli padri (2010).
Roberto Di
Giovan Paolo, “Dossetti, il dovere della politica”, Nutrimenti, Roma 2013, pp.
192.
DOSSETTI , TRA LE ALTRE COSE, E' STATO UNO DEI PRINCIPALI ISPIRATORI ED ESTENSORI DELLA NOSTRA COSTITUZIONE!
RispondiEliminaNon a caso i COMITATI PER LA DIFESA DELLA COSTITUZIONE, sorti in Italia nel 1994, si sono ispirati a DOSSETTI!
RispondiElimina